Chi ha conosciuto Enrico Baj (1924-2003) ha avuto modo non solo di avvicinarsi a un grande artista, vulcanico e poliedrico, ma anche di confrontarsi con un personaggio perfettamente calato nella realtà del tempo. Attento a ogni pulsione, movimento, apertura culturale, Baj si è sempre mostrato pronto a dire la sua ogni volta che la coscienza, nel confronto con la quotidianità, glielo facesse ritenere necessario. La sua arte era per lui non solo ragione di vita, prodotto e sintesi delle forti doti di genialità ed estro creativo che gli appartenevano, ma anche il mezzo fondamentale, il linguaggio principale attraverso il quale esprimere la propria approvazione o il disappunto per la realtà. Già protagonista negli anni Cinquanta e Sessanta delle avanguardie milanesi, con Fontana, Piero Manzoni, Lucio Del Pezzo, ma calato in un milieu cosmopolita che aveva però come riferimento supremo la Parigi di Max Ernst e Duchamp, Baj non smise mai di occuparsi di quanto lo circondava, di farsi domande, e di reagire con il suo pensiero forte, l’ironia, e quell’arte ricca di trovate originali. Si pensi ai diversi Manifesti da lui firmati con altri artisti e intellettuali, alla fondazione nel ‘51 del Movimento Nucleare, all’adesione al gruppo CoBrA. Alla sua ampia, ininterrotta attività di scrittore e critico, in amicizia con intellettuali di levatura internazionale, a partire da Umberto Eco. 
Un artista impegnato, insomma, ma nella miglior accezione del termine: non per mode, o per necessità di comparire, o per voglia di farsi avanti prima di altri. Ma perché la sua genuina natura, la sua sete di verità glielo richiedevano. 

Nelle sale di Palazzo Leone da Perego la preveggente arte del maestro lombardo che con la sua irruenza e il suo impegno creativo è sempre andato alla ricerca della verità 

La mostra di Palazzo Leone da Perego, incentrata sul complesso nucleo artistico dell’Apocalisse, racconta come questo impegno creativo, durato dagli anni Settanta agli Ottanta, ma protrattosi in realtà fino al 2001, rappresenti la suprema sintesi dell’universale messaggio di coscienza e coerenza che ha guidato la vita e l’arte di Baj: a volte irruente, a volte polemico, capace di rompere e lasciare, se necessario, pur di non venir meno a quella correttezza verso di sé e gli altri che tanto gli stava a cuore. 
La mostra, curata - per il Polo museale dell’Alto Milanese di arte Contemporanea - dal critico Chiara Gatti, da Emma Zanella e da Roberta Cerini, moglie devota e innamorata, sposata giovanissima e madre dei suoi figli, rappresenta lo svolgimento di un percorso artistico e esistenziale, sviluppato qui per tematiche, che proprio nell’Apocalisse”, tema centrale e dominante della sua ricerca, trova il coronamento. 
Si parte dal periodo nucleare, con le prime spirali e gli “ultracorpi”, si guarda all’esempio di Picasso, con le citazioni di Guernica e si procede con un riferimento in scala ai “Funerali dell’anarchico Pinelli”, opera che tanto scalpore suscitò per le tragiche giornate evocate. Si arriva poi al centro degli anni Settanta e Ottanta proprio con l’Apocalisse, installazione di grandi dimensioni, realizzata a più riprese. L’opera è suddivisa in tre spazi: una sequenza di teli dipinti a dripping, con personaggi infernali e animaleschi, una monumentale tela coronata da un cielo puntinista preannunciante il nuovo giorno, e infine , una giostra della vanità, popolata da 150 sagome dipinte su tavola.
A quest’opera Baj si dedicò in maniera totale, aggiungendo, come raccontano le curatrici “sagoma a sagoma, personaggio a personaggio, in una giostra di creature maligne e grottesche, un carosello di mostruosità esuberanti, un abisso psichedelico di danze macabre, concepite per essere lo specchio di un mondo in degrado”. I mostri, evocati dalle sagome lignee o di cartone, sono i protagonisti della sua visione magica e dissacrante, ma sono anche le marionette di un teatro d’autore i cui protagonisti veri siamo stati, e continuiamo a essere, tutti noi.  
Anticonformista, ecologista ante litteram, nemico del consumismo e di tutto quanto è bulimia di massa - lo sarebbe anche oggi contro la voracità da Web - Baj è, anche in questa riproposizione di un’Apocalisse più che mai attuale, artista protagonista, suggeritore, scenografo e costumista, e naturalmente regista. 
L’impatto è con un’arte dai modi insieme raffinati e ”ingenui” cioè rappresentativi al massimo grado di un teatro che, nella sua forte essenzialità espressiva, mira a farsi capire. Come in un gioco che deve attirare l’attenzione dell’occhio più innocente e chiede, al bambino che è dentro ciascuno di noi, di avere il coraggio di gridare allo scandalo, di additare il re nudo. 
L’effetto d’insieme è però ricco, scenografico, ironico, come lo sono le sagome minacciose e proterve della serie dei suoi generali che si adornano di frange e bottoni, i mostri urlanti che si ammantano di mistero, e i grandi teli bianchi che si fanno fondali veri e propri del suo teatro. 
Il mondo raccontato da Baj, magnificamente fantastico e reale, arricchito dall’uso di tecniche miste (prediletto il collage) e materiali tra i più vari - legno, tessuto, carta, passamaneria, vetri, pizzi, specchi, pezzi di Lego e di meccano, e molto altro - è un carosello di divertimento, di paura e speranza, è  il senso di una vita in cui paradiso e inferno si raffrontano e si toccano nel quotidiano. 
A proposito di quotidiano: tra la grande Milano e Varese, negli anni Sessanta, l’artista milanese di nascita scelse la città giardino e la piccola patria di Vergiate. In una vecchia villa abbandonata, di cui Roberta e Enrico s’erano innamorati, mise casa e studio. 
Qui si insediò alla fine degli anni Sessanta, lavorò, e fece onore al nostro territorio. Lo omaggiò con la sua intelligenza, con il sudore della sua arte, con l’affetto di un figlio, con la disponibilità verso chi lo cercava per chiedergli un’opinione, un commento sull’attualità. Gentilezza e umiltà abitavano in lui, segno di un grande cuore e di un intelletto aperto al mondo. Giusto ricordarlo, giusto guardare a lui, oggi più che mai, come a un punto di riferimento, a una stella che continua a brillare e segnare la strada. 

Mirabili mostri. L’apocalisse secondo Baj 
Fino al 26 febbraio 2017
Palazzo Leone da Perego
Via Eugenio Gilardelli, Legnano 
martedi/ venerdi 9.30 -12.30 sabato e domenica 10.30-12.30/ 16.00 -19.00
tel. 0331 706011
leonedaperego@museomaga.it

 



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