Ricordi dal sottosuolo
Difficile da credere ma, sotto la città di Varese, corre una fitta rete di bunker antiaerei, utilizzati nel corso della Seconda Guerra Mondiale, come rifugi per la popolazione durante bombarda
Difficile da credere ma, sotto la città di Varese, corre una fitta rete di bunker antiaerei, utilizzati nel corso della Seconda Guerra Mondiale, come rifugi per la popolazione durante bombardamenti provenienti dal cielo. Grazie ad una collaborazione tra il Comune di Varese e il Gruppo Speleologico Prealpino, 2 dei 7 percorsi varesini sono aperti al pubblico e possono essere esplorati durante delle visite guidate, alla scoperta di un mondo sotterraneo dall’immenso valore storico
‘‘Lo ricordo come se fosse oggi il secondo bombardamento di Varese del 1944. Era una domenica mattina, eravamo andati a fare una passeggiata con mio padre e la mia sorella più piccola, quando verso le 11:30 vedemmo arrivare in lontananza uno stormo di aerei che, dopo aver sorvolato la città, fecero una strana virata dietro al Campo dei Fiori. Pochi minuti più tardi ne arrivò un altro dalla parte opposta che, congiungendosi al primo, fece capolino sulla sommità del Campo dei Fiori. Fu in quell’istante che mio padre capì cosa stesse per succedere e ci disse di correre più forte che potevamo e di cercare un riparo al coperto. Fu allora che gli aerei scesero in picchiata sulla città e le sirene cominciarono a suonare. Alcuni momenti dopo si cominciarono a udire i sibili delle bombe e la terra cominciò a tremare”. Questo il racconto di una testimone oculare, la signora Stefania Longoni, recentemente scomparsa, che ben 79 anni fa visse in prima persona la paura e lo sgomento di un attacco aereo.
“Il bombardamento non durò a lungo, ma quel tempo a me sembrava infinito. Obiettivo di quell’incursione era L’Aeronautica Macchi, che si trovava in via Sanvito Silvestro, di fianco al Grand’Hotel Palace che in quel momento era stato trasformato in un ospedale militare. Da quella incursione la fabbrica uscì indenne, non altrettanto l’ospedale militare che invece fu colpito e ci furono parecchi morti – proseguiva ancora la signora Longoni nella sua testimonianza, scavando tra i ricordi lontani –. Dopo quei primi bombardamenti aerei, ci furono altri allarmi e mi capitò diverse volte di scappare nei vari rifugi dislocati per la città, che avevano dimensioni diverse: ce n’erano di più grandi e di più piccoli, alcuni contenevano al massimo una decina di persone. La maggior parte erano stati realizzati nel 1944. Quando si sentiva suonare l’allarme si cercava di dirigersi verso quello più vicino, dal quale si usciva solamente quando la sirena segnalava il cessato allarme. Là sotto capitava di tutto: c’era gente che pregava, chi recitava il rosario, chi preso dal panico gridava che saremmo morti tutti, altri ancora dissimulavano la paura fingendo che tutto era sotto controllo per non spaventare i bambini. Per fortuna a me e alla mia famiglia andò sempre bene”.
Dagli eventi tramandati dalla signora Stefania, è trascorso quasi un secolo ma per lungo tempo di quei rifugi antiaerei varesini non se ne è più saputo nulla. Poi nel 2011, grazie alla collaborazione tra il Comune di Varese e il Gruppo Speleologico Prealpino, si è voluto fare conoscere la storia, anche a chi non l’aveva vissuta in prima persona, rendendo visitabili due dei sette principali bunker della città. Il primo e meglio conservato è quello di via Lonati, di fronte al parcheggio dell’Aci. Questo rifugio attraversa la collina dei Giardini Estensi e sbuca nei pressi della piscina comunale di via Copelli. Sui suoi muri si possono ancora leggere alcune comunicazioni di servizio come: “Ordine e calma”, “Uscita di sicurezza” e “Posto di soccorso”. A metà circa dei 140 metri del tunnel alto 2 metri e largo 3, vi è un’uscita di sicurezza, a cui si accede tramite una scala a chiocciola che sbuca in prossimità del trenino per bambini vicino a Villa Mirabello. Il secondo bunker, molto meno conosciuto, è quello che si trova in viale dei Mille. Questo rifugio è molto più grande e più lungo di quello che corre sotto ai giardini Estensi e non ha scritte sui muri. La sua galleria principale è lunga ben 200 metri e poteva contenere 800 persone. Il suo sviluppo assomiglia ad una U allungata. Dopo un primo tratto iniziale di una quarantina di metri, ci si immette nella parte principale che ospita una latrina, un’infermeria e un’uscita di emergenza.
Quasi in fondo alla galleria, capita di imbattersi in una “sorpresa” naturalistica inaspettata: il microclima particolare e la perfetta ventilazione di questo tunnel, hanno permesso nel corso degli anni la creazione di centinaia di stalattiti che, scendendo dal soffitto, regalano una visione a dir poco suggestiva: diverse superano il metro di lunghezza. Chinando la testa e proseguendo oltre, dopo aver svoltato a sinistra, una nuova scoperta attende i visitatori del bunker antiaereo: sul pavimento della galleria, nella parte di sinistra, è possibile ammirare delle concrezioni calcaree.
“Le visite ai due bunker varesini sono programmate in alcune date fisse e altre straordinarie. Oltre a quelle con le scolaresche, abbiamo organizzato, ad esempio, una visita al mese, generalmente il sabato pomeriggio. Poi ci sono quelle legate ad eventi particolari: il primo sarà il Falò di Sant’Antonio, poi le notti bianche, l’Agrivarese e il 2 giugno. Ma se un gruppo che supera la decina di persone desidera visitare i bunker, basta che ci contatti e possiamo organizzare una visita guidata compatibilmente con i nostri impegni”. A parlare è Guglielmo Ronaghi, Presidente del Gruppo Speleologico Prealpino che racconta anche la volontà di rendere fruibile al pubblico altri percorsi, finora non accessibili: “Nel bunker di via Lonati, quello più frequentato, registriamo circa 2.500-3.000 visite annue, mentre in quello in via dei Mille, tra le 600 e le 700. Ci piacerebbe venisse aperto anche il rifugio che corre al di sotto di piazza della Repubblica, ma si tratta di un progetto di cui, probabilmente, si parlerà più avanti”.