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Secondo Mona Spa ricorda il pioniere dell’aviazione italiana, Gianni Caproni. Le gesta, le scoperte e i velivoli progettati dall’ingegnere, ma anche, più in generale, la sua vita e le impronte che ha lasciato nella storia del volo. Il tutto tra foto, filmati e lettere di famiglia. Un memoriale organizzato, non a caso, tra le mura del Castello visconteo di Somma Lombardo, in collaborazione con la Fondazione Visconti di San Vito. A tirare le fila dell’evento, dopo l’introduzione del Managing Director Riccardo Mona, il nipote di Gianni Caproni, Pierfrancesco Meazzini, e il relatore Fabio Morlacchi.

Quello tra la storica impresa di tecnologia aerospaziale di Somma Lombardo, Secondo Mona, e l’azienda Aeroplani Caproni, è un legame che nasce fin dai primordi della loro storia, agli inizi del ‘900. Le due realtà manifatturiere furono tra le prime al mondo a sviluppare sistemi di propulsione per gli aerei. Tutto ha inizio quando Secondo Mona, da giovane ventenne appena diplomato, apre un negozio di vendita e riparazione di cicli e motocicli sulla strada del Sempione, proprio sotto il castello dei Visconti di Somma Lombardo ed entra in contatto con la comunità di pionieri aeronautici dell’ingegnere Caproni, che si erano insediati da poco in zona, nei campi dell’attuale area Malpensa. Con loro, Secondo Mona collabora per prestargli competenze meccaniche per la riparazione e la manutenzione dei primi motori aeronautici.

Da sinistra, Pierfrancesco Meazzini e Fabio Morlacchi

Le origini di Gianni Caproni

Nato in Trentino, allora territorio austriaco, nella frazione di Massone, il 3 luglio 1886, da piccoli possidenti della nobiltà locale, Giovanni Battista Caproni, meglio conosciuto come Gianni Caproni, consegue una laurea in ingegneria civile all’Università di Monaco di Baviera, poi la specializzazione in elettronica all’Istituto Montefiori di Liegi dove inizia a coltivare la passione di quello che a quei tempi è un campo emergente: l’aviazione. Un interesse che giunge a maturazione con un soggiorno a Parigi dove entra in contatto con diversi pionieri dell'aeronautica.

La storia della culla aeronautica italiana

Lo accompagnano nello studio, genialità e tenacia tanto che tornato dalla Francia, dove vede volare i primi prototipi di apparecchi, ha un solo pensiero: salpare nel cielo con una macchina volante costruita con le sue mani. È così che, il 27 maggio 1910, Gianni e il fratello Federico, dall’hangar che hanno costruito a Malpensa, fanno decollare il Ca.1. Il primo velivolo a motore progettato e costruito da Gianni Caproni. Alla guida, Ugo Tabacchi, da poco entrato a far parte della squadra di operai dell’officina meccanica. Del tutto inesperto di pilotaggio diventa il pilota e il collaudatore del primo esperimento di Caproni. Il Ca.1, però, vola una sola volta; si schianta a terra dopo pochi minuti, ma senza gravi conseguenze per il Tabacchi.

Verso la fine del 1910, però, come racconta anche Alberto Grampa, nel suo volume “Qui si vola. L'ardimentosa storia aeronautica della provincia di Varese” (Macchione editore, 2003), la Direzione del Genio Militare decide di insediare una nuova sede della scuola di pilotaggio proprio a Cascina Malpensa e i Caproni devono lasciare l’area. Così si trasferiscono a Vizzola Ticino, dove l’azienda persegue lo sviluppo di biplani, con i modelli da Ca.2 a Ca.7. Mentre a partire dal 1911, la produzione si concentra sullo sviluppo di monoplani, con i modelli da Ca.8 a Ca.16 che hanno parecchio successo e vengono prodotti in piccole serie. Da qui, Caproni crea il Ca.18 destinato all'osservazione aerea, che però non passa il concorso militare italiano del 1913. L'azienda si trova così in difficoltà economiche e viene acquistata dallo Stato, ma Giovanni Battista Caproni rimane ai vertici come direttore tecnico. Nonostante le difficoltà, però, è proprio in questo periodo che l’impresa registra un vero e proprio boom con lo sviluppo del trimotore da bombardamento siglato Ca.31. Ecco che nasce la nuova era dell’aeroplano nell’impiego bellico con la famiglia di bombardieri biplani, Ca.32, Ca.33, Ca.44 e triplani Ca.40. Intanto l’ingegnere Caproni riscatta le sue ex officine aeronautiche a Vizzola Ticino, crea quelle di Taliedo e fonda (sempre a Milano) la Società per lo Sviluppo dell’Aviazione in Italia.

