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È trascorso un quarto di secolo dalla sua fondazione, tra trasformazioni, mostre e tanti progetti. Il racconto di un patrimonio di cultura d’impresa, nato nella sede dell’ex Cotonificio Ottolini, che ora ospita, tra i tanti reperti, una serie di pregevoli quaderni di tessitura oltre che un archivio campionari di ben 4.000 pezzi, insieme ad una serie di macchinari dedicati alla filatura, alla tessitura e al finissaggio

L’identità culturale ed economica di Busto Arsizio è sempre stata legata al mondo del tessile. Nel suo momento di massimo fulgore veniva chiamata la Manchester d’Italia e con Biella e Como rappresentava il fiore all’occhiello del tessile italiano: Busto per il cotone, Biella per la lana e Como per la seta. Anche nel sociale, il tessile è permeato in modo profondo, a tal punto che sono nate due maschere riconosciute a livello nazionale: il “Tarlisu”, realizzato con il tessuto usato per ricoprire i materassi e la “Bumbasina”, creata con un tessuto più leggero, con il quale venivano fatte le lenzuola. E non mancano neppure espressioni nella lingua parlata, come: “Non fare flanella”, per indicare di non perdere tempo (La flanella è uno degli scarti della lavorazione del cotone). 

Proprio a questo mondo, al suo ricordo e alle sue tradizioni, è stato dedicato il Museo del Tessile, nato 25 anni fa. E sono Manuela Maffioli, Assessore a Cultura, Identità e Sviluppo Economico, nonché Vicesindaco di Busto Arsizio ed Erika Montedoro, da poco nominata conservatrice del Museo, a raccontarci la storia di questo luogo, le sue attività e i progetti per il futuro. Il Museo nasce nella sede dell’ex Cotonificio Ottolini fondato alla metà dell’800 e diventato Cotonificio Bustese nel 1915; la parte oggi adibita a Museo è solo una piccola porzione di quella che era la fabbrica nel suo periodo di massima espansione: il reparto filatura. Nel tempo il cotonificio si era talmente ingrandito da occupare l’intera via Volta, compresa l’area verde antistante il museo.

Negli anni ‘70 il cotonificio ha chiuso i battenti e nel 1990 l’intera area è stata acquisita dal comune di Busto Arsizio per farne un polo civico. Di tutti gli edifici che costituivano il complesso, è stato mantenuto il solo nucleo centrale, per intenderci quello il cui fronte presenta le due torri. Nella parte retrostante si trova un cortile quadrato all’aperto, oggi utilizzato per diverse manifestazioni e due aree coperte, all’occasione allestite per mostre temporanee. Gli altri edifici sono stati abbattuti e l’intera area destinata a verde pubblico. L’assessore Maffioli ci racconta che di recente si è pensato di ridisegnare il Museo in tutti i suoi aspetti e per farlo si è incominciato dal personale. Si è indetto un bando per una figura di conservatore a tempo pieno. Prima una sola persona part-time si occupava sia del Museo del Tessile sia di Villa Cicogna, sede del Museo di Arte Moderna. 

Dal dicembre del 2021, sono stati nominati due curatori distinti per le due entità e Erika Montedoro è colei che si occupa del Museo del Tessile. Suo intento è quello di valorizzare e studiare il materiale contenuto nel Museo che vanta una serie di pregevoli quaderni di tessitura oltre che un archivio campionari di ben 4.000 pezzi, che in futuro verranno esibiti al pubblico a rotazione, con eventuali mostre tematiche. Si sta anche lavorando all’introduzione della realtà aumentata negli spazi espositivi, tramite la visione di filmati, con suoni e rumori provenienti dai filmati storici dell’Istituto Luce.

