Chi dice Mario Crosta, dice pile

È di Busto Arsizio l’azienda che, insieme all’americana Malden Mills (oggi Polartec) e alla collaborazione di altri attori del settore, ha sviluppato nel 1993 il tessuto morbido e vellutato conosciuto in tutto il mondo

Nel settore della nobilitazione è un nome conosciuto in tutto il mondo: Mario Crosta Srl. Un’azienda nata 100 anni fa a Busto Arsizio e che fin dalla sua fondazione, nel 1925, rappresenta un punto di riferimento globale nello specifico comparto dei macchinari per il finissaggio tessile, la fase conclusiva del ciclo produttivo dei tessuti. Praticamente, quelle create dall’impresa bustocca sono macchine destinate principalmente ai settori dell’abbigliamento e dell’arredo, che danno il tocco finale, la sensazione al tatto, l’identità ad una stoffa. Quelle che conferiscono al tessuto l’effetto “manopesca”, ad esempio, velluto, spazzolato, ma soprattutto il “pile” tecnicamente detto “polar”. Sì, perché è con l’impresa bustocca che nel 1993 è nato quest’ultimo tessuto, morbido e vellutato al tatto, in collaborazione con la società americana Malden Mills e altri operatori del settore. È anche a questa invenzione che si deve la sua notorietà nel mondo: “Dire Mario Crosta significa parlare di una realtà imprenditoriale nota sia sul territorio sia all’estero ma a parte il nome, bisogna dimostrare di avere dell’altro”.

A sostenerlo è l’Amministratore Delegato Marco Crosta, terza generazione al timone dell’impresa, con la sorella Laura, Responsabile del service e dell’assistenza. Insieme, hanno raccolto il testimone di papà Emanuele e prima ancora di nonno Mario che, “già negli anni ‘30, sorvolava i cieli per promuovere in tutto il mondo le macchine di sua produzione. Ha solcato il Polo Nord, è andato in Giappone, ma anche in Brasile e in Cina. È stato un pioniere italiano di queste missioni imprenditoriali all’estero, che per quell’epoca non erano da tutti. Nel ‘74, poi, nonno Mario passa il testimone a nostro padre – sottolinea Marco Crosta –, fino al 2004 in cui scompare anche lui improvvisamente. Un evento che per noi ha segnato uno spartiacque. Ci siamo trovati a dover affrontare un passaggio generazionale accelerato. Papà era l’unico commerciale. Era lui che aveva la valigia sempre pronta per girare il mondo, stringere la mano ai clienti e vendere le macchine in ogni angolo del globo. Quando è venuto a mancare, il fatturato è crollato del 40%. Lì abbiamo capito che non avevamo scelta se non quella di tirarci su le maniche e ricostruire tutto, passo dopo passo. È così che, dopo qualche mese, sono partito da solo per la Turchia, senza sapere esattamente come muovermi nel mercato, ma con la consapevolezza che potevo solo imparare il mestiere così come aveva fatto lui”. Un passaggio generazionale difficile, dunque, ma formativo: “È stata un’esperienza che ha lasciato il segno. Ecco perché guardiamo alla quarta generazione con pragmatismo e speranza. Crediamo fortemente che i nostri figli dovranno, prima, costruire le loro competenze all’estero o comunque fuori dalla nostra realtà familiare e poi, solo successivamente, potranno lavorare qui in azienda – continua Marco Crosta –. Avere la fortuna di portare un cognome noto non basta. Bisogna dimostrare di avere un bagaglio di competenze, esperienze e visione critica. E poi serve lo spirito di sacrificio. Il nostro è un lavoro che non prevede viaggi sulla Fifth Avenue, ma in territori come il Bangladesh e l’India”.