Poi, il 24 maggio 1915, l’Italia entra in guerra contro l’Impero austro-ungarico e, fin dai primi mesi del conflitto, a colpire le linee nemiche ci sono i bombardieri Caproni. Apparecchi militari guidati dai piloti italiani ma impiegati anche da equipaggi francesi, inglesi e americani nelle missioni a lungo raggio per colpire obbiettivi nei territori di Austria e Germania. Oltre 700 i bombardieri realizzati nelle varie versioni durante tutto l’arco della Prima Guerra mondiale. La fine del conflitto porta poi ad un drastico taglio delle commesse militari e Caproni pensa ad uno sviluppo civile dell’aviazione trasformando dei bombardieri in aerei capaci di trasportare merci e persone. Da qui la nascita del grande idrovolante dedicato al trasporto passeggeri spinto da otto motori: Ca.60.

Quella che Caproni attua dal 1929 è, invece, una vera e propria riorganizzazione della società per trasformarla in un gruppo industriale: acquisisce una serie di aziende aeronautiche ma anche altre attive nella lavorazione delle materie prime indispensabili sia per il settore aerospaziale sia per altri comparti strategici sotto il profilo politico e militare (chimico, minerario, motori e armamenti).

La Caproni arriva, così, ad essere un gruppo che alla fine degli anni ’30 dà lavoro a decine di migliaia di persone. Superato poi anche il secondo conflitto mondiale, l’azienda a Vizzola continua l’attività con la costruzione e la riparazione di autobus, filobus e motociclette, anche se l’ingegnere non abbandona il campo aeronautico continuando a studiare nuove progettualità, fino alla sua scomparsa il 27 ottobre 1957. È poi il figlio Giovanni Caproni a portare avanti l’impresa nel campo dell’aviazione con la costruzione di una serie di alianti e moto-alianti, tra cui il biposto C.22J, il cui sviluppo è poi proseguito sotto la direzione del Gruppo Agusta in cui dal 1983 la Caproni di Vizzola Ticino è confluita. Attualmente i terreni delle vecchie Officine Caproni sono occupati dalla Scuola del volo Air Vergiate e dal museo del volo “Volandia”, di fianco al Terminal 1 dell’Aeroporto Internazionale di Malpensa.

Dai libri di storia aerospaziale al grande schermo

Tra le foto e i filmati mostrati durante l’evento organizzato da Secondo Mona e dalla Fondazione Visconti di San Vito, in memoria del pioniere dell’aviazione italiana, anche “Si alza il vento”. Questo il titolo del cartone animato in cui Caproni è uno dei protagonisti. Un film di Hayao Miyazaki, maestro giapponese del cinema d’animazione, creatore anche di Porco Rosso e Lupin III, a cui ha collaborato per la realizzazione il nipote Italo Caproni. Il film racconta la vita e la tragica storia d’amore di Jiro Horikoshi, un ingegnere aeronautico che durante il secondo conflitto mondiale progettò per i giapponesi gli aerei da combattimento da usare nelle azioni di guerra contro gli americani, tra i quali il Mitsubishi A6M Zero, utilizzato nell’attacco di Pearl Harbor. Giovanni Battista Caproni, in tutto ciò, è il personaggio che il protagonista incontra nei propri sogni. Tantissime le citazioni che rimandano alla produzione industriale del pioniere trentino. Dai trimotori biplani da bombardamento strategico noti come Ca.3 e relativi alla Prima guerra mondiale, che la Caproni produsse in grandi quantità, al Ca.60 e al Ca.73, fino all’enorme bombardiere pesante biplano esamotore Ca.90 che vola nel 1929.



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