Il modello Varese per la nuova imprenditoria
“Vogliamo fare del Varesotto un territorio capace di attrarre e trattenere talenti, di sostenere la nascita di nuove imprese e startup e di costruire un ecosistema dell’innovazione”
“Vogliamo aiutare le nuove generazioni a trasformare le loro idee d’impresa in realtà. Ne ha bisogno prima di tutto il futuro del nostro territorio”. L’obiettivo è tanto chiaro, quanto sfidante. A rilanciarlo, il Presidente del Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Varese, Pietro Conti, durante la recente Assemblea 2025 del Movimento, a cui è alla guida da un anno.
Tra le linee d’azione del Piano Strategico #Varese2050 di Confindustria Varese, c’è la volontà di costruire un ecosistema dell’innovazione per favorire la nascita di nuove startup e imprese. Presidente Conti, qual è il ruolo di voi giovani imprenditori in questo scenario?
Come Gruppo Giovani abbiamo un ruolo centrale che ci è stato riconosciuto dall’Associazione all’interno del Piano #Varese2050 su alcuni temi fondamentali: la crescita del fermento imprenditoriale e la creazione di occasioni, iniziative ed ecosistemi capaci di favorire l’attrazione di giovani talenti in provincia di Varese. Una visione d’insieme che pone le basi per quella cabina di regia tra mondo aziendale e universitario che punta ad essere Mill (Manufacturing, Innovation, Learning, Logistics), l’acceleratore di imprenditorialità che vogliamo far nascere per dotare il sistema economico locale di un hub di competenze e servizi per talenti, giovani, startup, imprese e cluster. È un impegno che portiamo avanti ogni giorno, in sinergia con la nostra Università LIUC. Un esempio concreto è il nostro coinvolgimento in iniziative come il Business Angel Hub, la Call for Ideas e Restart: tutte progettualità che hanno proprio questo obiettivo.
Dotare il sistema economico locale di un hub di competenze e servizi per talenti, imprese e cluster è un traguardo ambizioso. Quali le progettualità che portate avanti?
Abbiamo lanciato, per citare un esempio, un paio di anni fa, proprio come Movimento, il progetto “Startup Your Ideas”. Un’iniziativa che si è evoluta molto nel corso di questo periodo e che è stata declinata anche in un contest (arrivato quest’anno alla seconda edizione). L’obiettivo è premiare e scovare le migliori startup innovative della Lombardia che vengono selezionate da una giuria qualificata, espressione di varie competenze accademiche e imprenditoriali. È un riconoscimento simbolico, ma anche un trampolino di lancio. Diamo visibilità ai nuovi imprenditori del domani, favoriamo relazioni e contatti a chi sta costruendo qualcosa di nuovo. Crediamo che il talento non solo vada sostenuto, ma anche messo in rete: offrendo occasioni di confronto, opportunità di studio e dialogo con chi impresa la fa già da tempo. Questo progetto è la dimostrazione che crediamo nella creatività e nel coraggio delle nuove generazioni. E su di esse vogliamo investire, per aiutarle a muoversi con le proprie gambe nei contesti competitivi della nostra imprenditoria. Un’azione portata avanti con Confindustria Varese che, da quando siamo partiti con il Progetto “Startup Your Ideas”, è arrivata a contare una trentina di startup associate.
Essere giovani, oggi, è una sfida. Presidente ci può dare una fotografia della condizione giovanile nel nostro Paese?
Trovare il proprio posto nel mondo non è facile per nessuno, ma in Italia, dobbiamo ammetterlo, è più difficile che altrove. Soprattutto per un ragazzo. E ancora di più per una ragazza. Ce lo dice anche l’Indice YES – Youth Enhancement Score sviluppato dall’Ufficio Studi della LIUC. I dati parlano da soli: l’indipendenza economica e sociale in Italia viene raggiunta in media a 40 anni, contro i 30 dei Paesi scandinavi e i 35 di Francia, Germania e Svizzera. L’accesso alla casa è un elemento di crescente criticità: nelle grandi città, come Roma o Milano, l’affitto arriva a rappresentare il 92% dello stipendio di un giovane. Il mercato del lavoro offre ai laureati italiani stipendi medi che sono tra i più bassi in Europa, e le ragazze devono affrontare un ulteriore divario del 13% rispetto ai coetanei maschi. In pratica, un gap che aggrava un altro gap. Sulla nuova imprenditorialità facciamo meglio di Germania, Spagna e Austria, ma restiamo lontani da Francia e Olanda.
Qual è il risultato finale?
Nell’Indice YES di LIUC, l’Italia è ultima in classifica nella capacità di garantire un futuro e di offrire opportunità di realizzazione personale e professionale ai giovani. Ma c’è terreno fertile sul quale poter lavorare e il nostro “modello Varese” punta proprio a questo.
Varese, quindi, può diventare un polo attrattivo per i giovani che vogliono fare impresa?
Assolutamente sì. I dati ce lo dimostrano: il rapporto tra affitto e stipendio per un giovane a Varese è del 58%. È un vantaggio competitivo che dobbiamo trasformare in una leva di attrattività. Ma non vogliamo che Varese diventi solo un dormitorio per chi lavora altrove: vogliamo costruire un ecosistema vivo, in cui ci siano opportunità di carriera, formazione e imprenditorialità. Un altro esempio è il progetto “Vieni a vivere a Varese” della Camera di Commercio che va proprio in questa direzione: si tratta di un bando che sostiene chi, tra i 18 e i 40 anni, decide di trasferirsi qui per lavorare in una delle nostre aziende: 6.000 euro netti in tre anni per chi scommette su questo territorio. Uno strumento in più nella cassetta degli attrezzi delle imprese per attrarre giovani talenti. E noi, come Confindustria, lavoriamo per rendere il nostro territorio un posto ideale dove crescere e innovare.
Ha parlato di opportunità di carriera. Quanto conta investire nella formazione dei giovani?
La formazione è sicuramente la prima e principale leva su cui serve investire. È quella che muove tutto. Scuola, ITS Academy, Università. Lo schema è chiaro: per aumentare i salari, serve aumentare la produttività; per aumentare la produttività, serve innovazione nelle aziende; per portare innovazione nelle imprese, servono giovani competenti e per avere giovani competenti, serve investire nella formazione.
Presidente, come riassume in una battuta la visione del “modello Varese”?
I giovani devono trovare il loro posto nel mondo e quel posto può essere proprio nelle imprese varesine. Nelle nostre aziende, nei nostri distretti, nelle nostre idee. Da qui può partire un modello di sviluppo più inclusivo, sostenibile e competitivo. Come giovani imprenditori, sento che abbiamo anche questa responsabilità: affermare l’impresa come luogo di crescita personale, di inclusione, di costruzione di futuro.
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