Beckmann a Mendrisio

Il Museo d’Arte di Mendriso propone un’interessante mostra dell’artista tedesco Max Beckmann, la prima in terra di cultura italiana, dopo quella del 1996 alla Galleria Nazionale d&rs

Il Museo d’Arte di Mendriso propone un’interessante mostra dell’artista tedesco Max Beckmann, la prima in terra di cultura italiana, dopo quella del 1996 alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Pochi dunque tra noi conoscono la sua opera, eppure Beckmann è un maestro dell’arte moderna. Nato a Lipsia nel 1884, orfano di padre, arriva presto alla ribalta grazie alle innate doti artistiche e alla capacità di saperle valorizzare al meglio, tanto da essere oggi presente nei maggiori musei del mondo accanto a Picasso e Matisse.

Un grande solitario della clutura

Si è rivelato, spiega il direttore del museo svizzero Simone Soldini, dopo le prime soddisfazioni parigine e un approccio all’arte cubista e ai suoi protagonisti, come un grande solitario della cultura e pittura del Novecento. La rassegna di Mendrisio, sostenuta dalla famiglia Beckmann e dal contributo critico di Siegfried Gohr, suo massimo studioso, e curatore della stessa con Soldini, si propone dunque di diffonderne la conoscenza anche in territorio italofono, ripercorrendone il cammino di uomo e di artista: con una particolare attenzione, oltre che ai trenta dipinti, a tre sculture, e ai quindici acquerelli esposti, alla sua ricca, raffinata ed eccezionale produzione grafica. Il museo svizzero ne presenta un’ottantina di esemplari: litografia, puntasecca, xilografia sono tecniche variamente sperimentate dall’artista nella declinazione di temi che vanno dai ritratti, a scene di gruppo – si vedano “Carosello”, “Obitorio”, “Dietro le quinte” – ai prediletti autoritratti. Il soggetto dell’autoritratto ritorna più volte anche nei dipinti e nel corso di tutta la ricerca di Beckmann. Come il più celebre del ’38-’39, scelto quale immagine ufficiale della mostra, dipinto quando si trova ad Amsterdam: si ritrae con una pipa tra i denti e una espressione che rimanda all’analogo, noto soggetto di Van Gogh. Del quale ha esplorato la tecnica pittorica, “copiato” a volte certi cromatismi densi e pastosi, ammirato il risultato dell’insieme della sua originale opera. Altro autoritratto significativo presente in mostra è quello scultoreo (l’unico da lui eseguito) del ’37, dove si ritrae da artista “degenerato”, magistrale, umana testimonianza scolpita ad memoriam di un momento per lui – e per l’intero mondo della cultura – altamente drammatico.

La rassegna di Mendrisio dedicata a Beckmann

A volte è ancora il volto di Beckmann a mimetizzarsi addirittura nell’opera, che del resto è per lui abitata da presenze ‘nascoste’, da diversi rimandi simbolici. Si veda al proposito il bellissimo olio del 1950, un quadro sereno, traboccante di colore “Natura morta con sterlitzie” realizzato quale omaggio al suo agente Curt Valentin, che gli aveva inviato un mazzo di fiori: sullo sfondo si profila ironico il berretto di Max. L’opera ben si accompagna in mostra a capolavori quali “Tulipani rossi e gigli di San Giovanni”, l’onirico “Paesaggio con mongolfiera”, il “matissiano” “Ragazze in nero e verde”, il seducente “Donna addormentata”, il “Parco Notturno Baden Baden” dedicato al figlio medico Peter, che lo curò amorevolmente in esilio. “Rève de Paris-Colette” è invece simbologia riassuntiva e memoria dedicata nel ’31 a Parigi – dove espone – e ai suoi artisti amici: quando è chiamato “il Picasso germanico”.

Il periodo della guerra

Si può dire di Max Beckmann che è stato testimone di primo piano della storia del suo tempo, di un secolo che ha vissuto l’orrore di due guerre mondiali e la paura della persecuzione, infine dello sterminio elevato a sistema. Dopo le prime esperienze artistiche alla Accademia di Weimar fino al 1903, le esperienze parigine fino al 1905, e le simpatie per la Secessione condivise a Berlino, dove dimora fino al 1915, a interrompere l’idillio con l’arte del giovane artista sarà proprio la prima guerra mondiale, alla quale aderisce da infermiere volontario. Beckmann rientrerà sconvolto da quell’esperienza che lo cambierà per sempre e che si ripercuoterà con evidenza anche nella sua vita e nell’opera stessa, percorsa spesso da inquietudine, da domande lasciate in sospeso e rafforzate da una sensibilità e intelligenza non comuni: la guerra rimarrà elemento determinante e frustrante nella sua esistenza, così come furono le provocazioni della politica contro l’“arte degenerata” della sua opera – centinaia di suoi quadri vengono tolti dai musei tedeschi – a indurlo a partire. Lascerà la Germania nel ’37 per Amsterdam, dove resterà rifugiato per una decina di anni, prima di salpare definitivamente per l’America con la seconda compagna della sua vita, Quappi. Troverà qui il piacere di approdare nel Nuovo Mondo, l’accoglienza degli uomini di cultura e il confronto con sperimentazioni artistiche foriere di novità. Né mai più tornerà nel paese natale. Sarà però anche in quegli ultimi anni, come sempre lo era stato, un grande viaggiatore: è testimoniato nei suoi quadri anche il forte amore per l’Italia, conosciuta già nel 1904, per il suo paesaggio che gli offre pace e calore, per i riferimenti culturali al Rinascimento, e a maestri come Tiziano e Tintoretto, che lui colloca tra i prediletti, accanto a Cézanne, altra pietra miliare della sua lunga ricerca. Dopo una vita discontinua, guadagnata ad alto prezzo, elevata a volte fino al successo, a volte strappata giorno per giorno, nel sigillo della sofferenza, la morte gli sarà lieve. Muore improvvisamente a New York, mentre attraversa Central Park per entrare al Metroplitan Museum, dove è stata esposta una sua opera. È il 1950. E anche il mondo sembra aver voglia di pace. 

 

MAX BECKMANN
27 ottobre 2018 – 27 gennaio 2019 

Museo d’Arte di Mendrisio – Piazzetta dei Serviti, 1
Martedi – venerdì: 10-12/14-17, Sabato e domenica 10-18
museo@mendrisio.ch – tel +41 58 688 33 50

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