Il Museo attualmente si sviluppa su tre piani. Al piano terra si trovano macchinari dedicati alla filatura, alla tessitura e al finissaggio. Al primo piano è possibile visitare uno spazio dedicato alla tessitura Jacquard, tecnica inventata nel 1805 che utilizza schede perforate tramite le quali è possibile produrre tessuti anche molto complessi con un solo operaio. Segue una sala campionari ed etichette e una vetrina dedicata a Enrico dell’Acqua, pioniere dell’esportazione tessile in Sud America. Dell’Acqua era andato alla ricerca di comunità italiane stabilitesi in Sud America con le quali aveva intrecciato degli scambi commerciali, legati inizialmente all’acquisto del cotone e all’esportazione del prodotto finito. A questa prima fase ne è seguita un’altra in cui aveva fatto impiantare degli stabilimenti in loco, dove la produzione avveniva nello stesso luogo di reperimento della materia prima. Sempre sul medesimo piano vi è poi una parte didattica dove è possibile sperimentare la stampa a mano con gli antichi blocchi di legno provenienti dalla Zucchi Collection.

 

Al secondo piano, invece, si trova la biblioteca del Museo del Tessile, che è rivolta agli studiosi e agli appassionati, una sala dedicata alla Schirpa, la dote che veniva data alle spose, realizzata con tessuti locali e un ulteriore spazio dedicato alle fibre nuove, vocazione alla quale si sono convertite diverse aziende tessili del territorio, specializzate in tecnologia avanzata e innovazione. Per capire l’alta tecnica dei prodotti realizzati, basti pensare che una di queste aziende è uno dei fornitori della Nasa. Nello stesso spazio è allestita anche una curiosa collezione di Antonio Ferramini sugli antichi strumenti di sartoria. Sarto di professione, ha raccolto nel tempo una collezione di oltre 800 pezzi. Tra le iniziative del Museo vi sono visite guidate, domeniche tematiche e attività didattiche per scuole e bambini. Per quanto riguarda le mostre vi è una programmazione sulla Fiber Art, l’arte legata all’utilizzo di materie prime legate al mondo del tessile o alla loro armatura, (l’arte di intrecciare i filati) o entrambe.

Dal 2018 il Museo del Tessile è una delle tappe del Mini Art Textil, unica mostra itinerante in Europa con cadenza annuale. Negli anni precedenti alla pandemia e precisamente nel 2019 sono state promosse altre iniziative di rilievo, tra cui una mostra di Maria Lai, l’artista sarda che prima ha sdoganato la Fiber Art, esponendo alla Biennale di Venezia del 1978. È dello stesso anno l’omaggio a Leonardo Da Vinci con la ricostruzione in scala ridotta delle macchine tessili da lui studiate e da lui definite “la più bella e sottile invenzione”. Si è poi di recente conclusa proprio nel Museo del Tessile una importante mostra mondiale: “The soft revolution” che celebrava il venticinquesimo anno di vita del Wta (World Textile Art), che casualmente ha coinciso con i 25 anni di nascita del Museo, una buona occasione per accomunare le due iniziative. La mostra ha visto la luce contemporaneamente in 15 Paesi diversi, tra cui per la prima volta l’Italia. Per il salone bustocco sono stati invitati 25 artisti italiani o residenti in Italia per esporre le proprie opere. Tra i futuri traguardi dell’assessore Maffioli c’è la promozione e creazione di un turismo diverso, fatto di appassionati di archeologia industriale.

Per questo, con capofila il Museo del Tessile, è nata Miva (Musei Industriali del Varesotto), la prima e unica rete italiana di musei industriali, che comprende otto realtà dei più disparati settori produttivi: si va da Volandia, al Museo della Pipa di Brebbia, dal Museo Flaminio Bertoni, al Museo Agusta, per non dimenticare il Museo della motocicletta Frera, il Museo Fisogni della Stazione di Servizio, il Museo delle Industrie e del Lavoro del Saronnese e a breve entrerà a far parte anche il Museo della Ceramica di Cerro. L’idea è creare dei percorsi di visita in grado di attrarre gli appassionati, offrendo loro una serie di servizi che vanno dagli itinerari, ai luoghi dove mangiare e soggiornare. Il lavoro è ancora lungo, rivela l’assessore, ma alla base c’è un grosso entusiasmo e un’energia positiva che sicuramente daranno i loro frutti. 



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