Viggiù-piccolo-gioiello-nascosto

Un viaggio alla riscoperta di uno dei paesi più a nord della provincia, tra i suoi monumenti funebri magistralmente scolpiti, i suoi svariati musei ricchi di storia ed arte secolare, fino ad arrivare alle cave, oggi abbandonate, in cui un tempo i famosi “Picasass” lavoravano blocchi di rocce calcaree e d’arenaria 

Viggiù è probabilmente una delle gite più magiche e suggestive dell’autunno. Un paese a nord della provincia, a due passi dalla frontiera Svizzera, dove in certe giornate uggiose autunnali pare di essere catapultati in un’altra dimensione. Viggiù è anche un museo d’arte a cielo aperto, dove diverse tappe di una passeggiata tra le vie del centro e appena fuori testimoniano l’arte dei maestri scalpellini che qui raggiunse livelli altissimi, fino a forgiare marmo e pietra come se fossero pasta e trasformarli in opere d’arte.

Il vecchio cimitero abbandonato di Viggiù
Nel periodo di Ognissanti la tappa obbligata è il Cimitero Vecchio di Viggiù, luogo speciale dal fascino preraffaellita da visitare soprattutto nel “periodo dei morti”, anche perché spesso è proprio solo a cavallo del 2 novembre che si può trovare il piccolo camposanto aperto. Questa minuscola necropoli è stata costruita agli inizi dell’800, quando per editto napoleonico i cimiteri dovevano essere lontani dai centri abitati e venne chiusa nel 1910 perché non aveva più spazio per ospitare altre salme. Ci si arriva facilmente in auto e si può parcheggiare proprio a fianco. Basta impostare il navigatore di Google Maps con la destinazione Cimitero Vecchio Viggiù e seguire le indicazioni. Al suo interno, tra un tappeto di foglie rosse e color oro, svettano tombe e opere d’arte funerea, create da artisti varesini importanti del 1800, che meritano una visita in rispettoso silenzio. Oltre alle piccole lapidi scure e ricoperte di muschio che spuntano dal terreno, si trovano statue a grandezza naturale, il tutto in pietra di Viggiù e anche dipinti. Il piccolo cimitero, abbandonato da quasi un secolo, è rimasto una fotografia di un camposanto di inizio secolo scorso. Ed è rimasto così perché, creato nel 1820, ha accolto l’ultima sepoltura nel 1910. L’unica aggiunta successiva è del 1923, quando furono piantati i tigli in onore ai caduti della Prima Guerra Mondiale e che oggi, diventati maestosi, rendono il cimitero quasi un piccolo bosco e lo colorano con le tipiche sfumature del foliage autunnale. Su ciascuno dei tigli è collocata una targa che reca il nome dei soldati morti in guerra. Cimitero come memoria e come arte. Si trasforma anche in un palcoscenico alternativo a volte, in occasione delle festività dedicate ai defunti. In questa particolare ricorrenza il cimitero ospita performance teatrali o letture corali fungendo da specialissima scenografia suggestiva. Tra gli elementi che catturano l’attenzione appena entrati, troviamo il monumento a Adalgisa Faré Cassani, proprio appena varcato il cancello principale. Questa statua ha una curiosa caratteristica: la donna scolpita nella pietra sembra inseguire con lo sguardo chiunque entri nel cimitero, come se fosse il guardiano. Un’altra statua molto suggestiva è quella dell’Angelo che sovrasta una lapide, creata dall’artista Luigi Buzzi Gilberto, maestro viggiutese, la cui fama lo portò a lavorare anche al Cimitero Monumentale di Milano. La struttura più significativa è la Cappella Funeraria Comune, progettata dall’architetto lombardo Giacomo Moraglia (Milano, 7 luglio 1791 – Milano, 1º febbraio 1860) epigono del neoclassicismo. La cappella è appunto in stile neoclassico anche se rovinata dal tempo. Al suo interno si trovano delle piccole stele scolpite che raffigurano i lavori delle persone decedute. Queste sculture si trovano ovunque nel cimitero.

