Castelgrande, Sasso Corbaro, Montebello. Non siamo in Italia, come i nomi di questi tre castelli possono suggerire, almeno non dal punto di vista politico. È il Cantone Ticino, l’angolo di Confederazione Elvetica più prossimo per clima e cultura al nostro Paese, la meta del nostro viaggio fuoriporta. Perché fuori porta lo è davvero: pochi minuti d’auto separano il Varesotto da Bellinzona, piccola capitale (meno di 20mila abitanti, che salgono a 50mila comprendendo l’intero territorio intorno) del Ticino svizzero.

Bellinzona e i suoi castelli. Atmosfere d’altri tempi lungo la strada fra il Gottardo e il Lago Maggiore

Per arrivarci da Varese si può scegliere l’autostrada (ma occorre il bollino, che si acquista in frontiera) entrando a Cantello o a Ponte Tresa oppure preferire la strada panoramica che costeggia il Verbano, entra in Svizzera a Pino sulla sponda del Lago Maggiore (fino a due anni fa, quando è stato inglobato con Maccagno, il Comune italiano col nome più lungo, ben trenta lettere), attraversa il Malcantone e giunge in breve a destinazione nonostante il traffico feriale sia piuttosto sostenuto. Mano a mano che ci si avvicina si dimentica il traffico e si ammirano anzitutto le colline che si alzano intorno alla città: così diverse da quelle varesine, perché ancora oggi coltivate a vigneti. Qui il Merlot, gloria ticinese, è di casa.

Castelgrande: al castello in ascensore
Dicevamo: i castelli. Belli, robusti, imponenti. Sono Patrimonio Unesco. Si annunciano ai visitatori già da lontano, com’era ai tempi medioevali (ma di un Medioevo che già sapeva di Rinascimento) per incutere il giusto timore a chi transitava con armi e bagagli lungo la via commerciale che dalla pianura lombarda puntava ai valichi alpini e, da lì, ai territori tedeschi. Sono visitabili dietro modesto biglietto da acquistare in loco e non deludono.

Castelgrande: la fortificazione più imponente, unica nel suo genere in tutto l’arco alpino, alta sulla collina di San Michele che domina la valle del fiume Ticino

Castelgrande: la fortificazione più imponente, unica nel suo genere in tutto l’arco alpino, alta sulla collina di San Michele che domina la valle del fiume Ticino. Qui c’erano i romani con più modeste fortificazioni e qui il potentato locale volle ingrandire le fondamenta elevando in particolare due torri quadrangolari inglobate nella cinta muraria. Arrivarci, penetrare nei suoi camminamenti, lasciarsi andare a fantasie storiche costa una breva scalinata dalla piazza della Collegiata, in centro città oppure con comodo ascensore da piazza del Sole. 

Montebello: quasi quasi ci vado in treno
Chi dice Montebello dice Como e dice Milano. Nel senso che questa fortezza venne costruita nel XIV secolo dalla famiglia Rusconi, che aveva sede appunto nella città lariana. Segno di una potenza familiare notevole, ma anche di una potenza territoriale, di quando cioè Como era in lotta per la supremazia sul territorio insubrico con Milano.

Chi dice Montebello dice Como e Milano. La fortezza venne costruita nel XIV secolo dalla famiglia lariana Rusconi. Seguirono le aggiunte rinascimentali degli Sforza

Certe persistenti rivalità sportive e non solo fra le due città debbono farsi risalire proprio a quel tempo e anche questo è segno di come le vicende storiche segnino nel profondo la mentalità della gente, anche a distanza di secoli e senza quasi che ce ne accorgiamo. Fossati a proteggere il maniero, ponti levatoi ancora funzionanti, possenti muri e bastioni a prova di cannone; e poi torri, cortili, passaggi coperti. E qui spieghiamo perché Montebello ha a che fare con Milano: le aggiunte appena ricordate sono opera, infatti, degli Sforza che in pieno rinascimento occuparono il territorio. Si raggiunge il castello a piedi dalla piazza della Collegiata, ma anche con l’autobus dalla stazione ferroviaria (a proposito: perché non pensare di lasciare l’auto in garage o magari a Luino e prendere il treno? Comodo, pulito, puntuale).

Sasso Corbaro: il regno dei Visconti
Ed eccoci a Sasso Corbaro, un po’ distante dagli altri due. Anche in questo caso la storia parla italiano. 
Venne costruito, infatti, dai Visconti di Milano nel 1480 sulla collina più alta, a guardia dei due “fratelli” fortificati che ergono poco sotto. Viene così a formarsi una linea strategica difensiva eccezionale, una specie di muro di sbarramento per eserciti stranieri. La pianta, tipicamente militare, è quadrata con lati da 25 metri orlati da mura merlate che arrivano a sfiorare i 5 metri di spessore e con una torre angolare a fare da guardia all’intero complesso. Fu l’ultimo dei tre castelli ad essere abbandonato: si vivevano i postumi della Rivoluzione Francese e i tempi stavano rapidamente cambiando anche sotto il profilo politico-militare. Da ultimo, una nota consolante: il governo del Canton Ticino ha saputo recuperare e destinare alla fruizione pubblica - compresa la sede di mostre - l’intero complesso difensivo, così che oggi Bellinzona può vantare tre opere di architettura militare che valgono da sole la visita. 

I Grotti: tranquillità e buon vino ticinese

Per gli amanti delle tradizioni culinarie ticinesi rappresentano un must, una proposta che affonda le radici nella storia locale e che fa parte del paesaggio allo stesso modo dei laghi o dei castelli. Parliamo dei “grotti”, locali pubblici dove non ci si deve aspettare la tovaglia di lino, ma dove la rusticità è sinonimo di qualità di quel che si trova nel piatto, dalla immancabile polenta all’osso buco (Milano non è poi così lontana...), dal riso coi porcini alla selvaggina, a seconda della stagione. I prezzi non sono competitivi con quelli italiani, ma qui siamo in Svizzera... Ne segnaliamo quattro che fanno parte della lista ufficiale degli “otto grotti da non perdere del Canton Ticino”. Sono i più vicini alla meta della nostra gita fuori porta. Grotto Borei a Brissago, in bella posizione collinare sopra il Lago Maggiore. Grotto Pergola, mezzo secolo di gestione sempre della medesima famiglia, a Giornico, comune confinante con Bellinzona. Grotto Morchino, riaperto da poco tempo dopo una bella ristrutturazione, lungo la cantonale Lugano-sud dell’autostrada-Carona. Grotto Cavic, località Posta Gentilino, dieci minuti dal centro di Lugano: Herman Hess lo frequentava d’estate in cerca di tranquillità e buon cibo.



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