L’alimentare guarda con sempre più interesse all’Australia. Il tessile-abbigliamento cresce grazie all’effetto traino delle piazze orientali. Positivi anche i dati dei metalli preziosi e dell’arredamento. Il punto sull’export del “Bello e Ben Fatto” varesino che, insieme a quello di tutti gli altri settori industriali (meccanica in testa), fanno di questa provincia la realtà produttiva più internazionalizzata della Lombardia

“Ad Expo 2015 abbiamo presentato i nostri prodotti al mondo con altre imprese del settore del Varesotto. Da soli non ce l’avremmo fatta, non ne avevamo le forze. Ora però, proprio grazie alla presenza di allora all’Esposizione Universale di Milano, intratteniamo rapporti commerciali con l’Australia”. Chi parla è Angela Ribolzi, Presidente del Gruppo merceologico “Alimentari e Bevande” dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese e titolare della Norden, impresa di Osmate produttrice di formaggi. Una piccola realtà, con un numero di dipendenti che si contano sulle dita di una mano. Eppure la dimensione non frena le ambizioni dell’impresa aderente, insieme ad un’altra decina di aziende della provincia prealpina, al progetto del Consorzio import-export Provex, avviato in stretta collaborazione con l’Unione Industriali, che mira ad accompagnare le realtà varesine del settore food & beverage, fino ai confini del pianeta, nel mercato geograficamente più lontano. Quello australiano, appunto. Solo qualche giorno fa si è chiuso l’evento espositivo internazionale Fine Food di Sydney, dove l’industria del Varesotto era presente con cinque imprese, Angela Ribolzi compresa. Ultima tappa di un percorso che poco meno di un anno fa aveva portato altre dieci aziende del Varesotto a partecipare ad una missione esplorativa sempre a Sydney e a Melbourne. 

Anche il Bello e Ben Fatto varesino non teme dunque confini. Letteralmente. Pur essendo dall’altra parte del mondo l’Australia rappresenta per le imprese alimentari del Varesotto il settimo mercato di sbocco. Nel 2016 le vendite sono ammontate a 17,9 milioni di euro, in crescita del 2,6%. Un dato coerente con l’aumento generale dell’export locale del settore a livello mondo che ha registrato l’anno scorso un +10,9%, arrivando a quota 492,3 milioni di euro. La prima destinazione è la Gran Bretagna che acquista cibo e bevande da Varese per 94,3 milioni. Segue la Francia con 84,2 milioni. Terzi sono gli Stati Uniti (50,4 milioni) che rappresentano anche il Paese dove si è registrato il più alto balzo in avanti: +34,5%.

Un trend quello positivo dell’alimentare made in Varese confermato anche nel 2017, che si è aperto con un primo trimestre in aumento del 15,7%. Ma è un po’ tutto il Bello e Ben Fatto varesino ad aver iniziato l’anno con il piede giusto. Il Tessile e Abbigliamento, ad esempio, che rappresenta l’ottavo distretto produttivo italiano del settore per numero di addetti (quarto per il solo comparto tessile), dopo un 2016 che si è chiuso con un -3,3%, ha cercato subito di invertire la tendenza con un +1% tra gennaio e marzo 2017, rispetto allo stesso periodo dell’anno prima, messo a segno grazie all’effetto traino delle piazze orientali: come la Cina (+21%), Hong Kong (+11%), Corea del Sud (+38,2%). Bene anche le imprese produttrici di mobili: +8,27% nel primo trimestre. Variazione positiva anche per i metalli preziosi: +19,4%. Più difficile, a livello statistico provinciale, ricostruire l’andamento dell’occhialeria, spacchettato in diversi codici Istat. Rimane, comunque, l’importanza strutturale di un distretto industriale, quello varesino dell’occhiale, tra i più importanti a livello nazionale. I numeri sono di tutto rispetto: 60 imprese, 1.800 addetti e una quota di export sul fatturato pari al 48,4%. 

Ma le esportazioni varesine non sono generate solo da quel Made in Italy che il Centro Studi Confindustria e Prometeia classificano nella categoria “Bello e Ben Fatto”. Alla moda, allo stile e al lusso, per avere un quadro completo della presenza industriale del Varesotto nel mondo, non si può che aggiungere tutto il cuore pulsante del manifatturiero locale: quello della meccanica (che rappresenta da solo più del 60% dell’export locale). A cui poi occorre affiancare la gomma-plastica e la chimica-farmaceutica. Settori a loro volta composti da comparti che, presi singolarmente, sono tutti in crescita sui mercati internazionali. L’unico a soffrire in questo particolare momento è l’aerospazio, su cui pesano dinamiche particolari legate al settore, che stanno dando vita a “un periodo particolarmente complesso e altalenante”, come spiega lo stesso Presidente del Lombardia Aerospace Cluster, Angelo Vallerani

Detto questo, comunque, l’export varesino, visto nel lungo periodo, è in crescita e fa della provincia all’ombra delle Prealpi una delle più internazionalizzate realtà industriali italiane. Lo ha confermato anche una recente ricerca di Confindustria Lombardia, svolta in collaborazione con la Sda Bocconi, intitolata “Strategia di Internazionalizzazione, commitment e performance delle Pmi lombarde”. Da cui emerge che, seppur in una classifica corta, Varese è la provincia in regione più proiettata sui mercati esteri. Ciò sulla base delle vendite oltre confine delle imprese, che nel Varesotto rappresentano il 49,9% del totale. Staccando di una incollatura Cremona che si ferma al 49,8%. Ma la ricerca risponde anche alla domanda su quali saranno i mercati su cui le imprese lombarde scommetteranno di più nei prossimi anni. Nelle risposte multiple delle imprese spicca la Russia con il 24,8% delle preferenze. E poi a seguire risultati un po’ più scontati: Usa (23,1%), Cina (18,2%), Germania (15,6%), India (13,1%). E poi la vera sorpresa: l’Iran con il 12,2%. 

Fin qui le previsioni. Stando ai dati certi, come ricorda la ricerca di Confindustria e Prometeia “Esportare la Dolce Vita”, l’attenzione per i mercati emergenti non deve far, però, dimenticare che sono comunque i Paesi avanzati quelli su cui si concentra la più grande fetta in valore assoluto dell’export del made in Italy. E questo vale anche per Varese che nelle prime cinque destinazioni conta Stati come la Germania (primo partner commerciale dove piazziamo il 13% delle esportazioni locali), la Francia (11%), il Regno Unito (6%), gli Stati Uniti e la Svizzera (entrambi al 5%). Economie sviluppate e a volte lontane. Anche a livello generale, così come per l’alimentare da cui siamo partiti, infatti, l’Australia entra nella classifica dei primi 10 mercati di sbocco di tutto l’export varesino. Nona posizione per l’esattezza: 268 milioni di euro e una quota del 3%. A volte ci si stupisce quanto possa essere piccolo il mondo visto da un’impresa del Varesotto. Anche se è una Pmi. 

 

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