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Emergenza idrica nella provincia dei laghi
In provincia di Varese l'inizio dell'estate ha portato, insieme ai primi caldi, i rubinetti asciutti e un'emergenza idrica che ha preoccupato un po' tutti. Da Aspem e Sogeiva spiegazioni e suggerimenti per una gestione parsimoniosa dell'oro blu.
A Varese città e in alcuni Comuni della provincia, per la prima volta a memoria d'uomo, i rubinetti la scorsa estate sono rimasti a secco, costringendo migliaia di cittadini a rifornimenti di fortuna e a migrazioni da parenti e amici per avere un goccio d'acqua. E se questa è, in maniera molto essenziale, la cronaca di quanto accaduto negli scorso mesi estivi, senza dubbio è doveroso non fermarsi ai fatti: come mai si è arrivati a tanto, quali le cause e soprattutto, ci sono in vista dei rimedi per non doversi trovare ad affrontare nuovamente la situazione già vissuta? Gli addetti ai lavori sono molto chiari in proposito: il pericolo è tutt'altro che scongiurato e il miglioramento della situazione dipende sicuramente dalla maggiore accuratezza di tutti nell'utilizzare una risorsa preziosa come l'acqua, ma anche da abbondanti (e si spera non dannose) piogge autunnali. Ma il futuro dipende anche da quando e come si concretizzeranno i nuovi scenari dettati dalla normativa.
Ad aiutare nel dare le risposte sono coloro i quali manovrano il vapore, ossia gli esperti delle due società che garantiscono l'erogazione dell'acqua nei Comuni interessati dalla penuria estiva: Aspem e Sogeiva.
Sono loro ad essere rimasti sotto i riflettori un po' per tutta l'estate, a partire da quel fatidico inizio di giugno, quando sono rimasti all'asciutto alcuni quartieri alti di Varese e diversi comuni limitrofi. Qualche piccolo flash e alcuni dati sono sufficienti per ricordare la situazione in cui ci se è trovati.
A metà giugno ad esempio l'acqua è mancata all'altezza della Settima cappella del Sacro Monte, a secco anche i cittadini al Montello e alla Rasa. In quel momento ciascun varesino stava consumando 500 litri d'acqua al giorno, facendo schizzare l'erogazione garantita da Aspem a una quantità più o meno doppia rispetto al consueto: il tutto accadeva nonostante il sindaco avesse emesso un'ordinanza antisprechi. La parte alta di Azzate è rimasta a secco per più giorni a partire dall'8 di giugno, la stessa sorte toccava anche a Daverio tanto che le due amministrazioni comunali hanno chiesto l'arrivo di due autobotti da 15 mila litri al giorno per avere assicurati i rifornimenti. E non che si stesse tanto meglio a Galliate Lombardo e Viggiù (questi due paesi, insieme ad Azzate e Daverio, sono apparsi fin da subito i più colpiti dalla siccità). Ma la sete si è fatta sentire anche a Lozza per non parlare di Ispra, Taino e Brebbia, a cui si sono aggiunti anche Caidate di Sumirago, Carnago e Tradate.
Il panorama era anche quello di una precoce canicola estiva che alimentava la sete di piante, fiori, giardini: la colonnina di mercurio superava i 30 gradi centigradi, mentre la misurazione delle precipitazioni segnalavano un deficit di 550 millimetri per il 2005 a cui si aggiungevano, nei soli primi 6 mesi del nuovo anno, un ammanco di altri 250 millimetri. Le gradi nevicate dell'ultimo inverno? Poca cosa se è vero che 80 centimetri di neve sono l'equivalente di meno di 10 centimetri di poggia. Una simile siccità non si vedeva da mezzo secolo: con i grafici del Centro geofisico prealpino alla mano si nota subito come le precipitazioni si siano ridotte nel corso dell'ultimo anno e mezzo e come sia oramai lontano il picco del 2002. Se la media annua di piogge sul territorio è di un metro mezzo, ora siamo ben al di sotto del metro: l'accusato numero uno, insomma, sarebbe il clima.
