Come nasce una vetrina frigorifera

A Comabbio, tecnica, design e sostenibilità danno forma a soluzione su misura per il settore della ristorazione

Tutto inizia con l’assemblaggio delle basi e delle coperture, all’interno delle quali viene iniettato poliuretano espanso per garantire un isolamento termico ottimale. Successivamente, si procede alla costruzione della struttura esterna, in due diverse linee di produzione, utilizzando pannelli e vetrate montati su un telaio in alluminio. Una volta completata la struttura, vengono installati l’impianto frigorifero, il compressore e i componenti elettronici che vengono cablati. Ogni vetrina è personalizzata in base alle esigenze del cliente, variando per tipologia di refrigerazione, dimensioni, colori e destinazione d’uso. Questo approccio su misura permette di soddisfare le richieste specifiche di una clientela diversificata. Il collaudo rappresenta una fase cruciale del processo produttivo. Ogni vetrina viene sottoposta a rigorosi test per verificare l’efficienza del sistema di raffreddamento e la sicurezza dell’impianto elettrico. Solo dopo aver superato queste prove, trascorsa una notte, viene stampato un report di idoneità e il prodotto è pronto per essere imballato e consegnato.

È così che prendono vita le vetrine frigorifere realizzate nel cuore della provincia di Varese, precisamente a Comabbio, dalla Longoni Divisione Freddo Srl, azienda specializzata nella produzione di vetrine che vanno a finire nelle pasticcerie, nelle gelaterie, nei ristoranti e nei locali di tutto il mondo. Fondata nel 1983 da Bruno Longoni e ora guidata dal figlio Paolo, l’impresa impiega oggi 20 persone, con una produzione annuale di circa 2.500 vetrine e un export che rappresenta il 45% del fatturato, destinato principalmente a Spagna, Francia e Grecia. “Siamo costantemente impegnati nella ricerca di soluzioni innovative e sostenibili – spiega l’Amministratore Unico, Paolo Longoni –. Stiamo lavorando molto sugli isolamenti delle vetrine, ottenendo delle performance di consumi energetici inferiori rispetto al passato. Abbiamo, inoltre, introdotto l’utilizzo di compressori inverter, che consentono un risparmio energetico fino al 20%, insieme all’impiego di gas ecologici che riducono ulteriormente il nostro impatto ambientale”.

Pasticcini, torte, gelati, affettati, tagli dicarne e persino mortadelle da 250 kg: questi sono solamente alcuni dei prodotti che ospitano le vetrine frigorifere della Longoni che, per un paio di anni, è stata anche sponsor di Yamaha, ai tempi di Valentino Rossi, a cui fornivano attrezzature frigorifere nella zona hospitality frequentata da piloti e crew prima e dopo le gare in pista. Con oltre 250 modelli a catalogo per due tipologie di refrigerazione (statica o ventilata), le vetrine che nascono a Comabbio possono trovare spazio anche nelle case dei privati, come ad esempio, nella nuova conformazione pensata per conservare vini. “Abbiamo creato lo scorso anno una Wine Cellar, ovvero una cella modulare per la conservazione del vino, in grado di mantenere una temperatura controllata e un livello di umidità costante. Un prodotto che ha riscosso molto successo ed è stato pensato sia per l’alta ristorazione sia per le abitazioni private, grazie alla versatilità con cui può essere configurato”, racconta Longoni.

Ma come affronta innovazione e futuro l’impresa varesina? “Dopo oltre 40 anni, innovare è più difficile ma necessario. Non possiamo stravolgere il sistema di refrigerazione, ma possiamo migliorarlo, anche collaborando con partner esterni. Lavoriamo a stretto contatto con alcuni ITS del territorio e insieme a Confindustria Varese: l’obiettivo è formare giovani talenti, progettisti ed esperti di meccatronica e termodinamica. Il ricambio generazionale è una sfida che vogliamo affrontare con determinazione”, afferma con convinzione l’Amministratore Unico di Longoni Divisione Freddo. In attesa, un giorno, di poter passare il testimone aziendale ad uno dei suoi figli, per proseguire una tradizione di famiglia in grado di unire esperienza, visione e spirito di cambiamento.

Le foto di questo reportage sono state scattate da Lisa Aramini Frei

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