Il polo museale viggiutese conta 4 musei: il Museo Enrico Butti, il Museo del 900, il Museo dell’800 e il Museo dei “Picasass”, dedicato agli scalpellini e all’arte tutta locale della lavorazione, estrazione del marmo

I Musei Civici Viggiutesi
A poca distanza da questa bolla sospesa nel tempo, quasi all’altro lato della strada, ci sono i Musei Civici Viggiutesi, altra tappa accattivante di una gita a Viggiù. Il polo museale conta ben 4 musei: il Museo Enrico Butti, gipsoteca di arte contemporanea dedicata prevalentemente alle opere dello scultore viggiutese; il Museo del 900, un viaggio attraverso le opere degli artisti scultori viggiutesi del secolo scorso; il Museo dell’800, con gli artisti della Scuola Viggiutese dell’800; il Museo dei “Picasass”, dedicato agli scalpellini e all’arte tutta locale della lavorazione, estrazione del marmo. Ai musei civici è conservata anche la copia in gesso e i bozzetti della famosa statua dell’Alberto da Giussano di Legnano, ideata proprio da Butti e nata a Viggiù. Con quest’opera, detta anche “Guerriero di Legnano”, Bussi vinse per la seconda volta il Premio Principe Umberto nel 1897. Musei fortemente voluti dagli stessi artisti viggiutesi e grandemente legati alla storia del territorio. Il Museo dei “Picasass” poi, è un vero e proprio museo collettivo “costruito dal basso” a cui parteciparono scalpellini e loro eredi per costruirlo. Il Museo dei “Picasass” nacque infatti agli inizi degli anni ‘80 del secolo scorso, nell’ambito del piano di riorganizzazione del Museo Butti. La volontà del progetto era evitare che, con la scomparsa degli ultimi scalpellini e con la chiusura delle cave e delle ultime botteghe, andassero perse importanti documentazioni relative all’estrazione e alla lavorazione della pietra. Nel 1983, così nella stessa casa-studio di Butti venne allestita una mostra sull’Arte dei “Picasass”. Un’iniziativa che ebbe una risposta così positiva che diede seguito a un incontro a cui parteciparono gli ultimi scalpellini di Viggiù. A loro fu chiesto, in vista di un allestimento permanente, di donare al Museo Butti gli attrezzi per la lavorazione della pietra, utilizzati durante la loro attività lavorativa. La richiesta ebbe un forte riscontro: numerose donazioni vennero effettuate a favore del Museo e si cominciò a costituire il primo nucleo del Museo dei “Picasass”. La storia viene narrata sul sito del museo, e sottolinea come le donazioni di utensili e di materiali continuarono nel tempo. Si creò così un notevole patrimonio di testimonianze, che fece sì che nel padiglione degli Artisti Viggiutesi, presso il Museo Butti, entro i primi mesi del 1995, venisse allestita la Mostra permanente dei “Picasass”. I musei e la casa studio di Enrico Butti sono visitabili dal martedì al venerdì dalle 14:00 alle 18:30, il sabato dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 14:00 alle 18:30 e la domenica dalle 16:00 alle 19:00. È possibile prenotare anche online e restare aggiornati sulle mostre in corso.

Le cave di Viggiù
Uscendo dal paese e addentrandosi nel bosco invece ci si rende conto di quanto la “filiera” della pietra qui fosse quasi a km 0. L’ambiente circostante, infatti, contraddistinto da rocce calcaree e d’arenaria ha profondamente contribuito in passato allo sviluppo dell’attività di estrazione e scalpellina della Valceresio. L’estrazione e la lavorazione della pietra nelle cave di Viggiù è documentata fin dai primi anni del quattordicesimo secolo. Uno sviluppo cresciuto in concomitanza con l’arrivo dello stile gotico in Italia. I “Picasass” viggiutesi avevano nel frattempo compreso le qualità di questo tipo di pietra locale, facilmente lavorabile ma anche resistente alle intemperie, perfetta per essere plasmata. Nelle zone ad ovest del paese, come Val di Borgo, Valera, Piamo, Tassera è presente la pietra arenaria che ha tanto segnato, un tempo, il successo e il passato del borgo. Oggi le cave sono in stato di abbandono. Sono ambienti surreali, con massi notevoli dimensioni tagliati a foggia di grandi pilastri quadrati, che sembrano immensi porticati. È qui che una volta gli scalpellini potevano lavorare, protetti anche in caso di maltempo. 



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