La Tamar di Giuda nel cuore

In mostra al Castello di Masnago il dipinto del famoso artista, legato anche alla città di Varese, Francesco Hayez

È il gioiello del percorso museale del Castello varesino di Masnago: la Tamar di Giuda. Una donna offerta allo sguardo in tutta la sua preziosa bellezza, tra veli candidi che ne esaltano l’incarnato delle nudità, il copricapo rosso in fronte e alcuni oggetti simbolici (il bastone, l’anello, il collare), chiaro richiamo al racconto biblico. Il cielo azzurro e il mantello ocra, sorretto dalla mano, fanno da cornice ai sentimenti della giovane, espressi dallo sguardo turbato, fiero e malinconico insieme, perso in lontananza.
A dipingerlo fu Francesco Hayez (1791-1882), l’autore del celebre “Bacio”, opera simbolo del Romanticismo, filone artistico cui l’artista era approdato dopo la temperie neoclassica, divenendone massimo rappresentante. Oltre che essere la più nota opera dei musei varesini, la Tamar è da considerarsi come uno dei capolavori della prima maturità artistica del pittore veneziano. Che fu davvero impegnato, si direbbe oggi, nell’esaltare con la sua buona pittura i valori risorgimentali. Tra le conoscenze di Hayez erano i più illustri personaggi del Risorgimento: come il Conte di Cavour, Alessandro Manzoni, Giuseppe Verdi (che però, a differenza dei primi due, mai ritrasse). Se oggi ne rammentiamo i visi, gli sguardi intensi, persino le ombre dei pensieri, è perché possiamo incontrarci con loro e con altri protagonisti nei più importanti musei italiani, tra i famosissimi ritratti, da lui eseguiti, che abbiamo visto spesso riprodotti nei testi scolastici.

La fama dell’abilità del bravo Hayez s’era diffusa da città a città: lavorò a Venezia, a Milano, a lui particolarmente cara per le preziose committenze ricevute, a Firenze e a Roma. Perché l’arte, avvicinata fin da giovanissimo, era per Francesco linfa vitale. Visse infatti d’arte sempre e le si accompagnò fino a pochi giorni prima della morte, a Milano, che chiuse all’improvviso la sua lunga vita. Il quadro di Tamar era stato commissionato all’artista da un membro della famiglia Taccioli, Gaetano, già estimatore e collezionista di altre opere di Hayez, che aveva ereditato Villa Mirabello dal padre Luigi. La costruzione, oggi patrimonio del Comune di Varese, ospita una parte dei Musei civici ed è compresa in un parco che fa tutt’uno col bel giardino di Palazzo Estense, sede del Municipio. Ad abitare quest’ultimo palazzo, dal quale si accede al magnifico parterre, era stato invece Francesco III d’Este, duca di Modena e signore di Varese. Aveva modificato la proprietà preesistente facendone la personale dimora, ispirata ai fasti nobiliari d’Europa.
Per tornare all’opera di Hayez, databile al 1847 secondo alcuni documenti e le ricerche condotte, è ritenuta tra i massimi capolavori della prima maturità artistica del pittore. Oggi custodita nel Castello di Masnago, sede d’arte principale del percorso museale varesino, fu donata da Sai Vita, nel 1971. Da allora si sono susseguiti gli studi per approfondirne la storia e numerose sono state le esposizioni in prestigiose sedi e rassegne, sottolineate anche di recente con orgoglio dall’assessore alla cultura Enzo R. Laforgia. L’opera è stata esposta ai Musei di San Domenico di Forlì nel 2019, ancora prima, tra il 2015 e il 2016, alle Gallerie d’Italia e di Milano e nel 2011 alla Pinacoteca Giuseppe Nittis di Barletta. In anni più vicini è stata in mostra alla Gam di Torino (17 ottobre 2023 – 1° aprile 2024) nella rassegna “Hayez e l’officina del pittore romantico”.

