Primi passi della Fondazione Morandini, nata a Varese nel 2016: da una parte la realizzazione della splendida sede di Villa Zanotti, dall’altra la presentazione ufficiale del catalogo ragionato edito da Skira, che racconta cinquant’anni di vita e di attività dell’artista di origini mantovane che mosse i primi passi come disegnatore meccanico 

"Tutto iniziò nel 1959, come una normale storia che comincia per caso, quando a 19 anni accettai un lavoro che un amico aveva rifiutato. Mi ritrovai a essere un disegnatore meccanico sotto la direzione di un ingegnere americano presso l’azienda Atlantic, a Vergiate, in provincia di Varese. Un anno dopo venni promosso e trasferito nella sede centrale dell’azienda a Milano, vicino a Brera, dove per i seguenti tre anni (fino al 1962) svolsi il mio lavoro nell’ufficio di progettazione come assistente di un bravissimo designer toscano, Mario Mariotti, dal quale imparai molto”. 

Comincia così la gavetta di Marcello Morandini, classe 1940, mantovano, studi a Brera e celebrità internazionale del mondo dell’arte e del design, che ha privilegiato Varese, dove vive da anni, come sede di una Fondazione nata nel 2016 legata al suo nome. L’intento è di creare un museo aperto, accessibile e inclusivo dedicato all’opera di Morandini alle espressioni dell’Arte Concreta e Costruttivista internazionale. Mostre, conferenze e pubblicazioni, ma anche concerti, avranno lo scopo di far conoscere la Fondazione come la più importante istituzione culturale in Italia e una tra le principali in Europa, per questo movimento artistico e le sue espressioni future. 

La sede si trova in via Cairo 41, in una bella e grande villa d’epoca (935 mq) d’inizio ‘900, un tempo appartenuta alle sorelle Zanotti, eredi del bisnonno Enrico, medico condotto di Varese, che l’aveva fatta costruire nel 1907. Fu poi una delle ville di delizia care ai milanesi, nate tra lago e montagna nella Varese felix a cavallo tra ‘800 e ‘900. Il rinnovato edificio (architetto Corrado Tagliabue) ha da poco aperto al pubblico il piano terra e il piano nobile perché si crei un primo contatto con l’arte di Morandini. Un piano è destinato alla collezione permanente di Morandini, l’altro sarà utilizzato per mostre temporanee. La prossima si terrà a maggio, probabilmente in concomitanza con l’ottantesimo compleanno di Morandini e sarà la prima di un ciclo dedicato al Gruppo di lavoro internazionale per l’Arte Costruttiva, ovvero ai compagni di viaggio dell’artista. Ci sarà ancora una dépendance della villa da riutilizzare a sua volta come spazio design, bistrot letterario e residenza per artisti ospiti. E una serra e un meraviglioso ascensore-scultura per permettere l’accesso a tutti. L’occasione ha permesso anche la presentazione ufficiale del catalogo ragionato edito da Skira (presente il patron Massimo Vitta Zelman) che racconta cinquant’anni di vita e di attività dell’artista, con un testo critico del curatore Marco Meneguzzo e un saggio di Serge Lemoin, storico dell’arte francese che da sempre si occupa del percorso di Morandini. Un lavoro lungo e impegnativo che ha richiesto due anni di ricerca da parte di quest’ultimo e della moglie Teresa Barisi, che con lui condivide l’impegno della Fondazione.  

La Fondazione Morandini ci fa scoprire, che le ville varesine rappresentano un simbolo concreto della nostra forza, della nostra storia e nostalgia.

Visitando i due piani già ristrutturati della villa si possono incontrare intuizioni strettamente artistiche, di incomparabile bellezza, ma anche oggetti del miglior design destinati alla casa: mobili contenitori, tavoli - il famoso spider che richiama nelle sue otto gambe il ragno - vasi per fiori, soprammobili in genere, librerie. Nei 3.000 metri di terreno del giardino che si schiudono dietro un riservato e alto cancello sta insomma nascendo un mondo magico del quale non c’è visitatore che non abbia già detto meraviglie. Incredibile l’armonia d’insieme, giocata tra la luminosità dell’edificio, la pulizia contrastata di bianco e nero delle opere morandiniane esposte fin dal piano terra e l’eleganza sobria ma raffinata della parte originale della villa al piano nobile. Perfetto qui è il connubio tra la linearità di lavori dell’artista, i vetri liberty e déco, il marmo scuro del caminetto, il nero lucido del pianoforte a coda e la pavimentazione d’epoca che ha rivelato un originario motivo in bianco e nero, una combine davvero pertinente. 

