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La differenza tra il reale e il percepito è uno dei fili conduttori del nuovo numero di Varesefocus di giugno 2018.

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Ne parliamo ampiamente nelle pagine di “Vita Associativa” dove, dando conto dell’Assemblea Generale 2018 dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese, che si è tenuta a fine maggio a MalpensaFiere, concediamo grande spazio sia alle parole espresse in quell’occasione dal Presidente Riccardo Comerio, sia ad un’intervista esclusiva rilasciataci dal Presidente di Confindustria, Vicenzo Boccia. Entrambi mettono in evidenza il grande divario che c’è tra la reale importanza che rivestono per la ricchezza e il benessere del Paese e dei suoi territori le imprese manifatturiere, e la percezione che ragazzi, famiglie e opinione pubblica in genere hanno di questo ruolo fondamentale per la crescita non solo economica, ma anche sociale di tutti. Uno “spread” di consapevolezza che rischia di intaccare anche politica e istituzioni. In questa lunga fase che ci ha portato con fatica alla composizione di un Esecutivo, per esempio, poco si è parlato di politica industriale. Speriamo che ciò sia smentito nei prossimi mesi in sede di azione di governo.

E a proposito di differenza tra reale e percepito, c’è un dato con cui vorremmo aprire questa nuova edizione della nostra rivista: la struttura economica di Varese è in miglioramento. A dirlo è una elaborazione dell’Ufficio Studi di Univa sugli ultimi dati resi disponibili dell’Istituto Tagliacarne sul 2016. Numeri che confermano Varese come una delle province italiane a più alto valore aggiunto pro capite: 26.467 euro, in crescita dell’1,7% rispetto al 2015.

Ma chi produce ricchezza sul territorio? Innanzitutto, è bene tener presente che il valore aggiunto prodotto dal Varesotto (in pratica il Pil locale) è pari ad una cifra assoluta di 23,6 miliardi di euro. In pratica una provincia che rappresenta lo 0,4% del territorio nazionale, ha un’importanza nella creazione di benessere che è quattro volta superiore, rappresentando quei 23,6 miliardi di valore aggiunto prodotto localmente l’1,6% del totale nazionale.

Una considerazione va fatta su chi traina questa performance. Perché se è pur vero che il 65% è frutto delle attività dei servizi, l’industria si ritaglia una quota consistente del 30,6%. Quasi un terzo del prodotto locale dipende dunque dalla manifattura. Un dato che è superiore sia alla media lombarda che si ferma al 22,9%, sia a quella nazionale che è del 19,1%. Varese ha una produzione industriale superiore, tanto per fare dei paragoni, a quella di intere regioni come Trentino - Alto Adige, Sicilia, Liguria.

In un’ottica di programmazione del territorio e di politiche locali per lo sviluppo, questo dovrebbe essere un monito per chi ancora oggi mette in discussione il ruolo di Varese nel panorama industriale italiano ed europeo. Il Presidente dell’Unione Industriali, Riccardo Comerio, lo spiega bene nell’articolo di apertura della rubrica di “Vita Associativa”. Così come tra le pagine del “Focus” si trova un reportage che abbiamo realizzato immergendoci nei processi di innovazione di alcune importanti imprese del territorio che testimoniano come un sistema produttivo moderno riesca a perpetrare i propri primati, ripartendo e investendo, prima di tutto, su se stesso. Un racconto fatto non di grandi ragionamenti strategici, ma mettendo le mani in pasta nei reali progetti di innovazione che partono spesso dalle piccole cose, da iniziative di comunicazione interna e ponendo al centro dello sviluppo la persona. Ecco dunque, per esempio, come un’azienda centenaria qual è F.I.N.A. (di cui ci occupiamo nelle pagine di “Economia”) riesca ad operare con successo immutato da tanti anni sul fronte dell’industria tessile. Senza dimenticare il ruolo sociale dell’impresa che emerge nella sezione “Territorio”, con il progetto dell’azienda gallaratese Lasi Spa di portare il lavoro nel carcere di Busto Arsizio.

Questo è il valore dell’impresa. Un valore sociale ed economico. Che deve essere promosso nella percezione delle persone, perché solo così può manifestare appieno il proprio potenziale a beneficio della collettività e, se non proprio con il contributo, almeno senza l’ostacolo delle Istituzioni. Locali o nazionali che siano. La promozione dell’impresa è interesse generale. Anche perché se il nostro valore aggiunto pro capite è in aumento, è comunque ancora lontano dai 27.149 euro che si registravano nel 2008 e dall’attuale media lombarda di 32.860. Di strada da fare ce n’è ancora tanta.



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