Se dovessimo misurare la crescita e lo sviluppo digitale delle imprese italiane su una scala da 1 a 5, dove si posizionerebbe il Paese? E rispetto all’Europa a che punto siamo? Domande la cui risposta, almeno in parte, è rintracciabile in una monografia della rivista “Politica Economica” redatta da Confindustria con focus su uno dei dibattiti che, dopo la crisi sociosanitaria da Covid-19, ha mosso l’opinione pubblica: la trasformazione digitale.

Una ricerca effettuata dalla Commissione Desi (The Digital Economy and Society Index) e ripresa dalla rivista di Viale dell’Astronomia, mette a confronto i paesi dell’Unione Europea con Stati Uniti e Cina, considerati i principali colossi della digitalizzazione.

Il bilancio delle attività svolte in questi 3 anni dal Digital Innovation Hub Lombardia dà una fotografia del grado di digitalizzazione delle imprese del territorio e, più in generale, del Paese

L’Italia, secondo i dati emersi dall’analisi, può essere ritenuta a tutti gli effetti il fanalino di coda. Sono troppi e notevoli i ritardi verso la modernizzazione. Per il Desi, infatti, il Paese si colloca al ventiquattresimo posto in Europa, posizione praticamente invariata dal 2014. Le tecnologie digitali rappresentano lo snodo e la leva attorno ai quali stanno ruotando tutti i principali filoni evolutivi. La stagnazione produttiva, che ha colpito e tutt’ora colpisce l’Italia, è il segnale che è arrivato il momento di una svolta. E una soluzione c’è. Il processo di digitalizzazione delle imprese manifatturiere può essere la giusta strada per rilanciare l’economia italiana e ridurre il gap rispetto all’Europa. Ma c’è un divario da colmare. Dal lato dell’offerta il ritardo italiano è riconducibile alla minore copertura della rete fissa, in particolare di quella ultraveloce, solo in parte compensata da quella mobile. Dal lato della domanda, invece, pesano la struttura frammentata del settore produttivo, le scarse competenze digitali della popolazione e delle pubbliche amministrazioni.

Per animare ed alimentare il processo che favorisce l’adozione e la promozione di tecnologie avanzate in un’ottica “4.0”, sono stati istituiti i Digital Innovation Hub. Centri costruiti per il territorio, che, grazie all’appoggio del Sistema Confindustria, nelle sue varie declinazioni locali e di categoria, aiutano le Pmi a cercare nuove porte d’accesso all’innovazione. Nati per necessità, anche secondo le richieste presentate nel “Piano Industria 4.0” istituito nel 2017, i “Dih”, per definizione, fanno da collante tra imprese e ricerca. Le aziende che si appoggiano ai “Digital Hub”, sono coinvolte e accompagnate nella relazione con università, centri di ricerca e di eccellenza. In questo modo i Dih si pongono come asset strategici per la crescita e lo sviluppo, in termini economici e industriali.

È in questa rete che si inserisce il Digital Innovation Hub Lombardia, l’hub regionale dei servizi legati all’industria 4.0, creato da Confindustria Lombardia, insieme alle Associazioni industriali territoriali lombarde e che, per quanto riguarda la provincia di Varese, opera a livello locale per il tramite dell’Area Digitale dell’Unione Industriali varesina e di Univa Servizi. “È importante riconoscere l’identità dell’ecosistema in cui ci troviamo, innovativo e digitale”, afferma il Presidente del Dih lombardo Gianluigi Viscardi. Questo concetto è “indipendente dalle dimensioni o dalla Industry di appartenenza. Per lavorare bene e nel modo giusto, sarà fondamentale una piena collaborazione, ad ogni livello, con la rete dei Competence Center, con i Cluster tecnologici regionali, le università, Regione Lombardia, solo per citarne alcuni”.

A seguito di tutte queste considerazioni, è arrivato il momento di rispondere, con numeri alla mano, alla domanda che ci siamo posti all’inizio. L’Italia come si colloca rispetto a questo processo evolutivo? Secondo le ricerche di Confindustria e prendendo in considerazione l’intero territorio nazionale “sono più di 700 le aziende la cui maturazione digitale è stata misurata in valori numerici dai Dih regionali”. Concentrandosi solo sullo spaccato lombardo “su un metro di valutazione che va da 0 a 5, dove 0 è il livello più basso, mentre 5 esprime la piena maturità digitale di una impresa – si legge nella ricerca – la capacità delle aziende, fino ad oggi passate al vaglio del Dih Lombardia, di essere delle smart factory si ferma ad una media di 2,7”.

La capacità delle aziende, fino ad oggi passate al vaglio del Dih Lombardia, di essere delle smart factory si ferma ad un voto medio di 2,7, su una scala massima di 5. I settori più avanzati risultano essere automotive, gomma e materie plastiche, elettronica

Un risultato che dimostra da un lato il successo del Dih Lombardo a 3 anni dalla sua fondazione, ma dall’altro rappresenta una spinta per fare ancora meglio. A livello di singoli settori, quello più avanzato (e quindi con voti abbondantemente superiori al 3) riguarda la filiera dell’automotive, dell’industria gomma e materie plastiche, dell’industria elettronica, elettrica ed ottica. Tra i settori più indietro sembrano, invece, esserci l’industria petrolchimica e del carbone e quella dei materiali da costruzione. Ampi margini di miglioramento si riscontrano invece nell’industria tessile, dell’abbigliamento e prodotti in pelle. Un altro strumento di valutazione del livello di digitalizzazione è dato “dal modello ‘tailor-made’ a disposizione di ogni singola impresa – continua Viscardi – che, partendo dal livello di maturità dell’azienda, suggerisce la definizione di una roadmap di implementazione che prende in considerazione non solo il contesto della singola azienda, ma anche i trend di settore a cui l’impresa appartiene”. Con la roadmap, il Dih Lombardia è “in grado di accompagnare successivamente le imprese ai Competence Center, con la possibilità di progettare attività specialistiche”, chiosa il Presidente Viscardi.

A queste iniziative bisogna poi aggiungere le missioni all’estero tramite le TechMission organizzate per conto del Dih Lombardia dall’Unione degli Industriali della Provincia di Varese, come quelle svolte nel 2018 negli Usa e nel 2019 in Cina. Dare una nuova e spiccata identità all’ecosistema in cui viviamo, utilizzando la trasformazione digitale come strumento per creare opportunità di networking tra impese e territorio, in una visione 4.0. È questo l’obiettivo di medio-lungo periodo a cui l’Italia deve ambire, per superare la soglia del “livello 2,7” e raggiungere, se non superare, quella del “livello 5”. Il guanto di sfida del Dih Lombardia è lanciato. 



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