Sul punto sono abbastanza chiari i tecnici di Aspem, la ex municipalizzata che gestisce la rete idrica di Varese e di una trentina di comuni del territorio: "la scarsità di precipitazioni in grado di favorire l'accumulo di acqua nelle falde è stata la prima causa di quanto successo: l'acqua presente nei pozzi si è abbassata e per le pompe è diventato difficile tirar fuori acqua". La capacità di emungere dell'acquedotto cittadino si è così drasticamente ridotta, a fronte di una richiesta sempre in aumento. Analoga la considerazione che arriva da Sogeiva, società che tra le altre cose gestisce alcuni acquedotti tra cui quelli di Tradate e Viggiù, interessati appunto dalla siccità estiva. "Anche quando è piovuto - dicono - si è trattato di precipitazioni violente che cadevano su di un terreno troppo secco e che non riuscivano a penetrane in profondità per alimentare le falde". E se su questa causa non sono possibili interventi umani, diverso è per un altro dei fattori che aumentano il rischio siccità, ossia l'escalation dei consumi nella società moderna. "Siamo abituati ad aprire il rubinetto e veder scende l'acqua - dicono in Sogeiva - senza renderci conto che si tratta di una risorsa preziosa e non infinita". A villa Augusta, sede di Aspem, si parla addirittura di "oro blu". "Di tutta l'acqua presente sulla terra - dicono - sono una bassissima percentuale è potabile". Ed è così che la provincia dei laghi è come Tantalo messo di fronte a qualcosa che desidera, ma non può avere. "Andare a toccare gli equilibri dei laghi - dicono in Aspem - sarebbe molto pericoloso, e sarebbe anche incerto il beneficio finale".
Gli interventi di sensibilizzazione per la riduzione dei consumi restano dunque una delle prime strade da battere - secondo gli esperti delle due società - per poter avere acqua più a lungo possibile. Ma il basso costo della risorsa non aiuta le persone a diventare più parsimoniose. Se infatti tutti sono consapevoli del risparmio economico che si ha non accendendo luci inutilmente, ancora troppo pochi sono coloro i quali spengono il rubinetto quando si insaponano sotto la doccia o coloro i quali raccolgono acqua piovana per bagnare poi i fiori in momenti successivi.
L'Italia con un consumo di circa 740 metri cubi di acqua all'anno per abitante si pone ai vertici della classifica Ue per il consumo idrico pro capite. Ma secondo una ricerca di Nus consulting group - che ha considerato il costo dell'acqua in 5 città di 10 paesi dell'Unione - in Italia il prezzo medio per la tariffa base è di 79 centesimi al metro cubo, vale a dire uno dei più bassi tra i paesi europei, mentre ad esempio in Danimarca si arriva a 5,12 euro. Ed è facile dimostrare che minore è il costo dell'acqua e maggiori sono i consumi. Un esempio? A Berlino, dove si pagano 4 euro e 30 centesimi al metro cubo, ogni cittadino "si fa bastare" 17 litri al giorno, mentre a Venezia ogni giorno si oltrepassano i 400 litri a persona.
Piccole e meno piccole soluzioni, insomma, per risparmiare e che possono essere messe in atto da tutti: dalla famiglia all'impresa che può dotarsi di sistemi per il riciclo dell'acqua. "In questi mesi - assicurano da Aspem - abbiamo visto che i cittadini hanno fatto la loro parte e si sono impegnati: c'è da augurarsi che si continui su questa strada". L'augurio è quello che come nel cuore dei cittadini ha trovato posto la raccolta differenziata, lo stesso possa accadere con il risparmio idrico. Al di là della riduzione dei consumi è possibile comunque migliore la situazione scavando ad esempio nuovi pozzi? "Scavare nuovi pozzi - dicono ad Aspem - non avrebbe grossi effetti se non nel breve periodo: potremmo aumentare la quantità d'acqua immessa in rete, ma visto che la risorsa idrica è sempre la stessa, ci si troverebbe ad esaurire la scorta in modo più veloce".
La soluzione appare comunque tutt'altro che facile e si inserisce in un quadro normativo ancora in divenire, quello cioè che è stato disegnato anni fa dalla Legge Galli che risale al 1994 e che fu concepita per superare le frammentazioni delle gestioni comunali, sostituendole con l'Ato (ambito territoriale ottimale), organismo che dovrebbe garantire il ciclo integrato delle acque. Mentre in Italia sono stati varati 87 dei 91 Ato individuati dalle regioni attraverso specifici atti legislativi (L.R. 21/98), l'Ato del Varesotto non ha ancora le gambe per partire. E non è cosa da poco se si considera che proprio questo organismo, attraverso l'approvazione di un piano d'ambito, dovrebbe dare il via a investimenti successivi che potrebbero portare benefici sul fronte della crisi idrica. Una situazione che crea qualche incertezza e paralizza gli attori in gioco: i tempi sembrano comunque stretti e sui 141 Comuni della provincia sono una decina, soprattutto di minori dimensioni, quelli ancora riluttanti a dire sì all'organismo che dovrà comunque e per forza nascere.
09/22/2006
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