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Vogliamo dedicare questo editoriale di apertura ad un’anticipazione dei contenuti che leggerete sul prossimo numero di Varesefocus in uscita a fine marzo. Proprio nel momento in cui scriviamo questo articolo, come Confindustria Varese, stiamo ultimando la realizzazione del Social Progress Index della provincia di Varese. Un indice, riconosciuto a livello internazionale, che serve per misurare il progresso sociale e la capacità di creare benessere di un territorio, andando oltre il Pil e gli altri indicatori economici. A svilupparlo è lo IEC – Institute for Entrepreneurship and Competitiveness della LIUC – Università Cattaneo, in stretto coordinamento con l’organizzazione no-profit con sede a Washington Social Progress Imperative. 
Esistono, a Varese, i presupposti perché i cittadini e le comunità possano migliorare il proprio benessere, raggiungere il pieno potenziale, vedere soddisfatti i propri bisogni di base? Sono queste le domande alle quali, con la realizzazione del Social Progress Index, abbiamo voluto dare, come Confindustria Varese, risposte il più oggettive possibili. Non vogliamo qui spoilerare nulla. Vi daremo ampiamente conto dei risultati in un’inchiesta che abbiamo già cominciato a preparare. Ciò che possiamo sicuramente fin d’ora affermare è che Varese emerge come un territorio che più di altri in Italia riesce a garantire benessere e progresso sociale. Il piazzamento a livello nazionale è di tutto rispetto. Da zona Uefa, verrebbe da dire in termini di classifica calcistica. Siamo ventottesimi sulle 107 provincie italiane.

 

 

Degli oltre 60 indicatori analizzati che portano a questo buon risultato finale, però ce n’è uno che vogliamo anticiparvi per aprire una riflessione. Quello riguardante la partecipazione elettorale dei residenti nel Varesotto. In questa particolare graduatoria arriviamo in Italia solo 49esimi, piazzandoci agli ultimi posti in Lombardia. Perché? Semplice disinteresse? Disillusione generale o un particolare segnale di sfiducia verso gli amministratori e i politici locali? Non abbiamo ovviamente una risposta, ma ci permettiamo di avanzare un ragionamento. Che parte da una semplice constatazione: la coperta delle disponibilità economiche pubbliche è corta. Di fronte a questi limiti i bonus e gli stanziamenti a pioggia per non scontentare nessuno non funzionano. È un modo di fare politica senza voler scegliere. Ed è questo un male di cui soffriamo da troppo tempo come territorio e come Paese.
La politica delle non-scelte è l’anticamera dell’anti-politica. È la chiave per l’affermazione di un facile populismo. Fatto di annunci o, quando va bene, di azioni che spargono briciole su una platea allargata, senza una reale capacità di incidere sulle sorti di alcuno. E, dunque, perché votare? Serve dare un motivo alla partecipazione. 
Il consenso va costruito sulla capacità di azione ed esecuzione, non con l’abilità nell’arte della comunicazione. Smettiamo, dunque, di giudicare la politica con il metro dei sondaggi, e guardiamo piuttosto agli indici oggettivi e internazionali sviluppati in maniera scientifica in grado di misurare non solo lo sviluppo economico, ma anche il progresso sociale e del benessere. È anche per questo che Confindustria Varese ha voluto dotare il territorio di uno strumento come il Social Progress Index. Per poter misurare l’abilità della propria classe dirigente, non solo quella pubblica. A definire un sindaco, un consigliere (comunale o regionale), un presidente di Provincia o di Regione non è la sua parabola nell’apprezzamento elettorale (peraltro sempre più breve), ma la sua capacità di amministrare, di incidere sulla quotidianità delle persone. E per farlo serve darsi delle priorità. Serve scegliere. E agire di conseguenza. Farsi scegliere perché si sceglie.  



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