Come ogni anno la primavera è stagione di dati Istat sull’occupazione nei vari territori italiani. Un bilancio che, per la provincia di Varese, risulta essere positivo. I numeri del 2016 mostrano, infatti, un’inversione di tendenza e un leggero miglioramento per l’economia locale all’ombra delle Prealpi. Nel confronto con il 2015 sono aumentate le forze lavoro. La partecipazione al mercato occupazionale, misurata dal tasso di attività (pari al rapporto tra forze lavoro e popolazione residente), è salita nel 2016 al 71,2%, contro il 70,1% dell’anno precedente. Sono in crescita anche gli occupati e il tasso di occupazione (pari al rapporto tra occupati e popolazione residente), passato al 65,3% del 2016 dal 63,7% del 2015. Il trend è unanime e punta in ambo i casi ad un miglioramento, ciò che fa la differenza sono i valori. E dunque sorge spontanea una domanda di chiarimento: che differenza c’è tra questi due metri di misura? Il tasso di attività comprende nel calcolo non solo quelli che un posto già ce l’hanno, ma anche quelli che si sono attivati per trovarlo, lavoratori ed aspiranti lavoratori, dunque. Il tasso di occupazione, invece, prende in considerazione solo chi un impiego lo ha. 

L’aumento della partecipazione delle donne per compensare i redditi familiari. Il prolungamento degli studi per i giovani. La crescita del tasso di incidenza per chi ha più di 55 anni, per via dell’innalzamento dell’età pensionabile. Tutti i cambiamenti dell’occupazione in provincia di Varese alla luce degli ultimi dati Istat

Il delta, ossia la differenza, è dato dal tasso di disoccupazione (pari al rapporto tra i disoccupati e le forze lavoro) che in provincia di Varese, nell’ultimo anno, si è lievemente ridotto scendendo all’8,2% rispetto al 9% rilevato nel 2015.
Si tratta senza dubbio di un primo segnale di miglioramento che nasce dal confronto nel breve periodo con il 2015, anno in cui si era registrato un record negativo, legato ancora agli effetti e all’onda lunga della crisi economica. 

Ma, provando ad allargare l’orizzonte temporale a un periodo più lungo, quali sono stati i cambiamenti nel mercato del lavoro varesino in questi ultimi anni e chi ha riguardato maggiormente?
Un primo dato interessante è l’aumento della partecipazione al mercato del lavoro: il tasso di attività risulta, infatti, in crescita anche rispetto ai valori pre-crisi (nel 2007 era pari a 69,8%). In questi anni, nonostante le difficoltà di un’economia in affanno, è aumentata la quota di popolazione che è entrata o che comunque sta provando ad entrare nel mercato del lavoro. In pratica gli inattivi, quelli cioè che un lavoro non solo non ce l’hanno, ma nemmeno lo cercano, si stanno riducendo.

Questa dinamica è dovuta a un duplice effetto: da un lato è cresciuto il tasso di attività per le donne (63,1% nel 2016 rispetto al 59,6% rilevato nel 2007) che hanno incrementato la loro partecipazione al mercato del lavoro per compensare il calo registrato nell’occupazione maschile e per cercare di bilanciare i redditi familiari; dall’altro lato è legato agli effetti della riforma delle pensioni che ha portato a un innalzamento dell’età pensionabile. Il tasso di attività è cresciuto, infatti, notevolmente soprattutto per la categoria delle persone con età compresa tra i 55 e i 64 anni per cui è salito al 51,6% rispetto al 33,6% rilevato nel 2007, con una crescita di quasi 20 punti percentuali in meno di 10 anni. 

Una seconda evidenza nel medio lungo-termine è che, purtroppo, l’aumento della partecipazione al mercato del lavoro non sempre si è tradotto in nuovi posti di lavoro, soprattutto in un momento di crisi come quello appena passato che ha, anzi, portato alla perdita di posizioni occupazionali. Nel medio-lungo periodo si è quindi assistito ad una riduzione del tasso di occupazione (sceso di circa 2 punti e mezzo percentuali rispetto al 2007) e ad un aumento di quello di disoccupazione (cresciuto di ben 5,3 punti percentuali). Questi trend hanno riguardato sia le donne che gli uomini. Categoria, invece, che ha visto un aumento del tasso di occupazione è quella delle persone vicino all’età pensionabile (il tasso di occupazione tra i 55-64 anni è cresciuto fino ad arrivare al 49%, partendo dal 33,3% del 2007), sempre per effetto della riforma delle pensioni.

Un discorso a parte va fatto, invece, per i giovani. Le preoccupazioni nel trovare un’occupazione in un periodo di crisi hanno spinto molti di loro a ritardare l’ingresso nel mercato del lavoro e prolungare gli studi. La partecipazione al mercato del lavoro per i giovani tra i 18 e i 29 anni è scesa nel corso del tempo e il tasso di attività è passato dal 67,9% rilevato nel 2007 al 63,8% del 2016. Nello stesso intervallo di tempo è diminuita anche l’occupazione giovanile ed è salita la disoccupazione. Il tasso di disoccupazione tra i 18 e i 29 anni ha raggiunto il livello del 23,7% nel 2016, nel 2007 era al 4%. Qualche segnale positivo arriva comunque nel breve termine anche per i giovani: rispetto al 2015 il tasso di occupazione giovanile ha registrato un miglioramento di 4 punti percentuali, arrivando al 48,7%, e il tasso di attività di 5 punti percentuali.

I dati mostrano che i gap rispetto ai livelli pre-crisi permangono e ci vorrà ancora del tempo per colmarli. A questi differenziali si aggiungono i cambiamenti nel mercato del lavoro che sono stati imposti dai mutamenti di contesto e normativi. Il 2016 rimane comunque l’anno che ha segnato un segnale positivo di svolta nel breve termine.  

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