Il panettone di Varese è mondiale
C’è anche un varesino, Claudio Colombo da Barasso, tra i finalisti della Coppa del Mondo del Panettone, un evento realizzato a novembre a Lugano che ha raccontato i segreti del dolce pi&
C’è anche un varesino, Claudio Colombo da Barasso, tra i finalisti della Coppa del Mondo del Panettone, un evento realizzato a novembre a Lugano che ha raccontato i segreti del dolce più amato delle feste, non solo in Italia o in Svizzera ma persino in Canada e Australia. Ecco, dunque, i consigli degli esperti per sceglierlo, degustarlo e conservarlo al meglio in vista del Natale
Non dovete giudicare secondo il vostro palato ma con criteri oggettivi perché questa è una competizione mondiale”. È l’ultimo consiglio di Iginio Massari, indiscusso re della pasticceria made in Italy, prima di lasciare il compito della giuria ai giudici della Coppa Mondiale del Panettone, che si è svolta a novembre a Lugano: maestri pasticceri del calibro dello spagnolo Paco Torreblanca, dell’irlandese Jimmy Griffin e dell’italiano Roberto Rinaldini. Compito non facile. Cosa rende, infatti, un panettone il migliore del mondo? Per noi profani il migliore è semplicemente quello che piace di più. Ma le regole della pasticceria, si sa, sono un po’ svizzere, e una competizione internazionale aiuta a svelarle anche al pubblico. E, curiosamente, aiuta a raccontare come quella che per noi lombardi è una tradizione nata all’ombra della Madonnina, alla tavola di Ludovico il Moro per una distrazione del cuoco di casa Sforza, oggi sia un dolce diffuso in tutto il mondo e apprezzato non solo a Natale. Basti pensare che i 22 pasticceri in gara per la categoria panettone tradizionale e i 12 per la versione cioccolato, vengano praticamente da tutti i continenti. I più lontani? Da Australia, Canada e USA.
Ma quali sono dunque questi criteri oggettivi che dovrebbero aiutarci a scegliere un panettone artigianale? Gli stessi che utilizza una giuria professionale di livello internazionale. Innanzitutto, il panettone va guardato e deve rispondere ad un equilibrio di forme e colori. “I funghi lasciateli ai boschi” scherza Massari. La cupola non deve essere troppo accentuata e la cottura deve essere decisa. Su questo aspetto non si scherza: dal primo ingrediente al panettone finito, passando per i tempi di impasto, lievitazione, cottura e raffreddamento, con tanto del tipico irrinunciabile rovesciamento, devono passare circa 36 ore. Il dolce non va osservato solo esternamente: il panettone riuscito alla perfezione si riconosce al taglio. Aprendolo in due, infatti, non deve avere il tanto temuto buco all’interno, che è indice di un errore in uno dei complessi processi di realizzazione. Nessun pasticcere, per quanto bravo, è in grado di prevederlo prima del taglio. Poi, va annusato. “Un buon panettone deve sprigionare un aroma” confermano i finalisti in gara. “Se non succede o si tratta di un panettone industriale, realizzato per durare nel tempo e che ha altre caratteristiche, oppure è semplicemente vecchio. Il passaggio successivo è quello del tatto per provare la morbidezza che non deve essere gommosità. E, finalmente, arriva la prova del palato. Qui a ciascuno il suo giudizio, ma, a quel punto, talento del pasticcere e qualità degli ingredienti fanno davvero la differenza”.
Per la competizione mondiale farina, canditi e cioccolato sono uguali per tutti, in maniera da rendere la gara ancora più equilibrata. In generale, la scelta delle materie prime è il massimo momento della personalizzazione e un bell’esempio del ruolo dell’internazionalizzazione nel settore alimentare. Dai prodotti Km Zero alla vaniglia del Madagascar, quello che conta davvero è l’altissima qualità. In questo mercato il made in Italy la fa da padrone. Spiega Jaime Martinez di Saint Paul in Minnesota: “Prima importavamo direttamente i panettoni, poi abbiamo iniziato a realizzarli in laboratorio e a importare la farina e gli ingredienti. Ovviamente dall’Italia”. La prova del gusto però non è tutto. L’assaggio non deve “foderare” il palato. Diversamente, contrariamente a quanto si pensi, la “colpa” non è del burro ma di un errato processo di lievitazione. E qui sta anche il vero segreto di tutto, perché è il lievito madre a fare la differenza. Quel lievito che la portoghese Andreia Borba chiama “Mamma Impasto” o “Baltazar” per via dei Re Magi e che lei, come tutti i migliori panificatori e pasticceri, alimenta, coccola e accudisce quotidianamente. E se a Setabul, in Portogallo, il panettone si mangia anche a Pasqua e a Porto Recanati da Gianfranco Nicolini si consuma d’estate in costume ed infradito, arricchito con il limone, anche dove la produzione è limitata al Natale, il lievito madre viene curato tutto l’anno. Lorenzo Turri, giovane ligure, oggi pasticcere a Munchwilen, in Svizzera, quando torna a Spotorno a trovare la famiglia, porta in vacanza in Italia anche il lievito madre.
Come degustare il panettone
Alla Coppa del mondo, i pasticceri concordano: il panettone artigianale va degustato subito appena comprato. Che sia tradizionale, quello che va per la maggiore, o con i gusti: dai tre cioccolati alle albicocche, alla crema di pistacchio. “Sia perché così se ne vende un altro”, scherzano, “sia per conservare la freschezza e degustare al massimo della bontà”. A casa, il dolce va conservato in un luogo asciutto e a temperatura ambiente, non troppo fredda per permettere al burro di sprigionare le sue qualità, ma nemmeno sul calorifero come da consigli della nonna, per non creare sbalzi termici. Per accompagnarlo, i vini nazionali sarebbero il must: un buon Franciacorta o un Moscato dolce, ad esempio. In ogni caso, largo alle bollicine. Ma il consiglio che mette d’accordo tutti è quello di gustarlo in famiglia: il panettone è proprio il simbolo degli affetti domestici. “È il dolce che non si mangia da soli”, Massari ne è convinto: “Per quanto ci riguarda, in famiglia ne teniamo sempre uno dei nostri per il Natale, poi capita sempre che arrivi un cliente da lontano a chiederci l’ultimo e finisce che restiamo senza”.
Tra i migliori del mondo, Claudio Colombo da Barasso



