La Swift economy
Una riflessione sul caso dell’Eras Tour di Taylor Swift, famosa cantante statunitense capace di muovere masse di fan in ogni parte del mondo grazie ai suoi concerti, tutti rigorosamente sold ou
Una riflessione sul caso dell’Eras Tour di Taylor Swift, famosa cantante statunitense capace di muovere masse di fan in ogni parte del mondo grazie ai suoi concerti, tutti rigorosamente sold out. Si tratta di eventi in grado di far lievitare i numeri di trasporti, ospitalità, ristorazione e addirittura condizionare il tasso d’inflazione di un intero Paese. Spunti di riflessione per una ripartenza settembrina
Quarantadue milioni di indotto economico generato per Milano. Una cifra che oscura quella delle Olimpiadi per Parigi, per non parlare di Londra, dove non è passato inosservato l’endorsement reale. In Germania, una città ha addirittura cambiato nome per l’occasione. Non parliamo di una multinazionale del turismo di lusso, ma dell’icona del momento e della cosiddetta Swiftflation o Swift economy, l’economia nata intorno a quello che è un fenomeno dall’impatto senza precedenti. Il caso notissimo in tutto il mondo è quello dell’artista Taylor Swift e di un tour che ha battuto tutti i record di sempre in termini di incasso e che è stato calcolato le abbia fatto percorrere in tournée in jet privato 286mila km per un totale di 7 volte il giro del mondo (un dato aggiornato prima dell’estate, che ovviamente ha attirato le ire degli ambientalisti).
Un fenomeno che gli economisti mondiali, in particolare gli analisti finanziari, guardano con grande e seria attenzione e che in Inghilterra è stato correlato al taglio dei tassi di interesse da parte della Bank of England. Sui motivi di questo successo ci si interroga e non solo dal punto di vista economico. Anche l’annullamento della tappa di Vienna per rischio attentato può essere visto come una faccia della stessa medaglia. Una sola risposta è certa: Taylor, classe 1989 e 11 album all’attivo, è diventata un successo, grazie alla sua musica e al suo stare sul palco. È “solo” una cantante. Non è, per esempio, un’imprenditrice del beauty come la collega Selena Gomez o un’influencer, nonostante si ritenga che con un solo post su X/Twitter possa spostare il voto delle elezioni americane. In ogni caso, che la si guardi dal punto di vista economico o sociologico, è evidente che bisogna abbandonare lo snobismo di chi le chiama canzonette.
Ma che cosa insegna questo fenomeno ai comunicatori d’azienda? Ora che, come canta Taylor Swift “August slipped away into a moment in time” (“Agosto è scivolato via in un momento nel tempo”), settembre porta con sé nuovi inizi e riflessioni. Per chi si occupa di comunicazione è tempo di ripartire con rinnovati entusiasmi, ma anche di fare i conti con un panorama che è cambiato rapidamente. Già da tempo il re Influencer “è nudo” (e anche la regina mondiale per eccellenza, Chiara Ferragni) e ha lasciato spazio ai content creator, quei personaggi che, chi più chi meno, hanno una qualche competenza. A chi ha qualcosa di vero da dimostrare. In breve, a chi sa fare. Il fenomeno Swift probabilmente racconta che dove c’è un talento, unito a un carisma, si muove l’industria. Della musica, dell’arte, dello sport. E ovviamente dell’industria produttiva stessa. Da qui si può ripartire.