Come si fotografano i Giochi Invernali
Mattia Ozbot, giovane talento varesino della fotografia sportiva, svela come si racconta per immagini un evento come le Olimpiadi
Sulle piste innevate o su quelle di ghiaccio, tra azioni fatte di velocità, equilibrio e grazia, le Olimpiadi Invernali non si raccontano soltanto attraverso le parole o le dirette video. La loro narrazione risiede anche nelle immagini realizzate da chi la kermesse a cinque cerchi riesce a immortalarla. Scatti capaci di fermare in un istante la soddisfazione e la gioia di un trionfo o il peso e l’avvilimento di una sconfitta. Gli sport della stagione fredda sono un intreccio di movimenti unici e imprevedibili. Fotografarli è un mestiere che non ammette esitazioni. A spiegare come si immortalano i momenti più magici di un evento come i Giochi Olimpici di Milano Cortina 2026, è Mattia Ozbot, fotografo varesino, classe 1995, premiato nel 2020 come miglior fotografo sportivo under 30, dall’AIPS Media Award.
“Per fotografare delle azioni sportive bisogna partire da un fattore fondamentale: la conoscenza di quella determinata disciplina. È necessario avere una giusta attenzione per il gesto tecnico, ma anche una certa cultura del movimento dell’atleta e della posizione in cui dover scattare. Poi bisogna saper cogliere il momento maggiormente impattante, quello che sorprende l’occhio dell’osservatore, che non riguarda necessariamente solo l’azione, ma anche una serie di emozioni che possano esprimere e trasmettere una sensazione in chi guarda lo scatto. Una qualsiasi fotografia deve essere bella da vedere, senz’altro, ma deve anche saper comunicare”.
È di questo che si è parlato anche durante il panel intitolato “Il fotoracconto giornalistico degli sport invernali”, andato in scena nell’ambito di Glocal, il Festival del giornalismo organizzato da VareseNews, tra fine ottobre e i primi di novembre. Tra i protagonisti, anche Giancarlo Colombo, un nome nel settore della fotografia sportiva italiana, che per Mattia Ozbot è stato uno dei mentori della sua formazione. “L’ho conosciuto letteralmente sulle piste da sci a Bormio – sottolinea Ozbot –. È stato un incontro decisivo. Grazie a lui ho imparato cosa vuol dire cogliere il gesto tecnico dell’atleta, tanto che negli anni successivi ho fatto un lavoro approfondito per migliorare la mia competenza sul campo”.
E oggi Ozbot, che dall’anno in cui ha conosciuto Colombo ha immortalato Olimpiadi, Campionati Europei di calcio e ha lavorato alla maggior parte dei principali eventi sportivi internazionali in tutto il mondo, spiega che nell’ambito sportivo “la tecnica non basta. Serve sensibilità”. Un po’ come a dire che bisogna presupporre la storia che si sta per muovere davanti all’obiettivo. “Un fotografo sportivo osserva, anticipa, si muove insieme all’atleta – precisa –. La sfida è essere preparati a livello fotografico, ma anche fisicamente. Sì, perché, a volte, è come essere in gara insieme agli atleti”.
La luce cambia, i campioni sfrecciano, si muovono, corrono e anche il fotografo deve essere pronto a muoversi, spostarsi, seguirli. “È un lavoro di scouting continuo, ma quando riesci a cogliere un’espressione carica di adrenalina, un abbraccio tra atleti, la tensione prima della partenza, ti rendi conto di aver costruito una memoria di quel momento unico”, sottolinea Ozbot.
Di fondamentale importanza, nel creare un bello scatto, è anche il saper contestualizzare la foto: “Deve emergere l’ambientazione. Nel racconto fotografico è importante. Ecco perché è bene capire dove posizionarsi. A volte è necessario essere particolarmente vicini all’azione, altre volte, invece, è meglio allontanarsi per mostrare l’insieme. In alcuni sport, piuttosto che in altri, serve un teleobiettivo con una focale particolarmente lunga in modo tale da riuscire a cogliere molto bene sia l’azione dell’atleta sia il contesto, stando a grandi distanze. Nel caso di altre discipline, invece, è meglio stare il più possibile vicini. Un esempio è il biathlon, uno sport invernale, appartenente al gruppo dello sci nordico, i cui partecipanti competono in due specialità: il tiro a segno con la carabina e lo sci di fondo. Diverso è il caso della combinata nordica che unisce il salto con gli sci e lo sci di fondo”.
Ad essere molto utili nella preparazione, sono i test event, ovvero quelle giornate che servono in primis agli atleti per testare i campi di gara, ma non solo. “È lì che ci alleniamo anche noi fotografi a coprire le Olimpiadi a livello di immagini – aggiunge Mattia –. Sono importanti a livello tecnico, ma poi tutto il resto del lavoro avviene in quell’attimo irripetibile dell’azione dell’atleta, in cui è necessario cogliere un dettaglio o un momento particolare. Riguardo spesso gli scatti e quasi sempre penso che sarebbero potuti venire meglio, ma è normale. È un esercizio di autocritica che serve a crescere e a perfezionarsi”.
Una vita da fotocronista sportivo
40 anni di fotografie, 5 Mondiali di calcio, 6 Olimpiadi Invernali e 10 Estive (unico in Italia ad averne fotografate così tante), oltre a tutti i campionati del mondo di sci, atletica, ciclismo, nuoto e tennis. Vincitore nel 1990 del premio Angelo Moratti, considerato uno dei maggiori riconoscimenti nella fotografia sportiva. Nel febbraio 2004 si aggiudica il riconoscimento “Fotocronista per l’anno 2004” e nel 2007 viene eletto tra i migliori 12 fotografi sportivi nel mondo. Giancarlo Colombo, una vita da fotocronista sportivo, sa bene che a fare la differenza in pista non è la quantità di foto scattate, ma piuttosto riuscire ad immortalare un irripetibile gesto atletico. Con una serie di escamotage che solo l’esperienza è in grado di insegnare. “Gli atleti, nelle gare sciistiche, scendono ad una velocità che può arrivare anche a 150 km/h, sono dei veri e propri proiettili e i fotografi sono lontani anche più di 70 metri, per ovvi motivi di sicurezza. È per questo che, mentre si fotografano gli sport veloci, tra colleghi regna un silenzio tombale: siamo tutti intenti ad ascoltare il battito degli sci o dello slittino. Lo ascoltiamo fino a quando non lo sentiamo vicino e solo allora scattiamo, per ottenere al massimo 3 fotografie buone”, ha raccontato Colombo nel corso del panel organizzato da VareseNews a Glocal. (C.M.)
Per saperne di più
- Milano Cortina 2026, l’impatto sul territorio
- La porta di accesso alle Olimpiadi
- Cosa resterà di un evento globale
- I campi di allenamento varesini a cinque cerchi
La foto di questo articolo è di Mattia Ozbot


