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Il termine, nei colossi high tech della Silicon Valley, è bandito. Oltre Atlantico si parla piuttosto di “perks”. Bonus in denaro per neo-genitori, contributi per asili nido, palestre, mense con menu da ristoranti stellati, servizi di lavanderia. Un mondo, anche questo, in profonda trasformazione che si sta evolvendo con l’uso sempre più intenso dello smart working per contrastare la pandemia: wine test a distanza condivisi in Zoom con i colleghi, servizi di supporto psicologico, aiuti economici per migliorare la scrivania e lo studio di casa. Ecco alcuni esempi da cui le imprese italiane possono prendere ispirazione 

Chi si accosta alle aziende high tech della Silicon Valley è spesso sorpreso da quanto l’attenzione a migliorare il contesto lavorativo (in senso lato) dei dipendenti sia tanto importante, se non addirittura di più, dell’impegno profuso nello sviluppo di prodotti e servizi per i clienti. “Noi siamo abituati a definire questa attenzione come welfare aziendale, ma non chiamatelo così negli Usa”, ci raccomanda Maurizio Gianola, manager e imprenditore varesino di lungo corso nella Valle e un volto noto anche per tutti i manager e titolari d’impresa che in questi anni hanno partecipato alle TechMission organizzate negli Usa (o virtualmente durante la pandemia) dall’Unione degli Industriali della Provincia di Varese

“Negli Stati Uniti - spiega Gianola - la parola welfare è associata solo a un concetto di assistenza sociale erogato dal governo per far sopravvivere gli indigenti. È proprio l’opposto del termine perks che invece qui si usa molto e che potremmo tradurre come benefici aziendali”. Perks, dunque. Così si traduce oltre Atlantico la nostra idea di welfare aziendale. Perché i perks, cioè tutto quello che l’azienda dà in aggiunta a stipendio, bonus, stock options e assicurazione sanitaria, sono tanto importanti nella Silicon Valley? Con i perks l’azienda si propone di perseguire tre obiettivi: uno strategico, ovvero attirare e mantenere i talenti nell’ambiente ipercompetitivo della Valle; in secondo luogo incrementare la produttività (se i dipendenti sono felici lavoreranno di più e meglio); di qui ad esempio la cura quasi maniacale della qualità del cibo fornito in azienda per evitare che il dipendente perda tempo andandolo a cercare all’esterno, favorendo così anche momenti informali di scambio di informazioni e maturazione di idee con i colleghi. Ma anche per rafforzare la cultura aziendale mostrando quale valore la leadership attribuisce ai suoi dipendenti; appunto con l’attenzione alle loro necessità e desideri, anche quelli un po’ particolari come la possibilità di portare i propri animali in ufficio.

Questi benefici sono diventati ormai standard, ma solo per le società high tech; di conseguenza creano forti disuguaglianze verso altri settori lavorativi. Il Covid è stato anche dal punto di vista dei perks un momento di discontinuità. Prima della pandemia quelli più comuni erano: orari estremamente flessibili, cibo gratuito in azienda (che non significa necessariamente mensa ma, soprattutto nelle piccole aziende, poteva essere una grossa cucina supportata da un catering di qualità), sala giochi, palestra in loco o abbonamento in strutture esterne, massaggi, celebration ovvero eventi musicali o artistici (ogni 4/6 mesi), lavaggio a secco (panni portati la mattina e ritirati il giorno dopo), cambio olio auto ogni 3 mesi. Ma non solo: particolarmente diffuso era il congedo sabbatico, cioè la possibilità, dopo alcuni anni di servizio, di avere 3 mesi di vacanza pagati (molto utile se l’azienda chiede molto impegno e bisogna recuperare lo stress).

Non si dimentichi che le ferie negli Usa sono normalmente di due settimane e se c’è bisogno di altri giorni bisogna ricorrere a permessi non pagati. Inoltre, c’erano, e per lo più ci sono ancora, erogazioni in denaro straordinarie: Facebook dà il “baby cash” di 4.000 dollari quando nasce un figlio e rimborsa fino a 10.000 dollari per l’adozione o per il congelamento degli ovuli. Microsoft dà un contributo annuo di 800 dollari che può essere usato per palestra o per terapie (soprattutto psicoterapia). Netflix riconosce un intero anno di aspettativa pagata quando nasce un figlio (per mamma o papà). Si ricordi che negli USA la maternità è di 2 settimane, anche se qualche azienda comincia a riconoscerne fino a 6. Ovviamente queste diverse policy aziendali orientano la scelta del posto di lavoro in base alla situazione (anche prospettica) dei singoli lavoratori.

