Marco Astuti è stato il supervisore scientifico di #TechMission2017, la trasferta nella West Coast degli Stati Uniti organizzata dal 2 al 9 gennaio dall’Unione degli Industriali della Provincia di Varese, in collaborazione con il Consolato Americano a Milano, che ha coinvolto una delegazione di 40 persone. Ecco qui di seguito il suo "diario di viaggio". Appunti che possono aiutare a capire come stia cambiando nel tempo la Silicon Valley.

Sulla strada verso l’aeroporto di San Francisco per il volo di rientro in Italia, condividevo le mie sensazioni sulla missione che si stava concludendo, la 34esima di questa mia carriera anomala di “traghettatore” di persone interessate ad approfondire la realtà della Silicon Valley (o, come amo ripetere, della Bay Area di San Francisco).

Avevo di fronte a me la quarantina di persone con cui avevamo trascorso proprio delle belle giornate insieme, sicuramente scoprendo le ultime novità della tecnologia e come utilizzarle, ma anche, e forse soprattutto, costruendo fra noi relazioni di fiducia e di stima reciproca che sicuramente sarebbero durate nel tempo. Mai si era costituita una delegazione così numerosa negli ultimi 15 anni:  persone che erano venute con me per decine di volte e molti che lo facevano per la prima volta.

All’orecchio soprattutto risuonavano le voci dei 5 studenti della LIUC – Università Cattaneo che, quasi per scherzo e senza molte speranze, avevo provato ad invitare a questa esperienza. Avevano portato una ventata di allegria intelligente che immediatamente aveva contagiato tutti indistintamente. Con una testimonianza di attenzione, puntualità e partecipazione attiva a tutto quanto veniva proposto che ha fatto ricredere molti “diversamente giovani” sui veri giovani.

Non mi sfuggiva inoltre che l’età media dei partecipanti si era abbassata al minimo storico: un ottimo segnale anche perché forse mai come questa volta avevo riscontrato tanta attenzione e tanto desiderio di capire da parte dei partecipanti.

Notavo inoltre che con il passare degli anni l’approccio e le motivazioni che portavano tanta gente a partecipare a una missione a metà strada fra tecnologia e business, ma sicuramente molto impegnativa e costosa, sono cambiate radicalmente sia perché è cambiato il contesto in cui operiamo ma forse anche perché abbiamo imparato a progettarla e guidarla meglio.

E’ cambiato il contesto soprattutto per la globalizzazione ed ancor di più per Internet. Al punto di chiedersi che senso ha partecipare ad una mostra come il Consumer Electronic Show ed attraversare l’oceano per incontrare persone, aziende e Università delle quali sul web si trova vita, morte e miracoli? Certo non si va più per scoprire nuovi attori, nuovi prodotti o nuove tecnologie ma per qualcosa di più soft. Cerco di spiegarmi: l’accelerazione del cambiamento (sintetizzata con grande efficacia dalla cosiddetta “legge dei ritorni accelerati” di uno dei personaggi più noti in Silicon Valley, Ray Kurzweil) implica che bisogna essere capaci di anticiparlo intercettando i sentiment che fra gli addetti ai lavori si vanno configurando e che ancora non si cristallizzano, neppure sul web. Pensiamo a come di giorno in giorno acquistano modalità diverse esperienze di digital transformation, di digital disruption, di sharing economy, ed anche come si modifica il modo di fare impresa e come cambia il modo di lavorare al suo interno.

Le startup sono un elemento prezioso: sono loro il “laboratorio di ricerca e sviluppo mondiale” da cui tutte le aziende grandi e meno grandi attingono senza ritegno

In questi processi le startup sono un elemento prezioso: sono loro il “laboratorio di ricerca e sviluppo mondiale” da cui tutte le aziende grandi e meno grandi attingono senza ritegno, anche nelle nuove modalità di lavoro e di relazioni interne. E’ significativo che le startup considerino tempo sprecato spendere energie per esporsi sul web, molto meglio fare networking sfruttando le grandi opportunità che la Valle mette a disposizione ogni giorno. Ed anche utilizzando intensivamente e con modalità nuove il mondo social. Non è certo stato casuale che abbiamo dedicato una parte importante del tempo della missione al confronto con SalesForce, azienda in crescita verticale proprio sull’onda dell’utilizzo massiccio di tale mondo con risultati davvero impressionanti. E il mercato lo conferma con i grandi movimenti in corso come ad esempio l’acquisto di Linkedin da parte di Microsoft.

