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Nelle sale del Castello Visconteo Sforzesco della città piemontese, i migliori interpreti del Romanticismo e della Scapigliatura milanese. Con molti capolavori provenienti anche dai Musei Civici varesini. Tra queste le opere di Bertini, Pagliano, Hayez. Presente anche l’estroso Giovanni Carnovali, detto il Piccio, originario di Montegrino Valtravaglia 

Una mostra ricca di suggestioni, con i migliori interpreti del Romanticismo e della Scapigliatura milanese, è ospitata fino al 23 marzo 2023 nel castello Visconteo Sforzesco di Novara. Curata da Elisabetta Chiodini, comprende otto sezioni: la pittura urbana, i protagonisti, la Milano libera dagli Austriaci, il popolo, dal disegno al colore, la pittura di Filippo Carcano, verso la scapigliatura, il trionfo del linguaggio scapigliato. La mostra segue un percorso ricco e affascinante tra autori come Francesco Hayez (imperdibili i suoi capolavori dedicati al dramma di Imelda de Lambertazzi e alla contessa Teresa Zumali Marsili), Giuseppe Molteni, Mosè Bianchi, Tranquillo Cremona, Daniele Ranzoni, Giuseppe Bertini, Giuseppe Grandi (immortale scultore, nativo della nostra Valganna) e tanti altri.

Sfilano anche gli scorci paesaggistici di Giovanni Migliara, Giuseppe Canella, Luigi Bisi, Angelo Inganni, di una Milano amata e visitata dai suoi pittori nei più riposti angoli e raccontata in ogni edificio solenne, palazzo o chiesa, nelle sue ringhiere, nei mercati. O nei Navigli, dove correvano, fin dal Medioevo, i barconi con i marmi per la Fabbrica del Duomo. Spirano nelle opere odori e profumi, palpiti segreti di una città universale, brulicante di residenti e di visitatori, guidata nel suo evolversi, anche urbanistico e architettonico (il Teatro alla Scala e la Galleria Vittorio Emanuele ne sono esempio) da una borghesia illuminata e da un’aristocrazia fiera. Città mai davvero asservita agli invasori, orgogliosa, anche nelle componenti sociali più umili, votate a laboriosità e rispetto. E luogo di incontro di ogni creativa ingegnosità. Si vedano al proposito le opere di Molteni, pittore di illustri (particolare il ritratto di Alessandro Manzoni) ma anche cantore degli ultimi (“La Fruttaiuola”, 1832), accanto a Gerolamo Induno.  

Milano si propone via via nel corso dell’800 come città colta, ricca di teatri, di cenacoli letterari, di musei, di salotti dove si costruisce la libertà contro i ribaltoni della storia. Che hanno visto il succedersi, dopo l’epoca teresiana, della dominazione napoleonica con la Repubblica Cisalpina e il Regno d’Italia, poi della Restaurazione, di nuovo sotto la casa austriaca. Soprattutto è al centro, come denuncia l’antico nome Mediolanum, di una regione ricca e attiva. Corredata dal fascino delle sue pianure, di laghi e montagne. Luoghi di svago per i milanesi o di rifugio nei momenti politici bui. Manzoni fuggirà a Lesa, a Villa Stampa, in esilio dorato. Verdi sarà ospite nelle nostre terre. E si dice che a Villa Morosini, costruita dai milanesi Recalcati nel ‘700, compose parte de “I Lombardi alla prima crociata”. Questo scambio culturale e artistico tra Novara, Milano e Varese, tra Piemonte e Lombardia, offre dunque la visione di grandi opere, ma anche di comuni percorsi di storia e libertà. 

Varese fu la prima città risorgimentale a liberarsi dal dominio austriaco. Era il 1859. Garibaldi passò il Ticino il 23 maggio a Sesto Calende, coi suoi Cacciatori delle Alpi. È in quel momento che Eleuterio Pagliano, artista e patriota a sua volta, nato nel Monferrato, inquadra con precisione, diremmo oggi fotografica, lo sbarco e ne fa grandiosa opera, che è attuale fulcro del Museo risorgimentale varesino di Villa Mirabello. Fissa il movimento imponente dell’arrivo, tra cielo e acque, la forza numerica e fresca di giovani votati alla causa della patria attorno al loro comandante. E li rappresenta a uno a uno. Ben diversa per soggetto e atmosfera l’opera di Pagliano in mostra al castello di Novara, un intenso olio su tela dal titolo “Il libro di preghiere” (1857-1858). Contiene suggestioni letterarie ispirate all’artista da opere del ‘300-‘400, durante un suo viaggio a Firenze. È presente ai Musei Civici Varesini dal 1977, grazie a un legato testamentario del notaio Bonazzola. Che è donatore anche della seconda opera museale varesina in mostra a Novara, “La ragazza coi fiori”, splendido dipinto, questa volta di Giuseppe Bertini.  

Appare ispirato, secondo la studiosa Lucia Pini, al personaggio di Ofelia. Ricorda analoga opera dell’artista esposta a Brera nel 1859 che si riferisce al IV atto dell’Amleto. Quando la ragazza, turbata dalla morte del padre, distribuisce fiori nella sala del trono. Pare che l’opera del 1859 andasse poi persa, ma fu a suo tempo motivo di entusiasmo, così da conquistare al Bertini la cattedra di pittura a Brera. L’artista era membro di una famiglia nota in Milano per la realizzazione di alcuni mosaici delle vetrate del Duomo. Un’altra sorpresa è la presenza di Giovanni Carnovali, detto il Piccio (1804-1873). Nato a Montegrino Valtravaglia da umile famiglia, giovane studente all’Accademia Carrara (da qui il soprannome Piccio ovvero il piccolo), scelse di vivere nel bergamasco, dopo qualche anno a Milano. Fu amico della classicità, ma la sua pittura già preludeva alla Scapigliatura e al Divisionismo. Morì annegato nel Po, mentre nuotava. In mostra, accanto a “Ragazzo con berretto rosso” e a un “Autoritratto” (entrambi 1838-1840) sono altri due suoi lavori: “Bambina con bambola” (1864) e il ritratto di “Gina Caccia” (1862). Opere più mature, dove il colore è frutto di un lavoro preparatorio e sapiente. Di chi guardava avanti.  

Da Romantica a Scapigliata

Castello Visconteo Sforzesco, Novara
Dal 22 ottobre 2022 al 12 marzo 2023
Da martedì a domenica, dalle 10.00 alle 19.00
Catalogo METS Percorsi d’arte
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Alcune delle opere in mostra



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