Se ci avete seguito in queste “frivolezze” sappiate però che a dominare in tanta bellezza è proprio l’opera splendente di Morandini. L’Essenza del meglio del suo percorso d’artista sarà definitivamente qui, nella terra in cui da anni ha scelto di vivere. E l’emozione scatta. Perché, pur avendo incontrata l’arte del maestro in altre sedi del territorio, dal Castello di Masnago al Ma*Ga, a qualche galleria privata, a Palazzo Perabò e da sempre nella Piazza Monte Grappa, non l’avevi colta mai così dialogante, cosi disponibile, così viva, nient’affatto imprigionata nelle sue linee dritte, nelle sue sinuose, perfette girandole, nei calcoli matematici e geometrici. Anzi ricca di movimento, contrasto, profondità. Ci voleva proprio la magia e la chiarità serena di quest’antica casa carica di affetti, incuneata come un cammeo nel sorprendente verde del suo giardino di città, per rivelarne la meraviglia. Un’emozione che fa un po’ pensare a Villa Panza, all’altra magia di una villa varesina, a sua volta dedicata all’arte contemporanea, dove convergono migliaia di visitatori ogni anno. 

La Fondazione Morandini ci fa scoprire, ancora una volta, e non basta mai per rendersene conto, che le ville varesine rappresentano un simbolo concreto della nostra forza, della nostra storia e nostalgia. E ora anche una prospettiva del nostro futuro. Nelle ville importanti delle nostre colline si sono sempre sviluppati fertili intrecci tra i grandi dell’imprenditoria - i Toeplitz, i Ponti, i Cattaneo, i Trolli, i Borghi - che attraverso incontri conviviali, culturali, benefici, hanno costruito progetti e iniziative di cui molti hanno beneficato. E ora tocca a lei, all’arte, affiancarsi all’intelligenza di altri suoi grandi figli, spesso adottivi e tracciare nuove strade. Avremo quest’altro polo di arte contemporanea, vivo per interesse culturale e attrattiva internazionale al quale potremo avvicinarci per conoscere incredibili lavori, nati spesso nel mondo dell’industria e del design. L’esperienza tedesca di Morandini, arrivata dopo una Biennale Veneziana anche in seguito al suo libero dissenso con certe costrizioni ideologiche degli ultimi anni ‘60, lo portò come noto a collaborazioni fondamentali di design (ma anche di progettazione edilizia) con Rosenthal e Thomas. E fu solo l’inizio di un interminabile lavoro che ancora continua. Chi accompagna nella visita fa notare come Morandini, nella creazione delle sue opere, parta ancora sempre da carta e penna, non dal computer e da calcoli matematici e geometrie che per lui non hanno segreti. A variare è il gioco di fantasia, basato sull’alternanza cromatica del bianco e del nero. Il perché di quest’ultima scelta è lui stesso a spiegarlo: “In arte uso i colori del bianco e nero, come una grafia su di un foglio, dove per leggere e capire non è necessario nessun altro valore cromatico aggiunto e la forma ha modo di raccontare unicamente la sua bellezza”. 

È la bellezza il punto di arrivo: sia gioco d’arte, sia prodotto per l’industria del design, l’arte di Morandini, è lui a dircelo, porta lì. Può essere affascinante una grafica, quanto un vaso o un soprammobile o una scrivania. O una sedia o certe sedute imponenti che s’addicono a spazi ampi, ma che portano in sé il sentimento di un angolo di riservatezza. A proposito: a lavori ultimati ci sarà nella parte alta dell’edificio, la torretta, uno studio riservato all’artista e alla sua ricerca. Segno di una presenza del maestro continua e vigilante. 

Fondazione Marcello Morandini 
Via Francesco Del Cairo 41, Varese
Tel. 0332 1610525 - info@fondazionemarcellomorandini.com

 



Articolo precedente Articolo successivo
Edit