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Nel pomeriggio di un quieto settembre, mentre il sole filtra tra gli abeti rossi giocando di sponda con i vecchi muri di villa Mirabello, mi accingo a salire sulla macchina del tempo per ritrovarmi bambino con la mano in quella di papà, la domenica mattina, dopo la messa.

Nel 1974 rilevò la piccola ferrovia dal suo creatore, Adelmo Venturelli, che andò in pensione da capostazione-macchinista a 80 anni

La galleria, dipinta di verde, è ancora lì, dove Adelmo Venturelli l’aveva sistemata, 56 anni fa, i binari sono gli stessi, seminascosti dall’erba e dalle foglie, la motrice del trenino, bianca e rossa come i colori della città, attende paziente i piccoli passeggeri, simile a un vecchio cavallo di posta. Il trenino è un arcobaleno in movimento con i suoi sette vagoncini comodi comodi, e quando fila zigzagando per l’abetaia sembra di viaggiare su un’immaginaria Transiberiana, con gli scoiattoli che fanno capolino dai rami.

Qui il tempo non è passato, generazioni di bambini (e di genitori) sono partite dalla “stazione” di villa Mirabello per la destinazione che la fantasia suggeriva di volta in volta, con il macchinista che, oggi come allora, aziona il fischio prima di entrare nel tunnel, dove il rimbombo delle voci spaventa i più piccoli quasi fosse l’ululato del lupo cattivo.

Ai morsi della nostalgia non si resiste, così salgo sul vagone verde e faccio due giri, assieme agli altri passeggeri, mamma e bambino cinesi, composti come è uso in Oriente ma con gli occhi sorridenti di fronte alla composta bellezza del luogo e alla sorpresa della velocità, con l’arietta che in curva fa muovere capelli e gonfia le maniche delle camicie.

Il macchinista è divertito, «abbiamo anche l’aria condizionata, qui non si soffre mai il caldo», si volta per controllare i viaggiatori, compreso nel ruolo di ferroviere d’altura, cugino in miniatura di chi pilota i trenini delle Ande o quelli che solleticano i ghiacciai svizzeri.

Alfredo Bianco ha 73 anni, e da 42 ogni giorno mette in moto il locomotore bianco e rosso, anche in inverno con la neve e nell’agosto tropicale, nonostante gli acciacchi dell’età e le tante spese di manutenzione da sostenere. Nel 1974 rilevò la piccola ferrovia dal suo creatore, Adelmo Venturelli, che andò in pensione da capostazione-macchinista a 80 anni, per morire - forse dal dispiacere - subito dopo.

“Il trenino aveva cinque vagoni, ne ho aggiunti due, ma non ho potuto allungare la galleria che serve anche da rimessa, così ogni sera devo staccarli e metterli a lato del convoglio. Ho la schiena malandata e purtroppo una cattiva notizia da dare: mi ritiro, vendo la ferrovia, ho già due potenziali compratori, ma finora siamo in trattativa. Non riesco ancora a pensare di dover smettere, il giorno che lo farò mi verrà certamente il magone, più di quarant’anni di questa vita non si cancellano di colpo”.

Alfredo, campano della provincia di Benevento, lavorò come operaio all’Aermacchi dal 1967 al ’74, quando decise di allestire l’autopista che ancora oggi funziona poco distante dal trenino ed è gestita da suo figlio Stefano.

“Per acquistare il trenino vendetti il piccolo appartamento che possedevo, andai in affitto con mia moglie che mi rimproverava di correre un rischio enorme. Io ero tranquillo, sapevo che con il trenino avrei ricomprato piano piano la mia casa, bisognava soltanto avere un po’ di pazienza. E così è stato. Negli anni Settanta e Ottanta si lavorava forte, nei fine settimana il parco si riempiva di gente, soprattutto famigliole con i bambini, i vagoncini erano sempre pieni. Allora le ultime corse partivano alle 23, non c’erano pericoli e genitori e figli venivano senza timore anche di sera”.

Il trenino di villa Mirabello funziona dal lunedì al venerdì dalle 15 alle 19 (in inverno alle 17,30), sabato e domenica anche il mattino, dalle 10 alle 12,30 e dalle 15 alle 19. Due giri costano 1 euro e 50, piccoli e grandi pagano lo stesso biglietto. Il tragitto è lungo circa 600 metri.

Originario di Benevento, Alfredo lavorò come operaio all’Aermacchi dal ‘67 al ’74, quando decise di allestire l’autopista ancora oggi funzionante poco distante dal trenino, gestita dal figlio Stefano

“Se devo essere sincero, oggi salgono più adulti che bambini, mamme, zie, nonne, e non sono rari i papà che vogliono fare il giro, memori di quando i loro genitori li portavano qui a giocare. Ci sono mamme che protestano per il costo del biglietto, così i figlioletti ci rimangono male a vedere poi gli adulti scarrozzati sul trenino. Ma i ricordi più vivi che ho sono quelli delle belle nevicate del passato, quando a lato dei binari c’era un muro candido e dal trenino in movimento affioravano solo le teste dei piccoli viaggiatori”. La motrice, dal peso di dieci quintali, è mossa da una batteria industriale da “muletto” da caricare ogni due giorni, ma il lavoro più fine è la manutenzione dei vagoni, con il controllo dei cuscinetti, delle ruote e dei contatti, oltre naturalmente a quella dei binari, che si usurano, per il peso del convoglio, soprattutto in curva.

“Ho portato a spasso molti sindaci di Varese, Gibilisco con i figli, il cantautore Roberto Vecchioni, Memo Remigi con i nipotini, perfino i fratelli Castiglioni della Cagiva. Oggi vengono spesso gli sposi a farsi fotografare in treno, si divertono come bambini”.

Non sono tutte rose per Alfredo Bianco: spesso i vandali mettono pietre sui binari, una volta un grosso sasso in galleria causò il deragliamento della motrice con seri guai alla batteria, un’altra ci fu un danneggiamento alle pareti del tunnel, e ancora i ladri entrarono nella casetta della stazione, dove sono custodite le piccole giostre per i bambini, rubando la poca moneta custodita nelle gettoniere.

Ma il capostazione macchinista meccanico non si scompone, ordina perentorio “in vettura!” e accende la scintilla elettrica che fa partire la motrice. Un lungo fischio e si entra in galleria, all’uscita ho i calzoni corti e la mamma mi aspetta con un lecca lecca. Dopo il giro in trenino, voglio andare in altalena.

 

 

 



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