Facebook, ma non solo, ha rimpiazzato il benefit della mensa con stanziamenti a fondo perduto nell’ordine dei 2.000/3.000 dollari, per migliorare, a scelta del dipendente, l’ambiente di vita e lavoro a casa: una lampada speciale da mettere a fianco della postazione di lavoro, una poltrona particolarmente comoda, o un contributo per cambiare abitazione quando troppo piccola

Durante la pandemia alcuni perks sono diventati inutili (lavasecco, animali, mensa) e sono stati sostituiti da altri che tengono conto della situazione mutata e di nuove esigenze, come la difficoltà di fare uno zoom meeting aziendale perché i figli fanno rumore o hanno bisogno di essere aiutati nella Dad. Si passa quindi da benefici per lo più divertenti o ludici ad altri che soddisfano necessità più pratiche. Molte aziende, non potendo più assicurare al loro interno l’assistenza all’infanzia (child care dalle 9 alle 18) e sapendo quanto il problema è sentito, sovvenzionano il relativo costo. Come pure il tutoring per aiutare i ragazzi che non riescono ad apprendere con la Dad. Amazon è particolarmente attiva in questo senso.
C’è poi la possibilità del congedo retribuito straordinario: Facebook prevede fino a 10 settimane per dipendenti che devono accudire figli o genitori per malattie improvvise. Non vacanze ma una garanzia in caso di necessità. Google concede fino a 14 settimane, Microsoft fino a 12.

Salesforce consente fino a 6 settimane retribuite per assistenza a genitori malati e un rimborso di 100 dollari al giorno fino a 5 giorni al mese per assistenza all’infanzia in caso di evenienze straordinarie. In genere c’è un budget aziendale apposito e calcolato con un algoritmo che tiene conto del numero di genitori e figli dei dipendenti. Non ci sono particolari controlli, tutto si basa sulla fiducia, ma se si scoprono abusi, i provvedimenti disciplinari sono molto pesanti. Normalmente ogni anno l’ufficio del personale manda a tutti i dipendenti l’employee handbook con tutte le regole e i processi aziendali in caso di problemi (anche per comportamenti scorretti ma soprattutto con le norme di accesso e protezione dei dati aziendali). Un libro voluminoso di cui tenere copia e da rimandare firmato.

Questi cambiamenti spesso, però, generano conflitti fra i giovani che preferiscono lavorare in presenza, e i più anziani che lavorano in remoto e che sembrano esserne i maggiori beneficiari. Durante il lockdown la più grande difficoltà a cui hanno dovuto far fronte gli human resources  manager aziendali ha riguardato la salute mentale dei dipendenti (well being) messa a durissima prova dall’isolamento e dalla mancanza delle relazioni sociali che si vivono in azienda. Probabilmente solo nel momento che queste ultime non sono state più possibili se ne è capito il valore e quanto sono indispensabili. Senza dimenticare che le relazioni sociali di cui si parla non sono solo fra dipendenti, ma anche con stakeholders quali le banche, i fornitori e i clienti (in questo senso la criticità è rappresentata dal rapporto di fiducia in cui la “fisicità” resta ancora decisiva). Si sono improvvisate soluzioni un po’ grezze ma che possono evolvere in qualcosa di più serio e duraturo. Un esempio: poiché chi lavora nella Bay Area è abituato ad avere pranzo e cena gratis in azienda e ovviamente questo non è possibile se si lavora da casa, i responsabili delle risorse umane di Facebook, ma non solo, hanno rimpiazzato questo benefit con stanziamenti a fondo perduto normalmente dell’ordine dei 2.000/3.000 dollari, per migliorare, a scelta del dipendente, l’ambiente di vita e lavoro a casa (una lampada speciale da mettere a fianco della postazione di lavoro, una poltrona particolarmente comoda, o un contributo per cambiar casa quando troppo piccola). 

Gli HR manager vogliono pure migliorare il team work a distanza; Google ha previsto per piccoli gruppi che lavorano in team dei wine testing: mandano a casa confezioni di diversi vini e così possono fare un aperitivo insieme commentandone la qualità. In precedenza, lo avevano fatto con un kit per fare il cioccolato e un altro con il miele. Sicuri in questo modo di migliorare le relazioni interne al gruppo e non usare zoom solo per meeting di lavoro; insomma, tante idee to fill the gap (riempire lo spazio) per la mancanza della socialità del posto di lavoro.  



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