I nuovi incentivi introdotti nell’ultima legge di bilancio, il Progetto Elite, i Pir, le Spac: aumentano le opportunità e, soprattutto, gli investitori disposti a sostenere le Pmi che decidono di sbarcare a Piazza Affari. Intervista a Barbara Lunghi, a capo dei Primary Markets di Borsa Italiana

L’aspettativa è alta: “almeno 40 aziende nel 2018, 60 nel 2019, altrettante nel 2020”. Totale: 160 Pmi che nei prossimi tre anni potrebbero beneficiare degli incentivi fiscali previsti dalla legge di bilancio 2018. L’auspicio, più che il pronostico, è di Barbara Lunghi, Head of Primary Markets di Borsa Italiana. I numeri sono comunque alla portata delle piccole e medie imprese italiane che da quest’anno, decreto attuativo permettendo, potranno contare su un credito d’imposta del 50% dei costi sostenuti per le attività di consulenza necessarie per lo sbarco sul mercato, per un massimo di 500mila euro e in rapporto al numero di domande presentate. Le risorse ci sono: 80 i milioni di euro stanziati per il periodo 2018-2020. Ma, incentivi a parte, per le Pmi che guardano alla Borsa le opportunità sono in aumento. Pir, Spac, Progetto Elite: le strade sono più di una e portano tutte verso il mercato dei capitali ed in particolare Aim Italia, il mercato di Borsa Italiana dedicato proprio alle realtà aziendali più piccole o medie. “Costi e risorse, però - avverte Barbara Lunghi - non sono i veri ostacoli alla quotazione. I freni sono ancora tutti culturali. La vera molla che spinge le aziende al grande passo è, e rimane, l’ambizione”.

L’ambizione a cosa?
A diventare più grandi, a pensare più in grande. Per troppo tempo in Italia si è abusato del classico credito bancario per finanziare progetti di medio e lungo periodo. La Borsa, in questo senso, rappresenta invece uno strumento potente di sostegno alla crescita non solo per le singole imprese nelle loro attività di acquisizione di altre realtà, di internazionalizzazione e di investimento in ricerca e sviluppo, ma per tutto il Paese. Parliamo di un vero e proprio asset di politica industriale, fino ad oggi, troppo poco sfruttato e incentivato, ma le cui potenzialità e facilità di accesso stanno aumentando. La crescita del Paese dipende anche da questa sfida.

Ossia la sfida di sconfiggere i timori delle imprese di quotarsi?
Sì, anche. Le aziende che si quotano crescono di più delle altre, sono più competitive e rendono più competitivo tutto il sistema-Paese. Tanto per dare un’idea, il capitale delle 98 società quotate all’Aim Italia, grazie alla raccolta a cui hanno dato vita sul mercato, è aumentato di 3 miliardi di euro. Inoltre le aziende quotate hanno una maggiore capacità di attrarre e trattenere i talenti all’interno delle proprie risorse umane e del proprio management.

All’Aim di Milano sono quotate 98 aziende, a quello di Londra 950. Cosa ci dicono questi numeri? Sono la misura di un’arretratezza finanziaria?
Direi che sono uno stimolo. L’Inghilterra per noi è una realtà numericamente molto distante. La dice lunga il fatto che a Londra la raccolta abbia sfondato il tetto dei 100 miliardi di sterline  dalla nascita del mercato nel 1995, confluiti in imprese di piccole e medie dimensioni con un impatto sull’economia e sul Pil e su tutta la filiera che cresce insieme alle aziende quotate. Questo non può che essere un punto di riferimento per un’economia come la nostra fatta di Pmi che potrebbero avvantaggiarsi di benefici analoghi.

Ma l’obiettivo è veramente alla nostra portata?
La cultura delle imprese sta cambiando. Il numero delle società che sono oggi in Elite è indicativo di questa diversa sensibilità. Il mercato in Italia c’è, pur essendo giovane. Fino a ieri mancavano gli incentivi agli investitori, presenti viceversa in altri Paesi, ma l’introduzione dei Pir, i Piani Individuali di Risparmio, ha colmato questo vuoto. Nel 2017 i Pir hanno raccolto 11 miliardi di euro che per il 21% dovranno essere investiti proprio nelle piccole e medie imprese. Sono denari che possono rendere possibili nuove operazioni e rendere più liquide le aziende già sui listini.

“La Borsa rappresenta uno strumento potente di sostegno alla crescita non solo delle singole imprese ma di tutto il Paese. Parliamo di un vero e proprio asset di politica industriale”

Come i Pir hanno innescato questo meccanismo positivo a sostegno delle imprese?
I Pir sono stati costruiti proprio per canalizzare i risparmi degli italiani verso l’economia reale. Ciò attraverso un’esenzione fiscale sul capital gain, a patto che l’investimento venga mantenuto per 5 anni. Il 70% dei Pir devono essere investiti in strumenti finanziari emessi da società italiane e per il 30% del suddetto 70% in Pmi. Il Governo stimava una raccolta di 1,8 miliardi, la realtà ha superato le aspettative: in un solo anno sono stati raccolti 11 miliardi convogliati in oltre 60 fondi a disposizione del finanziamento delle imprese. Ad oggi questi danari vengono perlopiù investiti in società quotate. Lì bisogna andare per prenderli. Lì ci sono investitori disposti a investire sulle nostre Pmi.

Che cosa sono invece le Spac che tanto stanno avendo successo?
Sono veicoli di investimento che si quotano in Borsa con l’obiettivo di acquisire una società, fondersi con essa e portarla così sui listini. Come è avvenuto per esempio per un’importante azienda della provincia di Varese: la Lu-Ve Spa. Dal lato della raccolta le Spac stanno funzionando per l’abbondanza di liquidità sul mercato e per la presenza di team di promotori con buona reputazione ed esperienza nel mondo dell’industria e della finanza, che fanno da tramite tra l’impresa e gli investitori. Dal lato delle imprese, invece, rispetto al processo di quotazione tradizionale, le Spac accelerano lo sbarco sui listini, poiché portano in dote i capitali già raccolti sul mercato. Anche qui parliamo di risorse importanti: 2,7 miliardi di euro pronti per essere investiti in aziende di successo, che si aggiungono al miliardo già investito, in aziende ora quotate sul mercato, come Lu-Ve.

Quante delle 520 imprese italiane che partecipano ad Elite alla fine secondo lei si quoteranno? La crescita di Elite è il preludio a un boom di sbarchi a Piazza Affari?
Sono numeri difficili da dare. Anche perché Elite non è un percorso che ha come obiettivo necessariamente la quotazione. Ad oggi sono 11 le aziende di Elite che si sono quotate. Altre ce ne saranno sicuramente in futuro. Elite farà da acceleratore, ma in questo caso è la crescita delle competenze e della cultura finanziaria del management delle aziende italiane la vera leva del progetto, a cui hanno deciso di aderire così tante realtà in crescita della nostra economia.


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