La curiosità allunga la vita
C’è una longevità che è figlia della curiosità, più che del dna. Sembra, anzi, che il ruolo della genetica sia meno determinante di quanto si pensi
C’è una longevità che è figlia della curiosità, più che del dna. Sembra, anzi, che il ruolo della genetica sia meno determinante di quanto si pensi. Le analisi svolte sui centenari non hanno portato all’individuazione di geni particolari, presenti in questi soggetti ma assenti in tutti gli altri. La vera differenza la farebbe l’epigenetica. Non sarebbe, cioè, una questione di dotazione, ma di attivazione, o silenziamento dei geni nel corso della vita, sulla base delle pressioni ambientali e a come noi reagiamo ad essi. In pratica, il nostro stile di vita costituisce l’elemento più rilevante per rallentare l’invecchiamento biologico, spesso sfasato rispetto a quello cronologico. Così, c’è chi invecchia prima (senescenza cellulare) e chi dopo. Chi ha una vita sedentaria o troppo stressata e chi è curioso. Non solo intellettualmente, ma anche fisicamente, unendo alle domande anche l’esplorazione, il movimento di scoperta, il viaggio.
Certo il caso singolo non prova nulla, ma fa pensare e qui penso a un amico documentarista che ha girato il mondo nei modi più strani. Per esempio, partendo da Lugano in bicicletta per arrivare a Hong Kong. A chi è abituato all’intrapresa, misto di avventura e sviluppo, ma anche di routine, l’idea di una vita in viaggio suscita un sentimento strano: un’avventura senza routine, ma anche senza sviluppo, se non quello personale. Al che c’è chi ammira, magari invidia, ma anche chi pensa semplicemente a due modi diversi d’intendere la vita. Due modi che comunque hanno qualcosa in comune: interrogano il mondo per capire le diversità o per cogliere le opportunità. In entrambi i casi c’entra la curiosità e questa spinge continuamente un po’ più in là il nostro orizzonte. Anche dal punto di vista anagrafico, per lo meno nel primo caso.
Werner Kropik, coi suoi 83 anni, un volto scavato dal sole ma il piglio vivace, alto come un cestista e la stretta di mano di un rocciatore, ne è un esempio perfetto. Si è raccontato in un libro il cui titolo è proprio “Una vita in viaggio” (Iet, Bellinzona, 2025), in cui propone il suo modo di esplorare il mondo (e la vita) come un minimalista maniacale, per certi versi distaccato. Un concetto, quest’ultimo, che trova una particolare declinazione nel buddismo. Tutto il contrario del disinteresse o del rifiuto delle relazioni; è ciò che lo porta ad osservare: “Prendersela troppo, con sé e soprattutto con gli altri, si finisce solo con aumentare il numero degli infelici”. Questi i suoi mezzi di trasporto: la bicicletta, i treni, magari quelli a vapore e saltuariamente qualche aereo o qualche nave. Ha visitato l’Asia ripetutamente e ancora non è stanco di progettare partenze. Guardandosi indietro discopre un tempo che non c’è più e che non potrà più essere, fatto di lunghe attese, di imprevisti, di scomodità ma anche di sorprese e di incontri impossibili da dimenticare.
Nel bagaglio solo un accessorio fondamentale: la curiosità di scoprire cosa si nasconda dopo l’orizzonte, mettendosi in gioco ad ogni partenza. Da qui il segreto della longevità che unisce al progredire dell’età un’invidiabile neotenia (il permanere di caratteristiche morfologiche e fisiologiche tipiche della fase giovanile). Solo qualche sera fa sono stato a cena con lui in un ristorante di Lugano, sua città d’adozione, insieme a mia moglie Paola e all’amico Rodolfo Helg, professore di economia internazionale alla LIUC che aveva letto il libro ed era curioso di scambiare qualche chiacchiera con lui. Ci siamo seduti alle 20.00 e alzati da tavola tre ore dopo, perché i camerieri volevano chiudere; loro non smettevano di parlare. Mi sono divertito ad ascoltarli: Werner e Rodolfo si sono scambiati racconti su Paesi che entrambi avevano visitato, tutti e due in maniera avventurosa, parlando come se un piccolo villaggio in Afghanistan visto trent’anni addietro fosse lì, dietro l’angolo, tanto ne ricordavano i dettagli.
Ciò che li univa era la curiosità di vedere il mondo, l’assenza di paura o, forse, una certa dose di incoscienza nell’affrontare ciò che non si conosce. Certo, anche gli imprenditori, per essere tali, sono curiosi. Inoltre, si sente il merito di far circolare i redditi, comprare, vendere, dare occupazione. Tutti meriti mai sufficientemente riconosciuti nel nostro bel Paese. Oltretutto, facendo i conti con l’alea del risultato. Da qui il cortisolo nel sangue, anche se quando ti consenti una vacanza puoi acquistare l’avventura senza scomodità o trastullarti con giocattoli costosi. Per Werner è l’opposto, ma ogni giorno fa il pieno di endorfine ed è un piacere parlargli, così come leggerne la storia. Nella rinnovata consapevolezza che mantenere accesa la curiosità allunga la qualità della vita.