Il Consumer Electronic Show (CES)

Sempre affascinante, anche se quest’anno è mancata la novità con il botto, quella per intenderci, come abbiamo visto molte volte in passato, che avrebbe generato nell’anno successivo una intera corsia ad essa dedicata e l’anno ancora successivo un intero settore.

Come era successo negli anni scorsi per l’auto a guida autonoma, per le stampanti 3D e per i droni. Qualcuno aspettava gli schermi a 8K ma abbiamo visto solo “lavori in corso”.

L'evento è stato seguito, come non mai, dai media italiani: praticamente tutti i giornali, anche quelli locali, vi hanno dedicato pagine intere

Non mi dilungo ad elencare le novità “normali”. Tanti ottimi contributi sono disponibili sul web e sulla stampa, anche nazionale. A proposito l’evento è stato seguito, come non mai, dai media italiani: praticamente tutti i giornali, anche quelli locali, vi hanno dedicato pagine intere e pure la nostra delegazione è stata spesso circondata da giornalisti ed anche dalla RAI. Un segno evidente della pervasività dell’innovazione tecnologica nell’interesse della gente che la vede diventare una componente ineludibile della vita di ogni giorno.

Ci sono però tre brevi considerazioni che debbo sottolineare.

Innanzitutto ho notato che se c’era un filo conduttore che attraversava tutta la mostra, questo era l’Internet of Things (IoT) che sta superando in estensione e in importanza il tradizionale Internet delle persone.

BTicino, Volta Robotics e la startup Aipoly, che fra l’altro ha vinto un importante Award del CES: le nostre aziende non hanno niente da invidiare a quelle più famose presenti a Las Vegas

In secondo luogo ricordo che, come negli altri anni, abbiamo organizzato incontri con espositori riservati per la nostra delegazione e sono risultati davvero significativi. Sia quelli con i grandi player della mostra (Panasonic, Sony e Qualcomm) che ci hanno dedicato molto tempo prezioso e una attenzione che non ci aspettavamo; in particolare un mio caro amico, Peter Fannon Vice Presidente di Panasonic, ci ha fatto “gustare” le meraviglie del loro immenso stand con una chiarezza e una completezza di visione che da solo avrebbe ripagato i tanti chilometri fatti per raggiungere Las Vegas. Ma è stato particolarmente importante incontrare alcuni degli espositori italiani (BTicino, Volta Robotics e la startup Aipoly, che fra l’altro ha vinto un importante Award del CES); essi dimostravano come le nostre aziende non hanno niente da invidiare a quelle più famose presenti.

Ed infine la visita a Makerbot, una delle prime aziende produttrici di stampanti 3D con la quale proprio al Ces di due anni fa furono mossi i primi passi che hanno portato la LIUC ad essere loro centro di eccellenza europeo.

La terza osservazione si collega a quanto dicevo sulla mancanza di una novità con il botto. A pensarci bene però mi pare di aver colto una novità davvero grande che si respirava ovunque e cioè che il CES ha mostrato chiaramente come l’innovazione produca un miglioramento concreto della qualità della nostra vita di ogni giorno. Questo non è una slogan, ma lo si verifica in termini di semplificazione delle attività meno creative per lasciare tanto spazio a opportunità di realizzazione personale, insieme a una maggiore sicurezza e un nuovo benessere. Forse sarà opportuno non parlare più di uno show di consumer electronic ma di consumer life.

Phoenix

Per la prima volta abbiamo dedicato una parte importante della missione alla realtà tecnologicamente emergente di Phoenix. Sicuramente lo stimolo principale è venuto da Local Motors la cui evoluzione fondata sui principi dei makers abbiamo seguito fin dalla sua nascita circa 10 anni fa. La sua filosofia incentrata su concetti quali open innovation, open source (che a noi informatici rimandava all’open software che tanto è stato importante nel bene e nel male nello sviluppo della nostra industry), macchine progettate e prodotte individualmente (magari direttamente dal cliente), rete di approvvigionamento a invarianza di scala (come Internet), creazione di una casa automobilistica online, community di innovazione aperta, produzione non solo just in time ma il più possibile vicino al cliente, ci hanno davvero impressionato.