Racconta la Bibbia (Genesi, 38) che Tamar, vedova di Er e Oman, i due primi figli di Giuda, sedusse il suocero allo scopo di assicurarne la discendenza secondo l’obbligo della legge ebraica. Poiché erano morti i due figli avuti dai mariti e Giuda non voleva che la donna sposasse il terzo figlio, ancora troppo giovane. Per non farsi riconoscere, Tamar si presentò, dunque, al suocero sotto le sembianze di una misteriosa prostituta. Volle da lui in pagamento non denaro, ma l’anello, il bastone e un cordone dello stesso.
Rimasta incinta, partorì due gemelli, ma fu scoperto l’inganno. Le venne però risparmiata la prevista morte sul rogo, allorché mostrò l’anello, il sigillo e il bastone ricevuti proprio da Giuda. Il riallestimento del percorso museale del Castello varesino, curato da Valeria Marinoni e fortemente voluto dall’assessorato alla Cultura e da Serena Contini, cui si deve anche l’approfondimento storico-artistico all’interno del nuovo percorso espositivo, offre così definitivamente all’opera, come merita, uno spazio nuovo e privilegiato nella sala della Crocefissione. Il tutto era stato annunciato da una mostra inaugurata nel 2024 a dicembre “La Tamar svelata”.
Dove, accanto al dipinto di Tamar, compariva l’omonima incisione a bulino su rame, realizzata, su disegno di Domenico Induno, da un’amica pittrice di Hayez, Caterina Piotti Pirola. Era stata pubblicata nel 1847 nell’album che illustrava con incisioni alcune opere pittoriche presentate nello stesso anno all’esposizione di Belle arti di Milano. Antichi volumi, fotografie della famiglia Taccioli e un prezioso disegno preparatorio di Hayez, in matita, carboncino e gessetto su carta, del 1847 circa, importante prestito proveniente dall’Accademia di Belle Arti di Brera, sono a loro volta venuti alla luce a Masnago nella stessa rassegna.
Dalla Biblioteca di Varese, grazie all’appassionata ricerca, è invece arrivato il libro “Le mie memorie” scritto dallo stesso Hayez nel 1890. Dove si può trovare una prima versione della Tamar del 1831, in un’incisione, registrata nell’indice delle tavole con la dicitura “F. Hayez, Tamar di Giuda, acquarello a sepia (1831)” di proprietà della signora Angiolina Hayez.

L’interesse per la figura femminile fu sempre al centro dell’attenzione di Hayez, ritrattista tra i migliori del suo tempo, tanto da essere chiamato da importanti famiglie per ritrarre le giovani promesse spose e le signore della nobiltà e dell’alta borghesia. Tra i più celebri ritratti è l’opera dedicata a Clara Maffei, personaggio noto per il suo salotto letterario, dove si parlava molto di politica. Ma vorremmo qui ricordare anche quello di Matilde Juva Branca, proposto in uno dei tanti ritratti femminili eseguiti da Hayez. Perché ci riporta alla città di Varese e alla scrittrice Liala, che vantava tra le sue ave proprio Matilde, nota cantante lirica e Cirilla, famosissima pianista. Il pittore realizzò il ritratto della prima, oggi alla Gam di Milano, nel 1851.

Non è l’unico contatto che Varese può vantare con Hayez, come ha ricordato anche Contini in occasione di un’affollata conferenza dedicata l’8 di marzo alle donne di Hayez. Fu anche autore del celebre ritratto di Emilia Morosini Zeltner (1852), madre dell’eroe risorgimentale Emilio, morto appena diciannovenne, in seguito alle ferite riportate nella difesa della Repubblica romana, nel giugno del 1849. È noto che la nobildonna visse a lungo nella villa varesina, già Villa Recalcati, poi Morosini e oggi sede della Provincia. Nel parco, conservato in una piccola urna, custodì per anni il cuore dell’eroe polacco Tadeusz Kosciuszko, da lui lasciatole in dono. Hayez era a sua volta amico del padre di lei, ambasciatore a Soletta, che nutriva uguali sentimenti patriottici. Ma alla famiglia Morosini lo univa anche la comune amicizia con Giuseppe Verdi, che fu insegnante di musica e affezionato amico delle figlie di Emilia, più volte ospite nella villa di Casbeno.

Chi vorrà vedere al meglio l’opera di Hayez dedicata a Tamar (dei documenti già in mostra rimarranno fedeli riproduzioni) potrà dunque ora incontrarla nel nuovo riallestimento. Tra tanti bei lavori pittorici e scultorei vanto della collezione museale varesina.

Museo d’Arte Moderna e Contemporanea Castello di Masnago

Via Monguelfo, Varese
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