Le ragazze della Luna

Un racconto corale, fatto di 20 storie di donne italiane che con la loro preparazione contribuiscono alla ricerca e alle attività spaziali

Amalia Ercoli Finzi, nata a Gallarate e residente a Marzio, è una delle personalità più rilevanti al mondo nel campo delle scienze e delle tecnologie aerospaziali. A parlare per lei è il suo curriculum: prima donna a laurearsi in ingegneria aeronautica in Italia, Grand’Ufficiale della Repubblica Italiana, professoressa emerita al Politecnico di Milano, consulente scientifica della NASA, dell’ASI e dell’ESA, Principal Investigator responsabile dello strumento SD2 sulla sonda spaziale Rosetta e, di recente, insignita del Premio Chiara alla Carriera 2025 “per l’inestimabile contributo, da grande scienziata e divulgatrice, che con il suo stile semplice, comunicativo ed empatico, ha saputo avvicinare alla scienza aerospaziale un vasto pubblico”.
Ercoli Finzi, classe 1937, anche dopo il ritiro dall’insegnamento, ha proseguito la sua collaborazione con il Politecnico di Milano, realizzando studi sulla possibilità di atterraggio di un equipaggio umano su Marte e di realizzazione di un orto botanico sulla Luna. Lo scorso anno ha anche pubblicato un libro, intitolato “Le ragazze della Luna”, edito da Mondadori, scritto insieme alla figlia Elvina Finzi e al genero Tommaso Tirelli: una storia corale che parla del contributo delle tante donne italiane alla ricerca e alle attività spaziali.

Qual è il messaggio che “Le ragazze della Luna” vuole trasmettere?
Questo libro, scritto a 6 mani, vuole mandare un messaggio molto chiaro: vogliamo dire alle ragazze che con preparazione, volontà e fiducia in se stesse, possono raggiungere qualsiasi obiettivo si prefiggano. Anche, e specialmente, in ambiti tradizionalmente maschili come quello spaziale, che ancora oggi vede uomini ricoprire la maggior parte delle posizioni apicali. Ho vissuto in prima persona la nascita delle attività spaziali: quando nel 1957 fu lanciato lo Sputnik, capii subito che qualcosa di rivoluzionario stava iniziando. Con questo libro raccontiamo un mondo, maschile ma non maschilista, che io ho visto nascere e svilupparsi, un mondo popolato da donne italiane competenti e appassionate. Abbiamo intervistato 20 ragazze che oggi giocano un ruolo centrale nel settore spaziale, sotto punti di vista diversi: dalla tecnologia alla politica, dalla comunicazione alla sostenibilità.

Cosa significa, per una donna, guardare lo Spazio con occhi diversi rispetto alla narrazione tradizionale, caratterizzata da una forte presenza maschile?
Significa, innanzitutto, considerare lo Spazio come uno spazio anche nostro e non solo ad appannaggio degli uomini. Le donne di cui raccontiamo le storie nel libro “Le ragazze della Luna”, ci lavorano in tutti i settori: dall’astronautica alla progettazione dei lanciatori di Elon Musk, dalla sostenibilità delle missioni spaziali agli studi per coltivazioni su Marte. Con un gioco di parole, possiamo dire che c’è spazio per tutte. Lo Spazio è da intendersi come un’estensione della Terra: ci aiuta a risolvere problemi quotidiani grazie ad una visione super partes. Le donne possono e devono trovare un posto adeguato in questo contesto.

Secondo il Global Gender Gap Report 2024, la presenza femminile nelle discipline STEM è ancora inferiore a quella maschile. Cosa si dovrebbe fare, concretamente, per colmare questo divario?
Le STEM sono le discipline del futuro, eppure le donne che vi accedono sono ancora troppo poche, meno del 20% del totale. Serve partire dall’infanzia per costruire nuove figure e dare coscienza alle bambine e alle ragazze non solo di poter lavorare in ambiti maschili, ma di doverlo fare. Noi donne portiamo un punto di vista diverso, non necessariamente migliore, ma complementare a quello maschile. Abbiamo una naturale propensione alla cura e all’attenzione per le conseguenze del nostro agire, anche in campi insospettabili, qualità fondamentali in una società complessa come la nostra. Lo Spazio, ad esempio, ha ricadute concrete anche in ambito medico: è un ecosistema che interagisce con tutti gli altri. Saperne cogliere le connessioni è cruciale e le donne sono molto portate a farlo. Questa capacità di vedere lontano e intuire le conseguenze di ciò che si fa è fondamentale e va portata sul tavolo delle decisioni.

Guardando ai prossimi anni, quale sarà la frontiera più affascinante per la ricerca spaziale? Crede che l’umanità metterà piede su Marte entro questa generazione?
Sì, credo che accadrà. Il programma Artemis, oggi in corso, ci aiuterà ad esplorare di nuovo la Luna, ma con l’obiettivo di prepararci per Marte. Le missioni automatiche che coinvolgono macchine e mezzi di svariata natura ci sono già, ma la presenza umana sarà necessaria per affrontare le situazioni più critiche. Sono convinta che entro la fine degli anni ‘30 o l’inizio degli anni ‘40 un equipaggio umano raggiungerà Marte. Io probabilmente non riuscirò a vederlo, ma penso che la bambina che realizzerà questo sogno sia già nata.

Il Premio Chiara alla Carriera è un riconoscimento che celebra personalità di spicco nel campo della cultura e della comunicazione. Che significato ha per lei riceverlo?
È un grande onore. Questo premio è un’occasione per riconoscere che ci sono donne, in Italia e in tutto il mondo, che hanno dedicato la loro intera vita a mandare messaggi forti e a fare cose che, come nel mio caso, sembrava non fossero destinate a fare. Sono riconoscente per questo.

Lei è una scienziata, un ingegnere, ma anche una divulgatrice. Quanto è importante, a suo avviso, il racconto della scienza
per avvicinare il pubblico a tematiche complesse come l’esplorazione spaziale?

È fondamentale. Bisogna far passare il messaggio che chi fa ricerca è una persona come le altre, con la sola differenza di aver avuto la fortuna di dedicarsi a qualcosa di interesse collettivo. La scienza è un patrimonio comune: tutti devono interessarsene e sapere come vengono investite, ad esempio, le risorse pubbliche. Una buona divulgazione aiuta a formare cittadini consapevoli, capaci di giudicare e partecipare attivamente alle decisioni collettive.

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