In quel cerchio di luce
Dopo 500 anni, i Castelli di Cannero aprono al pubblico, rivelando i loro segreti sospesi tra le acque del Lago Maggiore
È una delle mete più suggestive del Lago Maggiore, cui fanno da sfondo storia e leggenda, oltre che l’incantevole paesaggio. Si tratta dei Castelli di Cannero, antico maniero fissato nelle acque del Verbano su due isole rocciose, legato all’oscura fama dei Mazzarditi e alla loro fortificazione, risalente ai primi del ‘400, conosciuta come Malpaga. Nel 1439 la proprietà, costituita da una rocca e da un piccolo edificio adibito a prigione, passa alla famiglia Borromeo, per volontà di Filippo Maria Visconti. Che assegna in feudo a Vitaliano la città di Arona, cui appartengono anche Isola Madre, Isola dei Pescatori e Isola Bella, in un periodo di forti tensioni tra Ducato di Milano, Francia e Svizzera. Lo scorso giugno, con una felice inaugurazione ufficiale (padroni di casa Vitaliano XI e Marina Borromeo), i Castelli sono stati aperti al pubblico per la prima volta, dopo 500 anni, affinché si possa conoscere questa affascinante meta turistica di Cannero e del suo innovativo museo. “La storia rivive e si intreccia coi panorami del lago – ha sottolineato Marina, responsabile dei progetti speciali di Terre Borromeo – dando vita a un museo che rappresenta un unicum, sia per l’intervento realizzato che per la tipologia del sito”.
Risanati per le cure dei proprietari, con un esborso di 15 milioni di euro e il sostegno di Banca Intesa e del Ministero della Cultura e, dopo 10 anni di restauri monumentali e conservativi, oggi i Castelli sono un originale museo, capace di avvicinare i visitatori all’archeologia e, contemporaneamente, ad arte e tecnologia. E qui sovviene il ricordo prezioso delle parole di Piero Chiara, in un suo racconto pubblicato sul Corriere della Sera: “(…) I Castelli di Cannero, Isole ideali e perfette, queste ultime, perché non sono altro che distinte fortezze circondate dalle acque: turris in undis. Più dell’Isola Bella, coi suoi giardini pensili, più della verde Isola Madre e dell’Isola Pescatori che è un intero paese a fior d’acqua, i Castelli di Cannero mi parvero fin dalla prima volta che li vidi dal battello sfilare sulla destra, le più autentiche isole, le più circoscritte, le più definite e definibili di quante ne avessi mai viste o sentite nominare. La più grande tutta costruita torno torno alla riva, altissima e turrita, la seconda, col castello minore e un breve prato che lingueggia in direzione di un piccolo porto, la terza, appena uno scoglio, un diedro di roccia con qualche ciuff o di verde e un albero solitario”.
Vi si arriva in barca via lago, dalla terraferma, percorso fondamentale per rendere il senso originario di separazione dei Castelli dalla stessa. La prima magia per chi approda è poter viaggiare lungo il perimetro dell’isolotto, che permette di scoprire l’interessante struttura museale, affacciata sul lago, posta a protezione dei due antichi complessi fortificati: la rocca principale e l’edificio delle prigioni. Che rinascono, quasi museo di se stessi, dal restauro eseguito dallo studio Simonetti Architettura di Torino. Si è tenuto a sottolineare, a proposito di restauro, il rispetto profondo della rovina e dell’identità storica del sito, evitando ogni forma di ricostruzione che avrebbe alterato l’autenticità delle strutture. Il viaggio a piedi, tra gli spazi e le opere esposte, si fa esperienza multimediale, grazie al progetto espositivo e narrativo “Cannero Walking tales”, curato dallo studio Dotdotdot, accompagnato da voci, musica ed effetti speciali e supportato da heritage, realtà aumentata e narrazione immersiva. “Si tratta di un progetto frutto di una ricerca pluriennale sulle potenzialità della tecnologia, per integrare in modo leggero, sottile e non invasivo, contenuti narrativi all’interno di spazi espositivi e territori”. L’audio si attiva automaticamente durante la visita e il sito stesso si fa voce narrante, oltre a personaggi e a un paesaggio a sua volta dialogante. “Il mio nome è torre Vitaliana, eretta tra le onde del Verbano e battezzata dal nome della stirpe primitiva. Ludovico Borromeo mi volle così alta, affinché diffondessi la gloria dei Vitaliani, aperta agli amici, ma inaccessibile ai nemici”.
