Di fronte alle forti preoccupazioni degli industriali varesini per la tenuta sociale del territorio e del Paese, il Presidente di Univa, Roberto Grassi, auspica “una forte proposta comune Confindustria-Sindacati” e investimenti delle risorse europee in poche ma strategiche voci: “Scuola, digitalizzazione, Pubblica Amministrazione, infrastrutture, sostenibilità, formazione”

“Più che l’autunno caldo temiamo quello freddo dal lato degli ordinativi, ad oggi del tutto congelati”. È in un gioco di parole che il Presidente dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese, Roberto Grassi, riassume le preoccupazioni delle imprese per la ripresa delle attività dopo la pausa estiva: “Purtroppo l’estate non è andata come speravamo. È vero che si sono registrati dei miglioramenti sul lato dell’utilizzo degli impianti e un aumento del consumo di energia da parte delle imprese. Segnali, però, che non colmano il crollo subito dall’arresto produttivo del lockdown, con un gap che si aggiunge a livelli che, comunque, anche prima dello scoppio della pandemia, erano ancora al di sotto di quelli pre-crisi del 2008. Aggiungiamo crisi a crisi e ogni volta riusciamo a rialzare la testa giusto per respirare, perdendo comunque un pezzettino della nostra competitività. Solo che questa volta i rischi di tenuta sociale del Paese e del territorio sono altissimi”.

Quale sono le leve su cui fare forza per uscire dalla crisi? O, se preferisce, quali i gradini da risalire per tornare a crescere?

L’obiettivo deve essere quello di cambiare il Paese investendo sul futuro e rimuovendo una volta per tutte i freni strutturali al nostro sviluppo. Ci sono ingenti risorse europee a disposizione. Storiche e senza precedenti. Utilizziamole tutte. Servono per ripensarci e dare al mondo intero un’immagine diversa dell’Italia. Basta con un consenso politico di breve periodo raccolto con incentivi a pioggia, polverizzati per fare contenti un po’ tutti. Concentriamo le risorse su pochi ma precisi driver di sviluppo in grado di guardare alle prossime generazioni: scuola e formazione, digitalizzazione di imprese e città, riforma della Pubblica Amministrazione, investimenti infrastrutturali (per noi Malpensa, Malpensa e ancora Malpensa!), efficienza energetica, incentivi alla sostenibilità sociale ed ambientale”.

Più nel concreto quali sono gli interventi che Univa ritiene strategici?

Occorre prevedere un piano di riduzione del cuneo fiscale per abbattere il costo del lavoro alle imprese e aumentare il reddito dei lavoratori. Bisogna sbloccare i cantieri per realizzare quelle infrastrutture strategiche attese da anni. Serve rendere strutturale il Piano Industria 4.0 per traghettare fuori dal guado le imprese che hanno avviato il proprio percorso di piena maturazione digitale. Dobbiamo ritenere prioritario anche un piano nazionale di intervento per l’ammodernamento dell’edilizia scolastica di cui oggi, mai come prima, sentiamo la necessità, al fianco di investimenti per l’innovazione della didattica. Bisogna poi guardare all’Europa con fiducia e sapendo coglierne le opportunità, non solo sul fronte del Mes e del Recovery Fund, ma anche di quel Green Deal lanciato dalla Commissione Ue che offre importanti risorse e opportunità alle imprese e alla loro riconversione verso un’economia sostenibile. Tema dirimente, di cui si è persa ogni traccia nel dibattito politico, così come non si fa mai incredibilmente accenno alla gestione del nostro debito pubblico.

Su questo qual è la posizione degli industriali varesini e del Sistema Confindustria in generale?