A Phoenix abbiamo anche toccato con mano come si può bene e profittevolmente operare per la disseminazione delle tecnologie sviluppate in una università

Ma a Phoenix abbiamo anche toccato con mano come si può bene e profittevolmente operare per la disseminazione delle tecnologie sviluppate in una università. Nella fattispecie l’Arizona State University che è al primo posto fra le Università USA per l’innovazione prodotta e per il numero di studenti.

E poi le visite a Honeywell, che è stata una presenza importante in Italia proprio nel settore IT e nell’automazione industriale, e a Knight Transportation che ci ha mostrato come l’innovazione tecnologica più avanzata può dare tanta efficienza ed efficacia anche nei settori più tradizionali e labour intensive: sono il più importante fornitore americano di servizi di  trasporto merci.

Sullo sfondo di tutte le realtà incontrate c’era sempre, anche se in modi diversi, l’IoT.

Bay Area

Da oltre due anni la nostra attenzione si è principalmente concentrata sull’IoT e a questo punto possiamo ben dire di aver avuto lo sguardo lungo anche quando molti dicevano che si sarebbe trattato di una modo passeggera.

Se conferma era necessaria dopo quel che avevamo visto al Ces, l’abbiamo avuta con una realtà all’avanguardia dell’IoT, ovvero Nebbiolo Technologies startup che seguiamo con attenzione fin dalla sua nascita sempre accompagnati dal suo fondatore Flavio Bonomi, guru dell’IoT e precursore del fog computing.

Ulteriore conferma l’abbiamo avuta vedendo quanto SAP, azienda leader mondiale dell’IT gestionale, si stia impegnando nell’IoT che ormai considera come uno degli asset principali del suo business. Peraltro la stessa considerazione che avevamo fatto in una visita di pochi mesi fa nel quartier generale di Microsoft, altra azienda che data la sua mission aziendale, non si poteva in alcun modo ritenere interessata all’IoT.

Definizione di Silicon Valley: non tanto culla dell’innovazione ma fabbrica di aziende innovative

Infine qualche parola sull’industry che seguo con particolare interesse: quella delle startup. L’incontro con Giacomo Marini, sicuramente una delle personalità più incisive nella Bay Area e con il quale ho lavorato fin dai tempi eroici dell’Olivetti quando la società di Ivrea aveva iniziato la sua avventura americana a Cupertino: in passato imprenditore di successo (è stato fra l’altro cofondatore di Logitech) per poi intraprendere la carriera di Venture Capital. Proprio in tale veste  ci ha ricevuto in una delle sue ultime “creature”. Neato Robotics. In una novantina di minuti ci ha tratteggiato l’effervescente situazione della valle (che ha definito “non tanto culla dell’innovazione ma fabbrica di aziende innovative”) e lo stato di grazia delle startup. Considerazione quest’ultima che già avevamo focalizzato vedendo l’ecosistema di una decina di startup che si era consolidata attorno a Nebbiolo. Fra l’altro tutte startup con fondatori italiani.

Anche quest’anno ho cercato, raccontando con un certo livello di dettaglio la storia della Bay Area, di aiutare a comprendere come lo spirito che anima le startup, e che è alla base del loro successo, si sia sedimentato fra gli abitanti di questa zona per merito di chi ne ha costituito la storia: i missionari/esploratori che l’hanno “scoperta” della seconda metà del ‘700, i 49ers che affrontavano enormi difficoltà per arrivare per primi a cercare l’oro nel fiume Sacramento e poi i ricostruttori di San Francisco e delle città vicine dopo il tremendo terremoto e incendio del 1906. Negli startupper che incontriamo nei coworking space di cui è piena l’area, anche quelli più squallidi, vediamo lo stesso amore per il rischio, la stessa grande determinazione e soprattutto quale livello di sacrifici sono disposti ad affrontare pur di tentare la loro avventura. 

Per leggere tutti gli articoli sulla missione clicca qui.

 



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