Da Varese a Cambridge, sulle orme di Michael Porter
Fernando Alberti, Professore Ordinario di Economia Aziendale all’Università LIUC di Castellanza, è stato nominato Direttore del Porter Institute
“Una massima del Professor Michael Porter che ho sempre fatto mia è: ‘Rinforza le tue forze, prima di cercare di compensare le tue debolezze’. Affinché vi sia competitività, occorre che vi sia produttività. Ovvero, imprese capaci di innovare continuamente. Perché più c’è innovazione, più c’è produttività, più c’è competitività e più c’è prosperità”. Fernando Alberti, Professore Ordinario di Economia Aziendale all’Università LIUC di Castellanza, guida dello IEC – Institute for Entrepreneurship and Competitiveness e ideatore del percorso di Laurea Magistrale in Entrepreneurship & Innovation dello stesso ateneo, è stato recentemente nominato Direttore del Porter Institute a Cambridge: una realtà che promuove la ricerca, il dialogo, la formazione e il trasferimento di competenze tra strategia, competitività e impatto sociale.
Perché è importante questa nomina?
Il Porter Institute dà continuità al lavoro di quasi 50 anni del Professor Michael Porter presso l’Institute for Strategy and Competitiveness di Harvard Business School. Con il suo pensionamento, si è deciso non solo di preservarne l’eredità intellettuale, ma anche di far evolvere le attività in un’istituzione a lui intitolata, visto che non solo è considerato il padre della strategia aziendale, ma è anche la persona che più ha impattato nella scienza del management in generale. Nel 2019 il Prof. Porter mi ha inserito nella Hall of Fame ad Harvard Business School e credo questo sia stato un momento di svolta importante per poter poi essere scelto per questo nuovo ruolo, insieme al collega Christian Ketels. È sicuramente qualcosa che mi onora, completa il mio percorso di carriera e mi carica anche di un’enorme responsabilità.
Su cosa sta lavorando? Quali sono le priorità sul tavolo?
Il Porter Institute, da un lato, prosegue le attività legate ai temi su cui Michael Porter ha dedicato la sua vita, dall’altro, è una piattaforma per attivare nuove progettualità su scala globale e dare sistematicità a quelle esistenti. Tra le attività di didattica e ricerca, quelle legate alla competitività di imprese, cluster e territori, quelle al confine tra creazione di valore economico e valore sociale e, più in generale, tutte quelle che, per natura trasversali, non trovano facile collocazione nei raggruppamenti scientifici, ma affrontano i grandi temi strategici del nostro tempo. Su questo stiamo costituendo un fondo di ricerca che supporterà gli studiosi più meritevoli. Inoltre, abbiamo sistematizzato premi e riconoscimenti nel nome di Porter, disegnato una challenge per studenti di tutto il mondo sulle tematiche di strategia e molto altro. Stiamo espandendo la portata delle attività in altre istituzioni prestigiose. In programma ci sono iniziative anche in Sud Africa, Corea, India, Giappone, oltre che una stabile connessione con l’Università di Stanford.
Di cosa si occupa l’Istituto?
Promuove attività di didattica, ricerca e disseminazione su tutte le tematiche della strategia, sviluppate dal Professor Porter nella sua lunga carriera, da quelle più note a quelle più recenti, per le quali esiste una Candidatura al Nobel. Il tema della competitività, in senso esteso e soprattutto nelle sue relazioni con il tema del progresso sociale, è oggi più che mai contemporaneo, ma ha bisogno di amplificare il proprio impatto. Per questo, l’Istituto ha come obiettivo quello di incanalare i fondi raccolti nella promozione di studi, ricerche, analisi e strumenti, che possano generare un impatto sull’economia reale dei diversi Paesi, oltre gli Stati Uniti, in cui l’Istituto è già attivo.
Come ha inciso il pensiero di Porter su temi come la competitività di un sistema economico, la strategia di un’azienda o la capacità attrattiva di una società?
Innanzitutto, ha chiarito e codificato cosa si intenda per competitività e quali siano i driver su cui si fonda. La competitività è alla base della prosperità di un territorio o di un cluster e perché vi sia competitività, occorre che vi sia produttività e quindi imprese capaci di innovare continuamente. Più innovazione, più produttività, più competitività, dunque, più prosperità.
In uno scenario geopolitico così complesso come quello odierno e dalle repentine evoluzioni tecnologiche, quali sono gli elementi su cui un’azienda deve far leva per rimanere competitiva?
È il tema del mio nuovo libro, in uscita in tutte le librerie per Natale. Si intitola “La sfida sociale. Perché le imprese non funzionano più e come possiamo aggiustarle”. Non voglio spoilerare…
Dal micro (la singola azienda), al macro (i contesti territoriali): lei ha accompagnato Confindustria Varese alla realizzazione del Piano Strategico #Varese2050, volto proprio al riposizionamento competitivo della provincia. Quali sono, oggi, le politiche e le strategie che possono contribuire o che sono essenziali per la competitività di un territorio?
I territori oggi hanno di fronte una sfida incredibile che si gioca tra attrarre e trattenere individui, imprese, istituzioni e investitori. La via è avere un’identità forte e la capacità di creare valore economico e sociale. Sul sito italiacompete.it ci sono tutti gli indicatori per misurare la propria strategia.
Quale consiglio si sente di dare ad un imprenditore per affrontare le sfide e le transizioni oggi in atto?
Faccio mio il consiglio che dava sempre Porter nel corso per Ceo: “Chiediti ogni giorno quattro cose. Perché i clienti vorrebbero comprare dalla tua impresa? Perché le persone vorrebbero lavorare nella tua impresa? Perché gli investitori vorrebbero finanziare la tua impresa? Perché la comunità vorrebbe avere la tua impresa nel suo territorio?”


