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Come agli inizi del secolo scorso i pittori temevano che la fotografia avrebbe tolto loro il lavoro, ora gli artisti di tutto il mondo si preoccupando per l’avvento di una nuova tecnologia “intelligente”. Si tratta di software visivi di creazione d’immagini artificiali come DALL-E, NightCafe e Midjourney. Tra dubbi legati alla tutela del diritto d’autore e una ridefinizione del concetto stesso di arte. L’opinione di alcuni autori varesini

Agosto 2022. Concorso artistico in Colorado. Sul podio arrivano tre finalisti. Nulla di straordinario rispetto agli anni passati, se non fosse per un piccolo particolare: tra le opere premiate ce n’è una che ha qualcosa di innovativo. La creazione in questione è quella di Jason Allen, artista statunitense che per la prima volta ha portato ad una competizione artistica un’illustrazione realizzata grazie all’Intelligenza artificiale (AI). Il gesto, ovviamente, ha suscitato diverse reazioni: se da una parte c’è stato chi ha criticato l’uso di questa nuova tecnologia, dall’altra c’è chi lo ha sostenuto come rivoluzione verso una forma d’arte nascente. 

Ma cosa si intende quando si parla di un’opera generata tramite Intelligenza artificiale? In pratica si tratta di un prodotto grafico creato attraverso il linguaggio Generative Pre-trained Transformer (GPT) che, grazie ad una serie di input testuali, produce immagini. DALL-E, NightCafe e Midjourney sono tra i software visivi più utilizzati al momento. Quest’ultimo, è proprio quello usato dall’artista statunitense per la sua opera “Theatre d’Opera Spatial”. Basta quindi semplicemente scrivere una frase al computer per generare creazioni artistiche? Decisamente no. “L’arte in sé si è sempre confrontata con il mistero e l’ignoto – spiega Luca Scarabelli, docente del Liceo Angelo Frattini di Varese e artista contemporaneo –. Senza quel substrato di senso superiore, ‘inframince’ (infrasottile, ndr.) come lo chiamava Marcel Duchamp, si produce della semplice arte applicata, togliendo significato al gesto della creazione”. 

L’utilizzo dell’Intelligenza artificiale può risultare, al primo impatto, alla portata di tutti, ma in realtà non è proprio così. Le immagini sono sì generate tramite prompt (ovvero un comando dato all’AI, fatto di frasi e parole), ma il risultato finale varia, ovviamente, in base a quali termini vengono utilizzati. Le opere realizzate con questa metodologia possono, perciò, risultare più o meno soddisfacenti, proprio a seconda delle combinazioni di parole utilizzate, tanto che stanno nascendo, a supporto della fase di scrittura, figure come prompter o prompt-artist, ovvero persone che di mestiere digitano stringhe di comandi da dare in pasto all’Intelligenza artificiale, che in cambio genera arte. 

Andrea Ceresa, artista varesino: “Non è così immediato riuscire a cogliere, fino in fondo, le potenzialità di questa nuova tecnologia. D’altra parte, se ci pensiamo bene, agli inizi del secolo scorso i pittori temevano che la fotografia avrebbe tolto loro il lavoro, ma così non è stato. Al contrario, la pittura non è morta, ma si è adattata”

Questi prodotti grafici “smart” hanno un vero e proprio ciclo di vita, che parte dalla “nascita” attraverso un software visivo, ma che cresce poi attraverso l’editing grafico con programmi come Photoshop o Gigapixel. Il che permette un margine maggiore di intervento sulle opere, da parte di chi le ha generate. “Molti creatori di contenuti artistici sono spaventati – racconta Andrea Ceresa, artista varesino, classe 1995 – perché, a tutti gli effetti, l’Intelligenza artificiale sembra sia in grado di fare quello che fa un uomo, in tempi decisamente più brevi e con risultati che, nel corso del tempo, possono solo migliorare. Non è così immediato riuscire a cogliere, fino in fondo, le potenzialità di questa nuova tecnologia. D’altra parte, se ci pensiamo bene, agli inizi del secolo scorso i pittori temevano che la fotografia avrebbe tolto loro il lavoro, ma così non è stato. Al contrario, la pittura non è morta, ma si è adattata”. Accadrà lo stesso anche con l’Intelligenza artificiale? Fondamentale, di sicuro, resterà il contributo umano all’interno delle opere generate con AI. Senza l’intervento di una persona, che fisicamente preme i tasti sulla tastiera, nulla può accadere: il software, infatti, di per sé non è in grado di generare nulla, in quanto privo di una qualsiasi coscienza, volontà o creatività. 

Andrea Crespi, visual artist varesino, non teme l’avvento e l’utilizzo sempre più massiccio dell’AI anche nel campo artistico. Di contro, paventa la possibile nascita di un nuovo filone legato a queste smart technologies: “Credo che nessuno verrà sostituito, prenderanno semplicemente vita nuove correnti artistiche portate avanti dalle generazioni che saranno più avvezze all’uso di queste tecnologie intelligenti e utilizzabili con ritmi di vita sempre più rapidi ed incalzanti”. Sdoganato quindi il timore legato al furto del mestiere dell’artista, rimane un altro dubbio più che lecito, circa il diritto d’autore.

Se per alcuni software di produzione visiva, infatti, vengono già applicate politiche trasparenti, che permettono agli utenti di eliminare le proprie opere dalla banca dati ed essere quindi tutelati, per altre ciò non avviene. Il che alimenta la paura nei pittori e nei grafici tradizionali di essere copiati o, ancora peggio, derubati. È il caso di tre artiste statunitensi che, a gennaio 2023, hanno intentato una causa legale contro alcuni programmi di Intelligenza artificiale con l’accusa di aver usato delle loro opere senza consenso. Una sentenza in merito non c’è ancora stata, ma è chiaro che norme sull’utilizzo di questi nuovi strumenti siano ormai necessarie. Verrebbe, piuttosto, da chiedersi se abbia o meno senso conferire il diritto d’autore a tutte le centinaia di opere generate tramite AI. Ma questa è tutta un’altra riflessione.

 

Immagini create da Lisa Aramini Frei con Open AI e Midjourney  



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