“I titoli obbligazionari rappresentano oggi solo il 9% dei debiti finanziari delle nostre imprese, contro il 23% della Francia, il 30% del Regno Unito e il 50% degli Stati Uniti. Non possiamo inneggiare a modelli di sviluppo, come quelli relativi alla Fabbrica 4.0, ampiamente ispirati a scenari come quelli della Silicon Valley o anglosassoni in generale, senza tenere in conto i dati che evidenziano il gap che l’Italia ha, non solo da un punto di vista della conoscenza, ma anche finanziario”. Nello snocciolare in un recente convegno queste percentuali, il Presidente dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese, Riccardo Comerio, ha messo il dito in una piaga tutta italiana: un sistema di finanziamento delle aziende troppo bancocentrico. Come uscirne? L’apertura al mercato è la risposta che da tempo l’Unione Industriali suggerisce ai propri associati. Quotazioni in Borsa, private equity, ma non solo. Un altro strumento è quello dei minibond: veri e propri prestiti obbligazionari che possono essere emessi anche da piccole e medie imprese non quotate, esclusa la fascia delle attività micro, ossia quelle con meno di 10 dipendenti e un fatturato al di sotto dei 2 milioni di euro.
 

Dal 2012 ad oggi sono state solo 145 le imprese che si sono finanziate con l’emissione di Minibond. Ma ora l’obiettivo è quello di rilanciare uno strumento finanziario alternativo al classico credito bancario. L’esperienza della Mpg di Gallarate e il progetto di Finlombarda

Una strada, per la verità, ancora poco battuta. In Italia, dal 2012 (anno di introduzione) ad oggi sono state solo 145 le imprese che hanno collocato dei minibond. Di queste solo 55 erano società non finanziarie. Il tutto per un totale di 179 emissioni, il 47% delle quali sotto i 5 milioni di euro. Eppure in Lombardia sono 11mila le aziende con le caratteristiche adatte a poter sfruttare questo speciale prestito obbligazionario. A dirlo i numeri di Cerved elaborati da Finlombarda, la società finanziaria di Regione Lombardia. A fare da eccezione a questo panorama, in provincia di Varese, è ad esempio la Mpg Manifattura Plastica di Gallarate, azienda che opera nel settore del packaging per alimenti. “Abbiamo effettuato una emissione di un minibond - racconta Lorenzo Perego, Direttore Amministrazione Finanza e Controllo della società - nel luglio 2014. Un’operazione che ci ha permesso di raccogliere sul mercato 3 milioni di euro che abbiamo utilizzato in parte a sostegno degli investimenti che avevamo in programma, in parte per sostituire altre forme di finanziamento non più per noi efficienti”. Le condizioni spuntate dalla Mpg al momento del collocamento, infatti, sono state delle migliori: “Un tasso del 4%, contro un punto di caduta che allora si aggirava intorno al 6,5%”. Un prestito chiesto al mercato, e non come avviene di solito ad una banca, che oggi l’impresa gallaratese sarebbe già in grado di rimborsare: “Se non lo facciamo - spiega Lorenzo Perego - è solo per dare seguito alla remuneratività promessa agli investitori che hanno creduto in noi”. La formula scelta dalla Mpg è stata quella semi-bullet 3+2. Ossia, non la restituzione di tutto il prestito obbligazionario in un’unica soluzione, ma il graduale rientro negli ultimi 2 anni su un impiego totale della durata di 5. Ma quali vantaggi ha dato alla Mpg la collocazione di un minibond, al di là delle risorse finanziarie fresche? “Prima di tutto reputazionale”, continua Perego: “Se la comunità finanziaria crede in te, a maggior ragione lo fanno le banche. Almeno nel nostro caso è stato così, anche perché il minibond non viene registrato in Centrale Rischi e ciò ti permette di indebitarti migliorando il tuo rating e di poterti presentare in una situazione ideale nei confronti delle banche, che a loro volta sono più disposte a concederti credito”. La crescita sul fronte della puntazione, dunque, comporta vantaggi anche economici e di maggiori affidamenti.  Ma come la Mpg è approdata a questo strumento? “L’idea – ricorda Perego – mi è venuta durante un incontro dei ciclo Approfondimenti di Finanza dell’Unione Industriali”.
 

Lorenzo Perego della Mpg: “Se la comunità finanziaria crede in te, a maggior ragione lo fanno le banche”

Rilanciare i Minibond è un obiettivo che si è data anche Finlombarda con un progetto specifico: Progetto Minibond, appunto. Sul piatto la finanziaria regionale ha messo 300 milioni di euro. Obiettivo: sostenere le imprese lombarde idonee nel finanziarie i propri piani di investimento attraverso l’emissione di questo particolare tipo di obbligazioni. Ciò attraverso l’impegno di Finlombarda di acquistare fino al 40% del prestito emesso. Altro aiuto offerto è quello di coinvolgere altri operatori finanziari privati che operano sul mercato dei capitali, generando un effetto moltiplicativo. Non solo, altra agevolazione prevista dal progetto è la possibilità per le imprese di poter contare su una riduzione sui costi di emissione con voucher fino a 30mila euro, oltre all’assistenza gratuita in tutte le fasi del collocamento. Ma i Minibond non basta emetterli, bisogna anche collocarli. Come convincere gli investitori a puntare sui Minibond di Pmi meno strutturate finanziariamente rispetto ad altri colossi comunque colpiti in questi ultimi anni dalle turbolenze dei mercati? “Dall’altra parte dell’Atlantico – spiega il Direttore dell’Unione Industriali, Vittorio Gandini - ci sono fondi che investono istituzionalmente in imprese di piccola e media dimensione. È un fenomeno globale che dobbiamo cercare di portare anche nei nostri confini nazionali”. La sfida è lanciata.



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