A 100 anni dalla fondazione, la Mario Crosta Srl è una case history di longevità imprenditoriale, ma non solo. Come tiene a sottolineare l’Amministratore Delegato, “se siamo arrivati a festeggiare il centenario è perché abbiamo perseguito due traiettorie importanti: la digitalizzazione e lo studio dei mercati”. Oggi, non a caso, il 95% del giro d’affari è destinato all’export, con una presenza capillare in Asia. Lo spiega così Marco Crosta: “Siamo particolarmente presenti in Turchia, Iran, Uzbekistan, Pakistan, India, Bangladesh, Corea, Vietnam e Indonesia. Gli Stati Uniti rappresentano un mercato marginale, mentre l’Europa resta sempre interessante in Paesi come il Portogallo, legato principalmente all’arredamento. Fondamentali per noi le collaborazioni con Polartec (ex Malden Mills), con cui abbiamo sviluppato il Polar Fleece, più comunemente conosciuto come ‘pile’, ma anche i marchi Decathlon, Nike, Adidas e Levi’s, che si affidano a noi per la standardizzazione della loro qualità produttiva. La nostra attività si inserisce nella fase conclusiva delle produzioni tessili, conferendo l’effetto finale ai tessuti. È importante, dunque, che i prodotti uguali, ma creati in Paesi diversi, diano la stessa sensazione al tatto. Ecco perché, per uniformare la qualità dei tessuti prodotti in stabilimenti sparsi per il mondo, puntiamo alla standardizzazione delle macchine. Detto ciò, l’innovazione è comunque costante. Anche nel recupero di quelle tecnologie storiche rivisitate in chiave moderna, per rispondere a un mercato in continua evoluzione”. Il valore aggiunto, però, delle macchine tessili della Mario Crosta, “non risiede solo nella meccanica, ma nell’intero ecosistema costruito intorno”.

Dalla progettazione all’assemblaggio, fino all’installazione e all’assistenza, ogni fase è seguita da personale qualificato, spesso formato direttamente a Busto Arsizio: “In questo periodo, ad esempio – racconta Laura Crosta, Responsabile del service –, stiamo facendo arrivare i nostri tecnici dall’India e dal Bangladesh per aggiornarli sul nostro know-how. L’obiettivo è quello di avere dei collaboratori all’estero che possano intervenire localmente, parlando la stessa lingua e condividendo la stessa cultura dell’impresa-cliente. Assistenza immediata, presenza globale, attenzione sartoriale, sono questi i 3 punti cardini del nostro pre e post-vendita”. Un modello che unisce efficienza industriale e sensibilità perché, come precisa Laura Crosta, “se un cliente si ferma anche un solo giorno, il danno è enorme. Per questo la nostra assistenza è cruciale”. Un impegno che si traduce in viaggi, training e relazioni solide, spesso coltivate per decenni.

“Quando chiamano, interessati a comprare una nostra macchina, devono sapere che acquisteranno un know-how, un marchio di fabbrica, una vera e propria partnership, un determinato servizio. Non solo dei cilindri che girano. Di aziende che costruiscono macchine ce ne sono tante”, aggiunge Marco Crosta. Un po’ come a dire che la chiave del successo che continua ad aprire porte nuove all’impresa, “non risiede tanto nel brand, sicuramente forte, bensì nella qualità e nell’assistenza post-sales. Due fattori che fanno la differenza. Basti pensare all’ordine arrivato dalla Tasmania grazie al consiglio di un cliente americano, precisamente dell’Oregon, che in passato è rimasto soddisfatto del supporto fornito nel momento in cui le macchine hanno presentato dei problemi. Si tratta di un passaparola che vale più di mille brochure pubblicitarie”. E se, da un lato, il mercato premia e l’azienda cresce, dall’altro, c’è la sfida di trovare risorse con competenze tecniche specifiche: “Cerchiamo persone con conoscenze in elettronica, meccanica, pneumatica, disponibili a viaggiare – sottolinea Marco Crosta – ma servono anche figure per la progettazione, la logistica e la pianificazione. Con circa 50 collaboratori, tra interni ed esterni, due stabilimenti a Busto Arsizio e un progetto di unificazione in previsione, il presente è più che mai dinamico. Abbiamo l’ambizione e tutti i numeri per crescere. In termini di mercato, di fatturato e di organico”.

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