Capre al pascolo al Pian del Lares.jpg

Tredicimila formaggelle del Luinese prodotte in un anno, in vendita a 22-23 euro il chilo, con un giro d’affari di 160 mila euro. Quindici dei trenta produttori che vivono dell’economia zootecnica di montagna sono iscritti alla Dop (denominazione di origine protetta) e non producono solo formaggella, ma anche tome, tomini, caciotte e ricotta. Per calcolare il valore economico del settore caseario e salumiero nell’alto Varesotto bisogna, però, tener conto dei benefici che l’allevamento delle capre, delle vacche, dei maiali e la produzione di formaggi e salumi producono nell’area delle comunità montane del Verbano e del Piambello.

Da una parte il calo del numero di imprese. Dall’altro l’aumento dei volumi per chi riesce a resistere. La fotografia del settore caseario e della produzione di salumi dell’alto Varesotto. Tra dati di bilancio e il ruolo degli allevamenti nella preservazione del territorio

“Sono benefici rilevanti per il territorio, basti pensare che da trent’anni non ci sono incendi sulla Forcora - osserva Fabio Ponti, responsabile del progetto Sopra la Panca di Slow Food Lombardia -. Gli alpeggi, i pascoli e le attività agricole e artigianali preservano l’ambiente e gli risparmiano danni. Il progetto è nato nel 2015 e per la prima volta non si occupa solo del presidio di un prodotto, come è tradizione dell’organizzazione fondata da Carlin Petrini, ma di tutta la filiera. Verifichiamo che l’allevamento degli animali avvenga con pascoli all’aperto, che siano garantiti l’igiene della stalla e la produzione di latte crudo non pastorizzato per la lavorazione dei formaggi, che l’agricoltura rispetti i principi del buono, pulito e giusto. Soprattutto spingiamo ristoratori, consumatori e produttori a fare sistema per incentivare il consumo delle specialità varesine”. Sopra la Panca, presente anche all’Expo 2015, riunisce una dozzina di aziende lombarde di cui tre a Varese - Pian del Lares ad Armio Veddasca, Il Vallone a Cuveglio e Green Fantasy a Montegrino - altre operano nel Milanese, a Pavia, Bergamo, Lecco e Brescia. Nel 2016 ha dato vita a un fitto programma di manifestazioni con insolite degustazioni di formaggi all’aeroporto di Orio al Serio e al Parco torinese del Valentino, laboratori a Milano e incontri dedicati al gorgonzola ad Eataly, la catena di supermercati che sposa il principio del “mangiare bene italiano”. E proprio attraverso Eataly, la formaggella luinese sbarcherà presto all’estero, a Chicago e Istanbul.

Sempre nel 2016 la tradizionale sagra di Luino e due succulente cene allestite alla Forcora e all’Osteria Sociale La Tela di Rescaldina, a base di prodotti caprini, hanno ingolosito gli ospiti con antipasti di formaggi di capra, risotto mantecato allo zola di capra, capretto al forno con patate e, dulcis in fundo, gelato di capra.

Fabio Ponti, responsabile del progetto Sopra la Panca di Slow Food Lombardia: “Gli alpeggi, i pascoli e le attività agricole e artigianali preservano l’ambiente e gli risparmiano danni

Eppure il settore zootecnico non vive i suoi giorni migliori. “Le statistiche danno un quadro generale di riduzione del numero delle aziende e fortunatamente chi resiste tende a crescere come numero di animali - spiega Giuseppe Invernizzi, direttore dell’associazione provinciale degli allevatori –. Nelle situazioni difficili sopravvivono i migliori, trovano soluzioni più rapide e riescono perfino ad incrementare il bestiame. Il mercato è molto competitivo e con la globalizzazione e la concorrenza europea le prime a saltare sono le piccole strutture territoriali. La politica comunitaria tende a salvaguardare l’ambiente, il biologico, la biodiversità e indirizza le risorse di sostegno a iniziative non immediatamente produttive. La burocrazia fa il resto. É un pachiderma impressionante che moltiplica gli adempimenti e le formalità, quello che un tempo si faceva con dieci pagine di carta, adesso ne richiede cento”.