Sono proprio queste parole, scolpite su di una lapide della stessa torre, e diffuse via audio, ad aprire il viaggio della visita alla fortezza, che si svolge per lo più lungo i percorsi di ronda, tra capitelli, lapidi e intonaci, ma comprende anche spazi interni con affreschi. Le tappe principali conducono dalla Corte d’Ingresso alla Corte Vitaliana, passando per la Sala della Guardia, i camminamenti sonorizzati, la Sala delle Armi, la Torre del Mastio e la Torre del Belvedere, la Corte Malpaga e la Sala della Contessa. Tra le principali installazioni si incontrano lo specchio magico nella torre vitaliana, dove è possibile osservare animazioni riguardanti la fase costruttiva e di abbandono e le multi-proiezioni nel Mastio riguardanti l’assedio del 1523, ma anche la vita quotidiana nel 1551 e la zecca clandestina nel 1645. Un’altra installazione racconta la Araldica Borromaica e il rapporto tra stemmi e architetture del circuito Terre Borromeo.
La Rocca Vitaliana fu costruita tra il 1519 e il 1526 su iniziativa di Vitaliano Borromeo, ma nel corso degli anni venne progressivamente abbandonata. Ma anche visitata da ospiti come Turner, che la dipinse nel 1843 e solo 5 anni più tardi da Garibaldi, che vi si rifugiò dopo la battaglia di Luino. La soddisfazione degli ideatori del progetto museale e di chi l’ha voluto si è felicemente esternata nell’emozione di un traguardo raggiunto, grazie a competenza, amore per il bello e rispetto per la storia. Vi suggeriamo di esplorare anche gli altri musei borromaici, innanzitutto quelli vistabili passeggiando per le sale dei palazzi dell’Isola Bella e dell’Isola Madre. O anche della Rocca di Angera, sede di mostre ed eventi, dove si trova lo scenografico Museo della Bambola e del giocattolo, accanto agli antichi affreschi che raccontano la storia del castello. Ma non si dimentichino gli altri musei del Verbano che permettono ogni giorno una sorpresa. Come il Museo Manzoni a Lesa, dove lo scrittore si rifugiò per sfuggire all’occhiuta polizia austriaca o il Museo Rosmini di Stresa a Villa Bolongaro, dove risiedeva il sacerdote, e dotto filosofo, che di Manzoni fu amico fraterno. Da non scordare il sempre affascinante Museo del Paesaggio, a Pallanza, con i dipinti di maestri come Daniele Ranzoni e le immortali sculture di Paolo Troubetzkoy.
Il Museo archeologico di Sesto Calende e quello dei vetri romani a Locarno sono altre imperdibili mete su altre sponde. Ma anche il bel museo Parisi-Valle di Maccagno offre nel suo spazio magico tra acqua e cielo contenuti e mostre di alta qualità, come l’attuale dedicata allo scultore Eugenio Pellini (1864-1934) e nuove proposte per l’anno in corso, compreso il nuovo Spazio Muma. Godiamoci dunque questa liaison di cultura, bellezza e turismo, con perle da cogliere vicino a casa, sul più affascinante dei laghi. Lo scrittore luinese Piero Chiara, da innamorato del Verbano, così chiudeva quel suo racconto, intitolato Isole: “Altre isole, avvolte dalle correnti o velate dalle foschie, ho visto sfilare nei mari. Ma è solo al ricordo dei Castelli di Cannero, di quella stanza, di quei tondi di luce balenanti dallo specchio del lago, che mi è possibile sentire cosa sia un’isola: un cerchio chiuso, un rifugio inviolabile, l’immagine della salvezza e della sopravvivenza”.