Sono in aumento negli scambi internazionali i ritardi nei pagamenti e le insolvenze. Una situazione che complica la vita alle economie fortemente proiettate all’esportazione come quella varesina. I suggerimenti alle imprese per tutelarsi

Si fa presto a dire export. In una provincia come quella varesina che vende all’estero il 43,3% del valore aggiunto prodotto l’andamento dei mercati di oltre confine non è solo fondamentale, ma vitale. Eppure per le imprese non c’è solo il rischio di assistere, come negli ultimi mesi, ad un calo del trend delle esportazioni (-4,3% il dato per le imprese del Varesotto nel primo semestre). “Non basta piazzare il prodotto, firmare il contratto e spedire la merce. Riuscita a fare tutto questo -  spiega Marco Crespi, responsabile dell’Area Finanza e Agevolazioni dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese - per l’azienda c’è sempre un rischio: quello di non essere pagata, o esserlo con tempi biblici, tali da mettere in difficoltà la liquidità”. Problemi, a quanto pare, sempre più frequenti sui mercati internazionali. Qualche esempio? Il Brasile, dove secondo i dati di Barometro Atradius, riportati anche di recente da Il Sole 24 Ore, il 92% dei fornitori registra ritardi nei pagamenti sul 50% del valore delle fatture. Rapportando tali percentuali ai livelli delle esportazioni varesine nel Paese dell’America Latina, parliamo di 62 milioni di euro nel 2015. La stessa ricerca evidenzia come il 90% dei fornitori dell’Asia orientale registri ritardi nei pagamenti. In questo caso, a livello varesino, la trasposizione si traduce in 927 milioni di euro pagati in ritardo rispetto a quanto pattuito in fattura. Ciò costringe il 25% degli operatori internazionali che interagiscono con le economie del Far East a chiedere finanziamenti in banca e, nel 22% dei casi, a chiedere aumenti nello scoperto bancario. E poi ancora, ci sono i rischi legati ai Paesi africani, come Algeria ed Egitto, dove si registrano cali di liquidità. Per non parlare di chi sta provando ad esportare in Iran, dopo la sospensione dell’embargo. Per loro la spada di Damocle è quella di verificare ogni volta che il cliente trovato non sia una società partecipata dalla Guardia Rivoluzionaria, pena l’impossibilità di intrattenete più alcun rapporto con gli Stati Uniti che puniscono gli affari con imprese in black list chiudendo le proprie porte, da cui, è assicurato, non passa poi nemmeno uno spillo.

Maurizio Perelli: "In ogni scambio commerciale  il venditore e il compratore presentano esigenze divergenti che risultano amplificate nel commercio internazionale per la distanza geografica e spesso anche culturale che intercorre tra le parti"

E quindi? Come le imprese possono tutelarsi di fronte ad uno scenario così complesso? A cercare di dare delle risposte è stato uno degli incontri del ciclo “Approfondimenti di Finanza – Scuola d’impresa”, organizzato dall’Area Credito ed Agevolazioni dell’Unione Industriali. “In ogni scambio commerciale - spiega Maurizio Perelli, Responsabile Ufficio Trade Finance di Intesa Sanpaolo - il venditore e il compratore presentano esigenze divergenti che risultano amplificate nel commercio internazionale per la distanza geografica e spesso anche culturale che intercorre tra le parti e per una serie di aspetti e rischi specifici”. Il rischio che si cela dietro ad un contratto internazionale redatto con troppa superficialità, il trasporto della merce sottoposto a tragitti più lunghi, il rischio di cambio, il rischio paese. “La banca in questo scenario - continua Perelli - ha il compito di assistere le imprese a livello sia di consulenza (legale o contrattuale), sia di strumenti da mettere a disposizione della sicurezza degli scambi internazionali”.

Tra i più classici c’è ad esempio la garanzia di pagamento, che viene emessa da una banca in favore del venditore. Attraverso di essa l’istituto di credito assume l’impegno di pagare una determinata somma, qualora non vi provveda il compratore. Ci sono poi le assicurazioni del credito o la sua cessione e smobilizzo. O i prodotti specifici che le banche mettono a disposizione delle pmi. Per esempio, Intesa Sanpaolo, acquista pro-soluto (il cedente non deve rispondere dell'eventuale inadempienza del debitore ndr) i crediti esteri che l’impresa vanta verso un determinato cliente e che rientrano in un plafond assegnato.

A copertura del rischio di cambio ci sono poi i finanziamenti in divisa con cui l’impresa viene sollevata da rischio di oscillazione del cambio tra la data di accensione del finanziamento all’esportazione e quella dell’incasso differito del credito. O ancora, il cambio a termine: al momento della stipula del contratto viene stabilito il cambio di acquisto di una determinata quantità di divisa ad una precisa data futura. “L’impresa - spiega ancora Perelli - viene così sollevata dal rischio di oscillazione tra la data di stipula e quella di scadenza”.

Sempre più imprese si rivolgono a prodotti finanziari innovativi come i Structured Export Finance

Ma l’innovazione finanziaria si applica anche alle transazioni delle imprese con l’estero. Ecco, dunque, che cominciano a sorgere dei prodotti più strutturati, detti appunto Structured Export Finance. Un esempio, in questo caso, è lo sconto di effetti con voltura di polizza Sace. In pratica l’esportatore stipula un contratto di fornitura concordando una dilazione di pagamento all’importatore. L’esportatore stipula poi una polizza di copertura del credito con Sace e spedisce la merce. L’esportatore ottiene la voltura della polizza Sace a favore della propria Banca a cui cede il credito che le viene scontato. A scadenza la banca incassa il pagamento dall’importatore.

Altro esempio sempre più interessante per le imprese che si vogliono coprire dai rischi dell’export è il Buyer’s Credit. Qui l’esportatore stipula un contratto di fornitura con l’importatore che chiede alla stessa banca dell’esportatore un finanziamento a medio termine. La banca dell’esportatore stipula una polizza con Sace per la copertura sui rischi di insolvenza del finanziamento e paga in anticipo il premio assicurativo. A fronte della spedizione della merce la banca accredita all’esportatore il valore relativo e accende il finanziamento alla controparte estera, la quale sarà chiamata a rimborsare a scadenza il finanziamento concesso.

Di fronte alla complessità occorre affinare le armi di difesa.



Articolo precedente Articolo successivo
Edit