Bisogna lavorare per la sostenibilità di lungo periodo del nostro debito pubblico che, anche a causa delle politiche resesi necessarie per affrontare questa emergenza, rischia di andare fuori controllo. Occorre anche in questo caso avere una visione di lungo periodo e saper guardare alle future generazioni. È ciò che fanno gli statisti d’altronde. Serve dunque una risposta forte all’esigenza atavica di un efficientamento nell’allocazione delle risorse anche a parità di spesa pubblica che deve essere concentrata su quelle voci in grado di innescare una crescita sostenuta con conseguente aumento del prodotto interno e, dunque, un miglioramento del rapporto debito/Pil. Non è vero che occorre spendere di più per essere più competitivi e per aiutare la ripresa. Molto può essere fatto a saldi invariati e lavorando a quelle riforme a costo zero che chiediamo da tempo: come per esempio sui fronti della riforma della Pubblica Amministrazione e liberando risorse con semplificazioni e una seria sburocratizzazione del contesto in cui si muovono le imprese.

“L’obiettivo deve essere quello di cambiare il Paese investendo sul futuro e rimuovendo una volta per tutte i freni strutturali al nostro sviluppo. Ci sono ingenti risorse europee a disposizione. Storiche e senza precedenti. Utilizziamole. Servono per ripensarci e dare al mondo intero un’immagine diversa dell’Italia”

In questa visione, che ruolo possono rivestire le parti sociali come le associazioni datoriali e i sindacati?

Come parte sociale siamo chiamati a giocare il nostro ruolo: come Univa crediamo sia necessario continuare il confronto con le organizzazioni sindacali per integrare il Patto per la Fabbrica, condividendo linee di intervento su temi di interesse comune che possano essere proposte, recepite e trasformate in azioni politiche da chi ha il compito di governare il Paese, valorizzando così l’importanza dei corpi intermedi. Come in altre fasi critiche della sua storia l’Italia ha bisogno di una forte proposta comune Confindustria-Sindacati.

La situazione occupazionale è il vero nervo scoperto su cui si concentrano i maggiori timori in termini di perdita di posti di lavoro.

E rimarrà tale se non si interviene in maniera diversa sul mercato del lavoro. Non bastano gli strumenti di sostegno al reddito. Bisogna invertire il trend occupazionale e sostenerlo reintroducendo maggiore flessibilità ripristinando anche i vecchi meccanismi dei contratti a termine cancellati dal Decreto Dignità e riorientando le risorse dagli ammortizzatori sociali verso le politiche attive del lavoro su cui stiamo investendo troppo poco. Abbiamo bisogno di porre la formazione al centro della creazione di quelle competenze strategiche per la crescita delle imprese, oggi in gran parte mancanti anche tra quei tanti giovani alla ricerca di un’occupazione. È così che si difende il lavoro, dandogli valore e dignità, quella vera, non quella che passa attraverso un assistenzialismo incapace di garantire un futuro alle persone.

Come saranno i prossimi mesi per l’industria varesina?

Ci aspetta una fase difficile in cui a dettare il ritmo della ripresa produttiva sarà ancora l’andamento dei contagi. Non mi riferisco solo all’Italia e al consumo interno. La pandemia che ancora perversa nel mondo è un freno alla nostra capacità di esportazione su cui si poggia il 50% dei fatturati della nostra manifattura. Non fatturiamo perché non produciamo. Non produciamo perché non ci sono ordini. Non ci sono ordini perché il commercio internazionale, già messo a dura prova da una miope visione protezionistica, è fermo a causa di un mondo ancora letteralmente malato.

Crede veramente che il Sistema- Paese abbia in sé capacità di ripresa e di cambiare pelle?

Quando tutto sarà finito sul lato sanitario, torneremo a crescere, ma i tassi con cui lo faremo dipenderanno da quanto investiremo su quei fattori che incidono sul nostro punto debole da anni: la produttività. Tutti dobbiamo diventare più efficienti e più produttivi se vogliamo difendere e creare nuovo lavoro: questo deve essere l’obiettivo. Tutti, politica e sistema istituzionale e amministrativo compreso. Poco valgono i tentativi di predire il futuro. Più che preoccuparci di definire il prossimo autunno con previsioni economiche ad alto rischio di smentita, dovremmo lavorare perché sia una stagione di grandi e storiche riforme. È di questo che abbiamo bisogno.

Roberto Grassi, Presidente Univa



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