Istruzione e formazione sono le priorità

A rendere difficile il miglioramento in Italia della qualità della vita dei giovani sono le condizioni economiche. I salari medi netti, tra i più bassi in Europa, sono frenati dal mismatch di competenze e da una produttività che arranca

‘‘Nei territori dove è presente un substrato culturale ed economico legato al fare impresa, la probabilità che la qualità della vita dei giovani sia migliore è maggiore”. È questa una delle chiavi di lettura che, secondo la professoressa Chiara Gigliarano, restituiscono i dati di “Yes, Youth Enhancement Score”, l’indice sviluppato dal team di ricercatori dell’Ufficio Studi dell’Università LIUC da lei stessa diretto.

Che cosa misura “Yes”?

È un indice creato per capire quanto un territorio sia in grado di offrire opportunità di vita e realizzazione personale ai giovani. Per riuscirci abbiamo pensato che servisse uno strumento in grado di fare sintesi di molte sfaccettature. Una parte importante è sicuramente rappresentata dai risvolti economici: l’occupabilità, il reddito, il costo della vita. Ma non ci sono solo questi aspetti. Serve studiare anche il benessere soggettivo, l’accesso alla casa, così come l’attrattività imprenditoriale.

Qual è il risultato finale in termini di qualità della vita dei giovani in Italia?

Il quadro che emerge non è positivo. La componente economica incide negativamente. I salari medi netti sono tra i più bassi in Europa. Ma è anche la questione della casa ad accendere delle spie. I prezzi delle grandi città per ragazzi e ragazze sono poco accessibili. E poi rimane il problema del lavoro. È vero che la disoccupazione migliora e anche i Neet (i giovani che non studiano, non lavorano e non cercano impiego, ndr) sono in calo, passati dal 25,3% del 2020 all’attuale 18,3%, ma i livelli rimangono pur sempre tra i più alti nell’Unione Europea.

E quindi? Su quali politiche suggerisce di intervenire il vostro indice?

Stiamo sviluppando un aggiornamento dell’indice “Yes” che presenteremo il 25 novembre durante un convegno all’Università LIUC e che sarà oggetto di una pubblicazione intitolata “Yes – Youth Enhancement Score: la bussola per ricostruire la prospettiva dei giovani”. È lì che daremo alcuni suggerimenti e possibili traiettorie di sviluppo, anche di politiche pubbliche, oltre che di strategie per aziende, Università e scuole. Innanzitutto, bisogna agire sul mismatch esistente tra competenze richieste dalle imprese e da un mondo del mercato del lavoro in profonda trasformazione e quelle con cui escono dal ciclo scolastico e universitario i ragazzi. La valorizzazione dei giovani passa da qui.

E poi?

Dobbiamo migliorare la qualità del lavoro con contratti più stabili che diano una maggiore prospettiva al futuro dei giovani. Dobbiamo diminuire, soprattutto in certi settori, i contratti precari. Giusto, ad esempio, anche muoversi, come sta iniziando a fare il Governo, sulla strada delle abitazioni a prezzi calmierati. Ma occorre anche lavorare su come rendere più facile l’accesso ai mutui. Non deve essere considerato secondario nemmeno il sostegno alla natalità, per esempio, con la creazione di asili nido accessibili a costi sostenibili e vicini ai luoghi di lavoro.

Insomma, ci sono tanti gap da colmare.

Sicuramente. Servono investimenti, soprattutto serve aumentarli sull’istruzione e la formazione per permettere alle imprese di essere più competitive. Ciò avrebbe effetti a cascata importanti su tutti gli altri anelli deboli di questa catena.

È anche questione di produttività come spesso denuncia Confindustria?

Una maggiore produttività è un obiettivo imprescindibile a cui si lega anche il tema dei salari. I bassi tassi di crescita dell’Italia sono legati anche a questo fattore. Ma per aumentare la produttività è importante favorire l’innovazione nelle imprese. E i primi produttori di innovazione sono proprio i giovani che devono avere le giuste competenze per riuscire nell’intento. Ma qui si torna al punto di partenza: formazione e istruzione.

Quali sono i territori che secondo l’indice “Yes” offrono una maggiore qualità della vita ai giovani?

Il centro Italia è ben posizionato grazie all’effetto traino del Lazio. Ragazzi e ragazze vivono bene anche in Lombardia e Trentino – Alto Adige, aree dove formazione efficace, maggiori risorse finanziarie e un ambiente favorevole alle startup emergono come punti di forza e attrattività.

E Varese come si posiziona?

Al momento non abbiamo sviluppato un indice “Yes” per Varese. In generale, però, dal nostro osservatorio Varese risulta ben posizionata, sicuramente sopra la media, a livello nazionale e a livello regionale è in posizione centrale nell’ipotetica classifica delle province lombarde per qualità della vita dei giovani. Bisogna però stare attenti ai Neet: i dati impongono di non sottovalutare il fenomeno. C’è poi per il territorio varesino la solita questione di essere schiacciato dalle forze attrattive della Svizzera (che nell’indice “Yes” per Paesi si piazza al terzo posto in Europa) e di Milano.

Dove però le case costano molto di più.

Questa per Varese potrebbe essere, in effetti, un’opportunità su cui fare leva. La provincia in generale offre un migliore accesso all’abitazione e costi della vita più alla portata dei giovani rispetto alle aree metropolitane. Il problema però è che il mercato del lavoro è meno dinamico, se una provincia riuscisse a scardinare questo punto debole, anche grazie alle proprie aziende, potrebbe fare la differenza. Certo, poi, spetta anche al resto della comunità nel suo insieme fare la propria parte. I giovani guardano molto al benessere soggettivo fatto di socialità, qualità del tempo libero, sport, cultura, spettacoli e occasioni relazionali.

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