Le tabelle statistiche sulla localizzazione degli allevamenti confermano il calo numerico, con qualche eccezione. Il 2016 registra tredici allevamenti a Viggiù (erano dieci nel 2011), nove a Montegrino (dieci nel 2011) e Arcisate (erano undici), otto a Luino (dieci), sei a Germignaga (sette) e Casalzuigno (sei), quattro a Curiglia con Monteviasco (sei), a Cunardo (cinque) e Dumenza (cinque), due a Marchirolo (tre), tre a Maccagno con Pino e Veddasca (quattro nel 2011). L’indagine sugli allevamenti contabilizza in provincia di Varese, compresa la Bassa, 14.478 bovini, 5.671 caprini, 5.510 ovini, 2.817 suini e una produzione di 504.000 litri di latte di vacca e 28.100 di latte di capra (dicembre 2015, elaborazione della Camera di Commercio di Varese su dati ATS Insubria per conto di Istat). 

Vacche da latte e in minor misura da carne, capre, cavalli nei maneggi e poi ovini, conigli e pollame sono la ricchezza della provincia. Il settore del latte, assorbito in gran parte da Latte Varese e dai colossi Granarolo, Parmalat e dalla francese Lactalis, ha risentito nell’ultimo anno della crisi del prezzo. Chi vende prodotti alternativi la sente meno, così si spiega l’apertura di molti piccoli caseifici con vendita diretta al pubblico.

Tra le aziende che resistono c’è l’agriturismo-modello di Desiderio Carraro, il Pian del Lares in Val Veddasca, che iniziò l’attività con due capre nel 1988 e oggi occupa duecento metri quadrati, gestisce centoquaranta capre di cui cento in produzione, quindici mucche di cui dieci in lattazione, quaranta maiali in rotazione durante l’anno, polli, galline da uova, conigli, capretti di pasqua e dieci vitelloni l’anno che a sedici mesi diventano bistecche. Il ristorante ha cinquanta posti che aumentano nella bella stagione, quando si pranza all’aperto. 

L’azienda aderisce a Slow Food e tiene mercatini a Milano. Produce salumi di suino, violini di capra e derivati con propri laboratori e macello e produce trenta quintali di formaggi. Il fiore all’occhiello è la Formaggella Dop “munta” da capre al pascolo, il misto capra-vacca, lo stagionato di vacca (minimo un anno) e di capra (minimo otto mesi), tomini bianchi freschi e speziati, al peperoncino, caciotte di mucca, crescenza, ricotte e taleggini.

La formaggella luinese (che conta un giro d’affari annuo di 160 mila euro) sbarcherà presto all’estero, a Chicago e Istanbul, grazie a Eataly

“Siamo pastori e la nostra piccola economia di montagna farebbe fatica a stare in piedi se non ci fossero i contributi pubblici – spiega Carraro –. Ci arriva poco o nulla, le sovvenzioni si fermano nei passaggi della programmazione. Vent’anni fa era meglio, arrivavano direttamente. Oggi c’è troppa burocrazia, troppi documenti e domande da fare e risposte da attendere. Eppure svolgiamo un delicato ruolo sociale, conserviamo il territorio, favoriamo il turismo e vendiamo qualità. Sono scomparse le fiere di settore, il Mipam di Luino e la fiera di Tradate. Non c’è più niente. Per un giovane che vuole iniziare è dura. Peccato, perché la capra è in espansione e dà formaggi con poco colesterolo e ricca di sostanze antitumorali. Sarebbe il suo momento ma la materia prima scarseggia, parlo dell’ottimo latte crudo di capre al pascolo. La qualità della Formaggella è garantita da un severo Disciplinare di produzione ma al di là dei formaggi ci sono le montagne da rioccupare, le valli si stanno spopolando ed è a rischio il presidio del territorio. Bisogna che gli enti intervengano”.



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