In sella tra valli e memorie
Da Ghirla a Marzio passando per Boarezzo tra storia, borghi nascosti
e punti panoramici nella Valganna. Un percorso che sfugge ai percorsi più battuti e racconta un pezzo di Varesotto fatto di strade secondarie, salite ombrose e tracce di un passato industriale e sociale quasi dimenticato. Un viaggio su due ruote in cui la lentezza diventa una scelta
e un’occasione per leggere, attraverso il paesaggio, le trasformazioni economiche, culturali e simboliche del territorio
L’entroterra varesino custodisce percorsi che sfuggono al turismo di massa. L’itinerario che collega Ghirla a Marzio, passando per il paese dipinto di Boarezzo e l’ex Villaggio Valganna, è una di quelle esperienze cicloturistiche in cui la fatica della pedalata viene ripagata dall’incontro con una dimensione intima e autentica del territorio. E che oggi, grazie al supporto delle nuove biciclette a pedalata assistita, è fattibile anche per chi non è allenato, ma apprezza comunque il fascino che solo le due ruote a ritmo lento sanno regalare.
Storia e magia
Questo percorso si snoda attraverso la Valganna. Le ruote graffiano strade in salita e sentieri che un tempo erano vie apprezzate dal turismo delle Belle Époque, strade di minatori e contadini, mentre lo sguardo spazia tra boschi che tingono tutto di verde e scorci che si aprono improvvisi sui laghi e sulle cime prealpine. Il cuore emotivo dell’itinerario è il Villaggio Valganna, oggi borgo fantasma arroccato sui monti, dove il tempo sembra essersi fermato agli anni del dopoguerra. Nel silenzio di questi luoghi dimenticati, i ciclisti possono ritrovare una connessione profonda con il paesaggio e la sua memoria. Oggi chiuso, il Villaggio Valganna rappresenta la tappa finale di una bella salita, ideale per chi cerca allenamento in una zona poco trafficata che rimane fresca e ombrosa anche in estate. Il maltempo della primavera, tuttavia, ha rovinato non poco il manto stradale ed è consigliabile solo per chi ha dimestichezza con strade sterrate e mountain bike. C’è però un’alternativa suggestiva che porta fino a Marzio, dove si può proseguire poi lungo i belvederi che sovrastano il borgo.
Si parte
Il punto di partenza è il Lago di Ghirla, piccolo specchio d’acqua incastonato tra le Prealpi varesine, a circa 400 metri di altitudine. Sulle sue sponde si respira una quiete sospesa nel tempo, una gemma blu incastonata nel verde delle colline circostanti. Il primo tratto parte da una località affacciata sull’acqua che ha un nome evocativo del panorama che si può apprezzare nei dintorni. Si parte dalla Località Eden, si attraversa la SS233 e si comincia a salire lungo la strada per Boarezzo, stretta, asfaltata e in costante salita che si addentra nel bosco. Da qui inizia la vera esperienza per chi ama i percorsi brevi ma intensi, con dislivelli che mettono alla prova gambe e fiato. Il tratto è adatto a ciclisti ben allenati oppure a chi utilizza una bici a pedalata assistita.
Boarezzo: borgo sospeso nel verde
Dopo circa 2,5 km di salita si arriva a Boarezzo, frazione del comune di Valganna. La tappa perfetta per una pausa rigenerante e per riempire la borraccia nell’antico lavatoio che si trova nel centro del paese.
Negli anni ‘90 il borgo è stato protagonista di un interessante progetto culturale: diversi artisti locali e internazionali hanno decorato muri, porte e finestre delle case con affreschi che raccontano storie del luogo, leggende alpine e scene agresti. Il progetto si è arricchito negli anni con artisti che hanno eletto il borgo a seconda casa e hanno realizzato sculture di legno nel bosco: un museo a cielo aperto che si arricchisce con nuove figure e personaggi giorno dopo giorno.
Panorama sulle Alpi e sul confine
Lasciato Boarezzo, si può decidere se salire ancora oppure deviare. Continuando in salita si raggiunge il cosiddetto Villaggio Valganna, un gruppo sparso di villette e baite a circa 750 metri di altitudine. Il tratto è breve, ma ripido. L’area è boscosa e poco frequentata. I cellulari spesso non prendono. Ma è proprio questo isolamento a renderla preziosa per chi cerca un contatto autentico con la natura.
