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Il Varesotto visto dall’alto dei campanili, a venti metri da terra. È la prospettiva con cui guarda le cose Andrea Mazzola, vent’anni, di Marchirolo, falegname a Muzzano vicino Lugano, in Svizzera, e da tre anni sacrestano e campanaro per hobby nella chiesa parrocchiale di San Martino, nel suo paese. Un campanaro moderno, naturalmente, che non tira le corde come accadeva ai tempi di Peppone e don Camillo, ma che imposta il computer in sacrestia per azionare automaticamente i bronzi a motore sulla sommità del campanile. E che talvolta, oltre alle melodie religiose che accompagnano le processioni, nei giorni di festa si diverte a suonare brani profani come La Paesanella e L’uva Fogarina o addirittura melodie moderne di Max Pezzali e Dolcenera. Con l’ascolto divertito dei fedeli e del parroco.

È una passione tutta particolare quella di Andrea Mazzola, ventenne di Marchirolo. La sua musica è quella dei campanili del nord del Varesotto, dove si arrampica per suonare  uno degli “strumenti” più antichi del mondo

I tempi stanno (proprio) cambiando, profetizzava Bob Dylan. Il giovane Mazzola conferma: “Richiami e concerti si possono programmare o suonare manualmente alla tastiera variando le melodie secondo le funzioni liturgiche. In un certo senso è un lavoro da organista più che da campanaro, ma è la mia grande passione fin da quando, bambino, frequentavo l’asilo davanti alla chiesa di Ghirla e condividevo questa gioia con il nonno. Il suono delle campane m’inebriava. Ne parlai al parroco del paese, don Angelo Pellegrini, che era a corto di manodopera e affidò a me l’incarico di suonarle la domenica. Salgo spesso in cima al campanile. Lavorare lassù mi dà il brivido della libertà. Nulla di mistico e religioso. É qualcosa di simile a ciò che si prova arrampicandosi ad alta quota in montagna”.
Figlio di un impiegato dell’Aermacchi e di un’operaia pendolare in Svizzera, la sorellina iscritta alla seconda media, Andrea ha preso l’incarico talmente sul serio da farne un motivo di studio. D’accordo con le parrocchie, sta facendo il censimento delle campane delle valli. Si presenta con una lettera ai parroci spiegando le finalità, sale sui campanili accompagnato dal sacrestano, prende i dati dei bronzi, rileva cifre e iscrizioni e si fa raccontare i suoni tradizionali del paese. Poi registra il video e lo posta su Youtube. 
“Finora ho censito quaranta chiese parrocchiali in Valmarchirolo, Valganna e intorno a Luino. La salita a volte è impegnativa, scale di legno, gradini che scricchiolano. Non bisogna soffrire di vertigini. A San Pietro di Grantola ho dovuto aggrapparmi alle pietre della parete, a dieci metri dal suolo. L’altezza mi piace. Pratico l’arrampicata sportiva in palestra, è uno sfogo dopo il lavoro. Lo scopo di tutto questo? Forse un giorno pubblicherò un libro e il cd con le registrazioni. Finora, però, sono molto impegnato, ci penserò in futuro”.
Il Varesotto possiede un ricco patrimonio campanario e il censimento di Mazzola è l’occasione per riscoprire un’antica tradizione artigianale. Celebri dinastie di fonditori varesini sono stati i Bizzozero, i Comerio, i Bianchi. Purtroppo molti dei loro capolavori sono andati perduti, requisiti nella seconda guerra mondiale e poi sostituiti con nuove fusioni. Oggi, la tradizione locale si è persa e le fonderie che vanno per la maggiore sono Allanconi di Ripalta Cremasca, la pontificia fonderia Marinelli di Isernia, la quattrocentesca De Poli di Vittorio Veneto, Filippi di Chiari, Capanni di Reggio Emilia e Grassmayr di Insbruck, in Austria. 
L’indagine è una miniera di scoperte. Se la campana più antica è quella del Chiostro di Voltorre, un altro venerando bronzo appartiene al campanile di Castendallo, frazione di Montegrino Valtravaglia. Risale al 1667 e ha una curiosa forma allungata. Sempre a Montegrino la chiesetta di San Martino contiene una delle prime fusioni della dinastia di Luigi e Cassiano Comerio, del 1708. Originalissima è la “cucinetta” ricavata a venti metri d’altezza nel campanile della chiesa a Campagnano Veddasca, dotata di un comodo caminetto. Serviva ai campanari per riscaldarsi con polenta e salsicce prima di suonare la novena nelle gelide serate di Natale. Nella chiesa di San Pietro a Marchirolo c’è un’antenata con l’anno di fabbricazione ossidato, impossibile da decifrare, fusa a Milano da Bonavilla. 

“Salgo spesso in cima al campanile. Lavorare lassù mi dà il brivido della libertà. Nulla di mistico e religioso. È qualcosa di simile a ciò che si prova arrampicandosi ad alta quota in montagna”

Altre curiosità. Sulla campana di Cuasso al Piano sono sbalzati oggetti liturgici (ferula, pastorale, triregno, turibolo, messale e stola), sembra uno stemma pontificio. Sul campanone di Domo Valtravaglia è scolpito il marchio di fabbrica del fonditore varesino Bizzozero, anno 1887, e la campana vecchia del cimitero di Brusimpiano presenta la rudimentale riparazione di un foro causato da un proiettile.
“Ogni paese ha i propri suoni – aggiunge Mazzola. – Per la festa della Madonna a Bosco Valtravaglia suona la cosiddetta ‘campanada’, le due piccole a martello e le tre grandi a concerto con un effetto gioioso. A Brissago le campane sono elettrificate ma talvolta si utilizzano ancora le corde a mano. A Marchirolo e a Morazzone si esegue il concerto solenne ambrosiano facendo rintoccare due campane insieme e a Duno in Valcuvia le campane suonano a festa il giorno di San Giuliano riproducendo una canzone popolare che dice così: Din don dan, San Giulian l’è duman, tutti i sciori cambi vesta perché l’è la nostra festa, mi che son un por fio, cambi ‘nanca il camisoeu!”.
L’impegno è costante. “Certe occasioni liturgiche coincidono con l’orario di lavoro e sono costretto a disertarle. Ma sono regolarmente al mio posto per la messa prefestiva del sabato, per le due domenicali alle 11 e alle 18, più eventuali celebrazioni infrasettimanali. No, non ho la vocazione del prete - conclude il giovane funambolo delle campane - mi basta la doppia attività di sacrista e campanaro, che già richiede tanta pazienza. Il sacrestano è il confessore laico della comunità, ascolta la gente e suona le campane per strappare un sorriso a tutti”. E in memoria del nonno che condivideva la sua passione, Andrea ha donato un bronzo con il suo nome, Albino, alla chiesa dei santi Fedele e Silvestro a Cadegliano Viconago. 



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