È indubbiamente il fenomeno sportivo del momento. Appassionati e curiosi, così come i campi da gioco sono in costante e forte crescita. Anche in provincia di Varese. Eppure, non parliamo di una disciplina nata ieri, bensì nel 1969, in Messico. Ecco i motivi del suo attuale successo e qualche consiglio per approcciare uno sport completamente diverso da tennis e squash 

C’è anche chi lo definisce uno sport democratico. È certamente il fenomeno del momento. Ma si tratta di uno sport che ha già 52 anni di vita. Non si può dire che sia “figlio” del tennis o dello squash. Ma nasce, quasi per caso, da chi voleva giocare a tennis. Anzi da chi voleva realizzare un campo da tennis all’interno della propria villa. Il primo campo da padel, infatti, viene costruito in Messico nel 1969. Ad Acapulco per l’esattezza. Qui un milionario messicano voleva realizzare un campo da tennis, ma non avendo lo spazio necessario ne riduce le dimensioni e fa costruire un secondo “fronton” per non fa cadere la palla nella proprietà del vicino. Insomma, il gioco è fatto. 

E negli anni inizia a diffondersi. Prima in Sud America, in particolare in Argentina dove a fianco del calcio diventa quasi gioco nazionale. Fino alla grande crisi economica, quando i campi da padel vengono abbandonati e poi riconvertiti in box. Occorre aspettare gli anni Novanta affinché il padel sbarchi in Europa. Esattamente in Spagna. E anche nella penisola iberica scoppia la padel mania. In Italia il primo campo arriva tardi: anno 2008 a Vicenza. Poi a Roma e Bologna. Milano non coglie subito le potenzialità di questo sport, che però inizia a conquistare appassionati. Il padel in Italia e in provincia di Varese sta vivendo un vero e proprio boom. Nella nostra zona arriva per la prima volta a Como. E a costruire la prima struttura dedicata a questo sport fu l’ex giocatore di Juve, Milan e Barcellona Daniele Zambrotta. Il quale conobbe questa disciplina durante la sua esperienza catalana e volle portare questo sport all’interno del suo centro a Como.

Dal suo “sbarco” in Italia a oggi è stato un crescendo continuo. Tanto che non si sbaglia se si definisce il padel uno sport virale. E la conferma che chi impugna il “padellone” per la prima volta non lo molla più, arriva da Matteo Borromini, istruttore del Padel club Varese ed ex tennista “perché al tennis non ci torno più”. “Ora siamo qui a parlare di padel mania, o di sport virale – dice Borromini – ma non dimentichiamoci che si tratta di uno sport vero. E che porta benefici al corpo, perché chi lo pratica svolge attività sportiva non logorante, ma anche benessere psichico poiché oltre alla concentrazione è uno sport che aiuta la socializzazione sfruttando anche i social”. Il primo segreto per cui chi inizia a giocare non smette più sta nella racchetta: più corta rispetto a quella da tennis e che quindi offre una maggior facilità di controllo e di colpire la palla. “E questo è il primo step, quello che coinvolge, perché dà subito soddisfazione al giocatore neofita – spiega Borromini – ma saper giocare a padel non significa saper buttare la palla ‘di là’. Come nel tennis ci sono colpi, c’è la tecnica da affinare e la strategia”.

Il padel in Italia e in provincia di Varese sta vivendo un vero e proprio boom. Nella zona arriva per la prima volta a Como. E a costruire la prima struttura dedicata a questo sport fu l’ex giocatore di Juve, Milan e Barcellona Daniele Zambrotta

Per una serie di aspetti è molto simile al tennis: la racchetta (che però ha una diversa dimensione), nel punteggio, anche se “vantaggi” sono stati sostituiti dal “punto de oro” o “killer point” e nel nome dei colpi, anche se richiedono tecniche differenti. Ma molto diverso perché il tennista cerca la potenza, mentre il giocatore di padel deve mettere in campo un mix di tattica, controllo e precisione. “E poi – continua Borromini – fisicamente è meno logorante. Pensiamo solo alla battuta. Nel tennis si va a cercare l’ace, nel padel è quasi una semplice rimessa in gioco dal basso. E più la palla sta in campo, più i giocatori si divertono”.

E se con il tennis vi sono sfumature diverse, tutto cambia con lo squash, sport ormai finito nel dimenticatoio, ma che ricorda il padel per via del “box” in cui si disputavano partite e allenamenti. “Ho provato a giocare anche a squash nel periodo in cui andava di moda – racconta Borromini – ma non ha avuto lo stesso effetto del padel. Anche fisicamente era uno sport molto logorante. Infatti, ho continuato a giocare a tennis”.Non solo. Il padel, proprio per la sua impostazione di gioco consente anche di formare in campo coppie miste. “Qui la potenza non conta – spiega l’istruttore del Padel Club Varese – In questi anni ho visto iniziare i ragazzi, che poi hanno coinvolto le loro fidanzate e ora giocano insieme. Ma anche famiglie. Per questo il padel lo possiamo definire uno sport democratico. Alla portata di tutti, che si può giocare insieme senza differenze di genere perché la prestazione fisica non è la parte determinante e che dà soddisfazioni anche a chi gioca per la prima volta. Certo, questo non significa che non si debba essere allenati. I calciatori, ad esempio, su un campo da padel si trovano subito a loro agio”.

L’ultima curiosità è che il padel “si gioca” anche sulle piattaforme digitali. Ci sono app, la più diffusa è Playtomic, che permettono di partecipare alle varie partite. E poi ogni centro padel ha vari gruppi Whatsapp in cui, a seconda del livello, ogni giocatore può trovare altri compagni di gioco. “È uno sport contemporaneo in tutto e per tutto – conclude Borromini –. Pensiamo che la sua diffusione è dovuta anche ad alcuni influencer, al fatto che è alla portata di tutti ed è facile, per lo meno all’inizio, imparare. E poi il movimento ha saputo interagire con la digital transformation. Perché, quando sono a insegnare al mio club, vedo che le partite di padel iniziano prima, proprio sulle chat e sui social. E poi in campo, che ci si diverte”. 



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