Il marchio d’impresa è un segno (una parola, un disegno, una cifra, una forma oppure un suono) che permette di distinguere i prodotti o i servizi realizzati o distribuiti da un’azienda, da quelli dei suoi concorrenti. Creato per evitare che i prodotti vengano confusi con quelli di altre imprese, il marchio è anche veicolo di promozione pubblicitaria e gode, per questi motivi, di una specifica protezione legislativa. Ma cosa succede quando le carte in tavola cambiano, a livello internazionale, e si rischia di competere ad armi impari? Lo spiega Fiorenzo Festi, professore ordinario di Diritto Civile alla LIUC – Università Cattaneo: “Evitare la concorrenza sleale non solo in Italia e in Europa ma nel mondo è l’obiettivo comune verso cui stanno andando tutte le Nazioni industrializzate. In Europa è un processo molto avanzato, in parte compiuto ma c’è il problema della Brexit”.

Insomma, a pochi mesi dal referendum consultivo che interrogava il popolo britannico sulla volontà di far parte o meno di un’Unione Europea riformata, gli effetti del “Leave” rischiano di influire persino sui trattati relativi al sistema europeo dei marchi d’impresa. “La domanda è: l’Inghilterra deciderà semplicemente di uscire dall’Unione Europea ma manterrà quelli che sono i concordati sui marchi d’azienda, oppure abbandonerà anche questi? Il mondo giuridico dei marchi d’impresa è in una fase di cambiamento, nel senso che si sta internazionalizzando”, prosegue Festi, spiegando come gli Stati membri dell’Ue stiano cercando, non senza fatica, di andare verso una legislazione comune in modo da poter offrire una protezione simile in tutti i paesi. “Anche perché ogni questione giuridica per le imprese – continua il docente LIUC – diventa un costo: è un costo osservare una legge, dover ricorrere a consulenti per poter osservare quella legge. E quindi equiparare le legislazioni nei paesi significa anche uguaglianza nella concorrenza: non è pensabile che le imprese di un paese abbiano una legislazione rigida e costi superiori e invece in un altro succeda l’esatto opposto”. Il che avverrebbe proprio nel caso in cui Brexit segnasse una divisione netta e definitiva anche a livello di sistema europeo dei marchi.

In quest’ottica, cosa ne sarebbe, dunque, dei “segni” d’impresa nostrani? “La Brexit è un tema importante anche dal punto di vista delle ricadute economiche – spiega Alberto Malatesta, ordinario di Diritto Internazionale alla LIUC – Università Cattaneo –. Perché se esce la Gran Bretagna, molto del business legato a marchi e brevetti potrebbe spostarsi in altri paesi, compreso l’Italia. E Milano è la candidata ideale”.

Alla fine, dunque, stai a vedere che, almeno sul fronte dei brand, la Brexit potrebbe rivelarsi un’opportunità.



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