Ritorna Picasso con la rassegna Picasso metamorfosi curata da Pascale Picard, direttrice dei Musei civici di Avignone, promossa da Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e MondoMostre Skira, incentrata sul mito: tema ben caro all’artista (1881-1973), fondatore con Braque del Cubismo. Si tratta di duecento opere, parte dello stesso e di colleghi celebri, parte di arte antica - ceramiche, vasi, statue votive, placche, stele, idoli, rilievi, e tanto altro - fonte di ispirazione per il maestro, provenienti dal Musée National Picasso di Parigi e da diversi altri musei del mondo, tra cui il Louvre, i Musei Vaticani, il Museo Picasso di Antibes, il Centre Pompidou, l’Orangerie, il Museo Picasso di Barcellona.

Un appuntamento di approfondimento

Per i curatori è un discorso che prosegue, un appuntamento di approfondimento dopo le tre mostre milanesi precedenti a lui dedicate: la mostra di Guernica nel 1953, un regalo fatto dall’artista alla città di Milano - nella Sala della Cariatidi - quella del settembre 2001, curata dagli eredi, a quattro giorni dalla tragedia delle Torri Gemelle, e la monografica sulle sue tecniche e mezzi espressivi, del 2012. Pur nella personale vicenda artistica di un percorso che guardava avanti prepotentemente, rompendo ogni schema nonostante la contrarietà di artisti che lo stimavano, come avvenne con le Demoiselles d’Avignon (1907) - opera non compresa neppure dai suoi più vicini amici e addetti ai lavori - Picasso non smise mai di cercare nella classicità - la mostra ampiamente lo conferma - il diritto alle sue fughe in avanti. Erano rivisitazioni geniali, sortite da una profonda sensibilità artistica, di radici che portavano indietro nel tempo, verso l’arte somma di chi l’aveva potuta frequentare col privilegio di esserci: nelle sue scorribande in un mondo, quello della classicità, che in arte già aveva scoperto e rivelato tutto e il contrario di tutto, Picasso si sentiva a proprio agio. E poteva rivedere anche il mito a modo suo.

I sei miti "picassiani"

Sono individuati qui e ricreati, attraverso il confronto di opere sue e di altri cui si ispirava, sei miti “picassiani”. Il primo è “La mitologia del bacio”, tema ricorrente per Picasso, estasiato indagatore del mondo femminile, che viene avvicinato in mostra a Rodin e a Ingres, a loro volta autori di storici baci d’artista. “Arianna Minotauro e Fauno” è il secondo mito: Arianna è sempre vista da Picasso quale rappresentazione simbolica di un amore, come era il suo, che ama e che insidia, che va e viene. “Alla fonte dell’antico: il Louvre” - terzo mito per Picasso - si rifà pienamente alla ricerca picassiana della classicità, da lui ben sviluppata in un’opera del ’21, ispirata al fiume Nilo (una personificazione del fiume custodita in Campidoglio) ma anche a un quadro di Ingres e ad un meraviglioso vaso greco, conservato al Louvre, che gli suggerì la serie di dipinti “Tre donne alla fonte”. “Le demoiselles del Dyplon” comprende il quarto mito, con un viaggio tra greci, etruschi e iberici. Le osservazioni di opere greche, i vasi con decorazioni geometriche, sempre al Louvre, dove Picasso va e torna per buona parte della sua vita, lo avviano a lavori di rottura come “Le Demoiselles d’Avignon”, o lo splendido “Nudo seduto su fondo verde” del 1946. “La donna in Giardino”, scultura del 1932 in ferro, nella quinta sezione dedicata alle Metamorfosi, riporta invece all’omonima opera di Ovidio, che Picasso illustrò nel 1931 per una celebre edizione di Albert Skira. Se la mostra consente dunque la visione di capolavori dell’artista e di molti colleghi, tratti dai più importanti musei internazionali, il percorso approfondisce anche la frequentazione con opere e temi meno celebrati, eppure ricorrenti per Picasso.

Plasmare nella terra dava a Picasso il senso della concretezza che richiedeva alle sue opere, anche quando l’intento era quello di una “trasfigurazione” dell’immagine o di una rivoluzione del modo di intendere l’arte

Temi che nella sua lunga vita d’artista - cui era stato avviato giovanissimo dal padre, a sua volta pittore e insegnante di disegno - avvicinerà continuamente. Lo fa in quei tanti disegni di una produzione sterminata, che spesso raccontano anche il mito, naturalmente sempre a modo loro: a conferma di un confronto scanzonato, che Picasso non teme di dover fare con la bellezza assoluta della cultura greca ed egizia, né con quella ancestrale dell’Africa. Il primordiale aggancio con la madre terra lo influenzò a sua volta nella ricerca di nuove situazioni descrittive - adottate dalla visione di vasi, piatti, steli, bassorilievi, oggetti della quotidianità che gli furono fonte di ispirazione continua - poi riproposte splendidamente in sculture dello stesso materiale, la terra appunto. Come ben racconta l’ultima sezione della mostra “Antropologia dell’Antico”. Si vedano qui “Musico seduto”, o il “Vaso tripode con viso di donna” del 1930. O la “Brocca con toro” del 1957 che riprende un tema tra i più cari. Plasmare nella terra dava a Picasso il senso della concretezza che richiedeva alle sue opere, anche quando l’intento era quello di una “trasfigurazione” dell’immagine o di una rivoluzione del modo di intendere l’arte. La mostra, come si propone la curatrice, ci aiuta dunque a “penetrare nel laboratorio intimo di un artista mondiale, alla luce delle fonti antiche che ne hanno ispirato l’opera, ma anche a svelare i meccanismi di una singolare alchimia che pone l’Antichità al cuore di una modernità determinante per l’arte del XX secolo”. 

 

PICASSO METAMORFOSI
18 ottobre 2018 - 17 febbraio 2019

Milano Palazzo Reale, Piazza Duomo 12
Orari: Lunedì 14.30 – 19.30
Martedì, mercoledì venerdì e domenica 9.30 – 19.30
Giovedì e sabato 9.30 – 22.30
Ingresso: intero € 14; ridotto € 12; ridotto speciale € 6
Info e prevendite: 02 92897755 - singoli / 02 92897793 - gruppi

 



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