Qualcuno ci ha chiamato davvero dallo Spazio? Ed è realmente possibile che gli alieni abitino ad un tiro di schioppo dal nostro sistema solare? Negli ultimi mesi sono circolate due notizie di grande interesse su tali argomenti che hanno suscitato attenzione da parte di tutti i media. Ma cosa c’è di vero in tutto questo? Da oltre 50 anni il SETI (Search for Extraterrestrial Intelligence) si propone di cercare segnali di vita extraterrestre ed in particolare eventuali messaggi radio o luminosi da civiltà aliene che abbiano deciso di farsi conoscere. “Fino ad oggi non avevamo registrato alcun segnale certo, ma questo non vuol dire che civiltà sviluppate non esistono, ma, più semplicemente, che forse non abbiamo i mezzi per catturare i loro messaggi oppure che noi viviamo in un momento in cui tali civiltà sono già estinte o, ancora, che sono così evolute e in possesso di tecnologie di trasmissione non paragonabili ai nostri sistemi di ricezione”, spiega Claudio Maccone, dell’Università di Torino e responsabile SETI per l’Italia.

Un probabile segnale radio alieno captato dalla Russia e la scoperta di un pianeta simile alla Terra a pochi anni luce dal Sole: si riaccendono le ipotesi dell’esistenza di vita extraterrestre

Recentemente però, il costante lavoro dei ricercatori sarebbe stato premiato: il radiotelescopio russo RATAN-600 infatti, che si trova a Zelenchukskaya, ha colto dalla regione di spazio dove si trova la stella HD164595, lontana 95 anni luce dalla Terra, un beep la cui modulazione è simile a quella che ci si aspetta per un segnale intelligente. Poiché non si è trovato una causa naturale o legata all’attività dell’uomo, secondo Maccone non è da escludere che esso sia stato inviato  da alieni. La maggior parte dei ricercatori, però, si muove con i piedi di piombo, perché ci sono alcuni elementi che fanno dubitare. Il primo riguarda la frequenza del segnale che è del tutto inaspettata. Il SETI, infatti, si aspetta che un segnale radio di alieni venga emesso alla lunghezza d’onda con la quale vibra l’atomo di idrogeno, l’elemento più comune dell’Universo e che tutte le società -  anche se avanzate tecnologicamente - dovrebbero conoscere. Il segnale colto da RATAN-600, invece, non ha nulla a che vedere con questa frequenza e non sembra ricordarci qualcosa di particolare. Un altro elemento che crea perplessità riguarda l’intensità del segnale, la quale, fatti i debiti calcoli, avrebbe richiesto un’energia paragonabile a tutta quella prodotta dall’umanità dal suo nascere ad oggi. E questo nel caso in cui gli alieni di HD164595 avesse inviato il segnale direttamente a noi; se invece l’avessero lanciato ovunque nello spazio esso avrebbe richiesto un’intensità paragonabile a miliardi di volte quella emessa dal Sole in un anno. Ed infine c’è il fatto che il beep è stato registrato solo una volta, nonostante altri radiotelescopi abbiano puntato le parabole verso quella regione di cielo. Nei prossimi mesi tuttavia, l’ascolto continuerà perché quella stella è molto simile al nostro Sole e sappiamo che attorno ad essa ruota almeno un pianeta grande più o meno come Nettuno.

Un radiotelescopio russo ha colto, a una distanza di 95 anni luce, un beep la cui modulazione è simile a quella che ci si aspetta da un segnale intelligente

L’altra notizia che ha fatto sognare un po’ tutti gli amanti di Spazio riguarda la scoperta di un pianeta che orbiterebbe attorno alla stella più vicina al nostro Sole: Proxima Centauri che si trova a soli 4,2 anni luce. Il condizionale è d’obbligo perché al momento il pianeta è solo un “candidato”, anche se la probabilità che vi sia stato un errore nella raccolta dei dati è solo di una su 10 milioni. L’esistenza di Poxima b, questo il nome del pianeta, è stata rilevata attraverso le piccole variazioni di movimento che subisce la stella madre a causa della gravità del pianeta stesso, che a sua volta si riflette nel modo con cui ci arriva la luce emessa. Ovviamente, per questo lavoro si è dovuto ricorrere a grandi telescopi come quello dell’ESO, lo European Southern Observatory, che si trova in Cile con il quale hanno operato ricercatori europei. Ammesso che Proxima b esista realmente cosa conosciamo di esso che può far ipotizzare l’esistenza della vita? Innanzi tutto il fatto che possiede una massa di 1,27 volte superiore a quella della Terra, dunque le è molto simile. Poi che l’anno è di 11 giorni e 4 ore terrestre e che si trova a 7,5 milioni di chilometri dalla stella madre. Una distanza molto ravvicinata rispetto a quella esistente tra la Terra e il Sole che è di 150 milioni di chilometri. Ma Proxima centauri è una nana rossa, una stella piccola, che emette una quantità di energia molto inferiore a quella prodotta dalla nostra stella e dunque l’energia inviata sulla superficie del pianeta sarebbe adatta a mantenere l’acqua allo stato liquido, senza che evapori. Tutto questo è sufficiente per ipotizzare la vita?  Sì e no. Sì, perché l’acqua è fondamentale per la vita stessa. No, perché non sappiamo se il pianeta possiede un’atmosfera che, tra l’altro, dovrebbe essere molto densa. Dovrebbe parare infatti, le radiazioni ultraviolette e “X” che arrivano dalla stella e che risultano essere 400 volte superiori a quelle che raggiungono la Terra, sufficienti per sterilizzare il pianeta. Ma la vita sa ben adattarsi anche a condizioni estreme e dunque questo elemento potrebbe non essere così cruciale per la vita stessa, anche perché la durata delle nane rosse è molto più lunga rispetto a quella di stelle simili al Sole e dunque la vita potrebbe avere tutto il tempo necessario per formarsi e adattarsi. A tutto questo sapremo dare una risposta con l’avvento dei nuovi telescopi terrestri e spaziali che a partire dal prossimo decennio avranno una potenza tale da indagare quell’atmosfera – se esiste – e cercare indici di vita semplice o complessa che sia.



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