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I processi di diversificazione produttiva, il consolidamento nella fascia del lusso, la sfida con i ritmi della fast fashion, l’alleanza con altri comparti per ritagliarsi spazi in mercati tecnologici come l’automotive e l’aerospazio. La LIUC – Università Cattaneo dedica un libro al settore che non smette di stupire per capacità di riproporsi con “nuovi modelli organizzativi”

Diciamolo: quello tessile è un settore anomalo; non ammirare le sue potenzialità di recupero e di adattamento alle richieste dei mercati è impossibile. Ciclicamente dato in forte declino o comunque descritto come maturo e inadatto ad affrontare le sfide globali, sorprende per la sua capacità di cambiare pelle riproponendosi sul mercato con prodotti innovativi e nuovi modelli organizzativi. Le fasi critiche che il settore ha dovuto attraversare non sono di poco conto e l’ultimo decennio è stato particolarmente duro. L’industria tessile ha, infatti, affrontato la crisi finanziaria del 2008 già indebolita dal confronto con i nuovi competitor asiatici - cinesi in particolare -, che hanno accresciuto di molto la loro capacità di penetrazione commerciale dopo la scadenza degli accordi Multifibre nel 2005. 

Ma come si presenta oggi l’industria tessile italiana? Entro quali perimetri il tessile italiano costruisce oggi le sue strategie competitive? A queste domande gli autori del libro “Innovazione e sostenibilità nell’industria tessile” (ossia la sottoscritta e Carlo Noè, Direttore della Scuola di Ingegneria industriale della LIUC – Università Cattaneo) hanno tentato di dare una risposta adottando una metodologia basata su più approcci: analisi della letteratura esistente, evoluzione delle competenze richieste, interviste mirate a opinon leader e storie imprenditoriali.  Ne è emerso un quadro variegato.

In primo luogo, il peso che gli intangibile asset hanno nella determinazione del valore ne fanno un’industria ad alto valore culturale ed emozionale che non trascura certo la qualificazione materica dei prodotti ma la interpreta nel linguaggio estetico e simbolico della moda e del design. I processi di diversificazione produttiva introdotti negli anni hanno, infatti, permesso al comparto non solo di consolidare la propria presenza nel mercato del lusso, ma anche di confrontarsi con i ritmi accelerati del fast fashion, di cimentarsi in lavorazioni che sconfinano nell’artigianato artistico, ma anche di misurarsi con la standardizzazione e la costante innovazione dei tessili tecnici.

Gli asset intangibili fanno del tessile un’industria ad alto valore culturale ed emozionale che non trascura certo la qualificazione materica dei prodotti ma la interpreta

Non sorprende che le attività di ricerca si siano concentrate soprattutto sul prodotto, vuoi per assecondare le richieste dei brand o per entrare nei mercati esigenti dell’automotive, della protezione o, perfino, dell’aerospaziale. Una sfida cui l’industria tessile italiana si è presentata affiancata da insostituibili alleati – l’industria chimica, il meccano tessile, il terziario avanzato (università, centri di ricerca, laboratori) –, sperimentando di volta in volta i vantaggi di una ricerca sinergica seppur spesso prevalentemente incrementale. Da qualche tempo l’attenzione delle imprese è focalizzata sulla sostenibilità dei prodotti e dei processi.

Sebbene il tema della sicurezza del prodotto sia presente nel dibattito del settore da una ventina di anni, è in tempi recenti che lo si affronta nella sua interezza non limitando a garantire la bassa concentrazione di contaminanti sul manufatto finale ma ricercando modalità di lavorazione in grado di prevenire la presenza stessa di sostanze pericolose nei prodotti e nei reflui. Un approccio precauzionale in parte sollecitato da movimenti ambientalisti che trova la concreta attuazione nei sistemi di certificazione e nelle Manufacturing Restricted Substances List (MSRL) dei brand e della grande distribuzione. Questo scenario ha intensificato la messa a punto di prodotti chimici sempre più econfriendly e sicuri per l’utilizzatore in grado, nel contempo, di assicurare gli effetti estetici e le funzionalità desiderate. Un approccio che si estende all’adozione di logiche di circular economy nella progettazione dei nuovi prodotti; materiali da fonte rinnovabile, bio-based, biodegradabili, da riciclo di scarti e a loro volta riciclabili sono il nuovo terreno di gioco di molte imprese. Inevitabile che tutto ciò richieda supporto e pratiche di ricerca applicata. 

Ma se la ricerca sul prodotto si conferma il core business dell’industria tessile, anche i processi di lavorazione sono oggetto d’innovazione. In passato la ricerca applicata era finalizzata a incrementare resa ed efficienza produttiva, oggi tra gli obiettivi compaiono la riduzione dei consumi e degli sprechi, la versatilità degli impianti e la riduzione dei tempi di preparazione e attrezzaggio. Un evidente esempio di come la sostenibilità ambientale si sposi con quella economica incrementando la competitività delle imprese. In tutto questo le nuove tecnologie digitali sono destinate a giocare un ruolo importante ottimizzando la gestione di dati complessi e della supply chain, diffondendo la pratica della simulazione predittiva, la robotica, il controllo e la manutenzione in remoto. 

Ma l’industria tessile è pronta a diventare protagonista di questo cambiamento senza rinunciare alla peculiarità d’impresa creativa dove il contributo delle persone è fattore qualificante la catena del valore? È facile immaginare che le imprese saranno più automatizzate e digitali di quanto non lo siano oggi e che dovranno pertanto porsi il problema di accompagnare i propri addetti nel percorso di aggiornamento tecnologico e organizzativo. 

È certo che ancora una volta riusciranno a stupirci. 



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