In alternativa, si può deviare seguendo l’antica strada militare che porta a Marzio, un balcone naturale panoramico sulla provincia di Varese. Il suo territorio offre molte opportunità per gli amanti delle passeggiate, con percorsi praticabili anche in sella. Gli escursionisti possono scegliere tra il suggestivo circuito dei Belvederi di Monte Marzio, situato a Nord del paese oppure esplorare il circuito dei “punti panoramici” del Monte Piambello, proseguendo verso il Monte Derta per poi fare ritorno a Marzio dal versante meridionale. Qui si intreccia anche la storica Linea Cadorna, la fortificazione fatta costruire dal generale Luigi Cadorna tra il 1916 e il 1917 lungo il confine svizzero per difendersi da una possibile invasione austriaca.
Punti panoramici
Da Marzio i panorami che meritano una sosta sono numerosi e si possono raggiungere abbastanza facilmente. Si può arrivare al Belvedere, ad esempio, con una passeggiata priva di particolari difficoltà tecniche di circa mezz’ora oppure in bicicletta. Il percorso è caratterizzato da numerosi punti panoramici strategicamente distribuiti lungo il sentiero che costeggia il versante occidentale del monte e permette di immergersi completamente nella natura circostante. Attraversando i boschi della zona, sia salendo da via Bolchini sia proseguendo oltre la statua della Madonna degli Alpini, gli escursionisti possono sostare per contemplare gli splendidi panorami mentre percorrono antiche mulattiere dove rimangono ancora perfettamente visibili le trincee della Linea Cadorna, testimonianze storiche scavate durante la Prima Guerra Mondiale che arricchiscono il valore culturale dell’esperienza naturalistica. Lungo la strada si incontrano anche dei cartelli che segnalano proprio i percorsi adatti a chi utilizza la mountain bike. Chi desidera, arrivato a Marzio, può anche effettuare un semplice percorso ad anello per ammirare i belvederi presenti. Si parte dalla località Forcorella e dopo una breve salita si arriva al primo, il Belvedere Monte Rosa. Si prosegue e si arriva alla località Madonna degli Alpini, dove il secondo belvedere regala una vista e una panchina perfetti per una sosta prima di rimettersi in sella. A sinistra del sentiero, con una breve ma costante salita nel bosco, si arriva al primo belvedere e proseguendo si arriva al secondo, per poi ritornare in zona Madonna degli Alpini seguendo le indicazioni. Il momento migliore per effettuare questi percorsi in bici è la fine dell’estate o la primavera, mentre in autunno bisogna fare maggiormente attenzione a causa delle abbondanti foglie cadute che possono rendere il paesaggio scivoloso.
Il Villaggio Alpino della Valganna: una città in miniatura
Sopra Boarezzo nacque nei primi anni del ‘900 un progetto ambizioso e generoso che avrebbe segnato per sempre la storia sociale della Valganna. Era il 1919 quando l’Italia, ancora ferita dalla Grande Guerra, cercava di ricostruire non solo le città e i paesi distrutti, ma anche le vite spezzate di migliaia di bambini rimasti orfani. Fu in questo contesto che il Touring Club Italiano concepì l’idea di creare un luogo di cura climatica dedicato ai bambini più bisognosi, in particolare agli orfani di guerra e ai figli dei combattenti. Un sogno che si trasformò presto in realtà grazie alla generosità della famiglia Chini, che donò parte dei suoi terreni in questa valle incantata, creando le fondamenta di quello che sarebbe diventato il Villaggio Alpino della Valganna.
Il 1921 segna l’apertura ufficiale del villaggio, ma quello che iniziò come una struttura semplice si trasformò rapidamente in una vera e propria “città in miniatura”. Il villaggio cresceva come un organismo vivente: lavanderia, stalla, orto, docce, persino un cinematografo e una cabina elettrica completavano questo microcosmo autosufficiente. Quello che era nato per gli orfani di guerra non tardò ad aprire le sue porte anche ad altri bambini bisognosi. La Valganna diventava così un ponte tra due mondi: quello urbano e quello montano.
Nel dopoguerra, il villaggio trovò una nuova identità trasformandosi nel punto di riferimento per le colonie estive dei figli dei dipendenti delle grandi aziende del Nord Italia e durante il Ventennio assunse anche un ruolo nella campagna antitubercolare. Chiuse i battenti nel 1986, resistendo più a lungo di molte altre colonie simili, quasi come se non volesse arrendersi al cambiare dei tempi.