Prevenire-invece-di-curare

Studiare da vicino il comportamento dei globuli rossi, per evitare l’insorgere di gravi malattie cardiovascolari. Analizzare “alla moviola” il flusso nei vasi sanguigni per ricavarne preziose informazioni, in grado di impedire il decorso di una patologia. Quando si parla di medicina predittiva, il Centro Medico SME di Varese non ha eguali

Immaginate di osservare un fiume che scorre, lento e pacifico nel suo alveo. A turbare il calmo defluire delle acque sono solamente massi e alterazioni del letto stesso del fiume, che creano dei mulinelli. Ed in presenza di questi mulinelli cosa osserva lo spettatore posto sulla riva del torrente? Che proprio in quei punti in cui le acque sono più vorticose, in corrispondenza di quei mulinelli, si depositano rifiuti e scorie: ecco, nelle arterie accade la stessa cosa. “I globuli rossi esercitano una specie di massaggio sulla parete interna delle arterie. Questo massaggio, definito stress parietale, è particolarmente favorevole per le cellule endoteliali perché permette di mantenerle ossigenate nel modo corretto. Questo avviene quando il flusso sanguigno ha un comportamento normale. Quando, invece, il flusso diventa turbolento, come nel caso del fiume e dei mulinelli, nelle pareti arteriose viene a depositarsi del materiale di scarto, come ad esempio il colesterolo e col tempo possono insorgere episodi cardiovascolari, anche molto importanti, come l’ictus”. 

A parlare è Alfredo Goddi, Medico specializzato in radiodiagnostica, a capo del Centro Medico SME Diagnostica per Immagini di Varese, in prima linea in quella che viene definita medicina predittiva. Ovvero quella branca della medicina in grado di prevedere il manifestarsi di alcune specifiche patologie, in soggetti potenzialmente a rischio, che tuttavia non ne sono ancora affetti. “L’applicazione più recente che ci sta facendo lavorare parecchio in quest’ambito è quella relativa ad una nuova tecnologia chiamata Vector Flow Imaging, un sistema che analizza i vettori di flusso che stanno dietro al movimento dei globuli rossi – racconta ancora Goddi –. Per dirla in un altro modo, ci stiamo interessando di fluidodinamica del sangue all’interno dei vasi, applicando questa tecnica molto sofisticata ad altissima risoluzione (200 micron, ovvero 2 decimi di millimetro) tale da vedere come si muovono nel tempo i globuli rossi all’interno dei vasi”. Si tratta di una tecnologia sviluppata da un’azienda danese e da una cinese che, al momento, viene utilizzata per lo studio delle carotidi e permette di avere delle informazioni che prima erano impossibili da conoscere. Grazie soprattutto ad una sorta di analisi “alla moviola” di quello che accade nelle arterie: “In un secondo e mezzo si arrivano a generare da 600 fino a 1.400 immagini, il che ci dà la possibilità di scattare una fotografia altamente dettagliata del flusso dei globuli rossi: un presupposto fondamentale per capire quali pazienti sono a rischio di sviluppare, ad esempio, delle placche arteriosclerotiche. Proprio a causa di uno specifico movimento dei globuli rossi, tipico di un paziente e non di un altro, perché dipende dalla geometria e dalla conformazione genetica che hanno i vasi stessi”, specifica il dottor Goddi. 

Il Centro SME, insieme al Dipartimento di Fisica Medica dell’Università dell’Insubria di Varese, al Dipartimento di Diagnostica dell’Università di Pavia e al Dipartimento di Management, Information and Production Engineering dell’Università di Bergamo, ha realizzato la parte di validazione clinica di questa tecnologia, aprendo così le porte ad una medicina di tipo predittivo: “L’obiettivo è studiare oggi un 25enne con una situazione anatomica sfavorevole, che potrebbe portarlo a sviluppare determinate patologie in futuro e non curare il paziente di 50-60 anni che quelle disfunzioni le ha già – precisa Alfredo Goddi – .Modificando lo stile di vita in età giovanile, si eviterà di ritrovarsi con tutti i problemi che oggi siamo costretti a trattare nell’adulto e nell’anziano. Si diminuirà, per esempio, il rischio di incidenti cardiovascolari, non dimenticando che sono la prima causa di morte”. 

“Lo spirito che ci ha mosso, come gruppo di lavoro, è stato sempre quello di guardare molto avanti e pensare ad una medicina che non sia solo quella della diagnostica immediata. Sulla base di questo ragionamento, stiamo per fare un altro salto: applicare l’intelligenza artificiale alla diagnostica per immagini. L’intelligenza artificiale affiancherà il medico, senza sostituirlo, fornendogli delle informazioni che l’occhio umano non riesce ad ottenere, ad esempio di tipo numerico. Si passerà, perciò, da un’abilità del singolo operatore di osservare le immagini per formulare delle diagnosi, prevalentemente di tipo qualitativo (sano o malato), a diagnosi di tipo quantitativo. Un esempio è il morbo di Alzheimer, un disturbo degenerativo che porta ad una atrofia delle strutture celebrali: questa diagnosi richiede delle conferme strumentali, che si basano su una valutazione soggettiva della riduzione di volume del cervello, analizzando delle singole immagini di risonanza magnetica. L’intelligenza artificiale è in grado di analizzare tutto il volume celebrale e da lì può estrarre valori numerici delle varie parti anatomiche, può correlare questi valori numerici all’età e al sesso del paziente e quindi può dare una classificazione specifica su cosa è successo in quel particolare paziente e se sta andando incontro o meno ad un processo di atrofia. E nei controlli successivi può monitorare cosa sta cambiando. I valori numerici fanno la differenza rispetto ad una valutazione soggettiva”, conclude il responsabile di Centro Medico SME. Tirando le somme… è sempre meglio prevenire che curare. 

 

Il Centro Medico SME Diagnostica per Immagini

Nato nel 1984 come centro dedicato esclusivamente alla diagnostica ecografica, diventa “SME – Diagnostica per Immagini” qualche anno più tardi, nel 1999, sulla scia della prorompente evoluzione tecnologica, implementando diverse modalità di imaging diagnostico, come la Tomografia Computerizzata e la Risonanza Magnetica. È poi nel 2010 che si fanno largo tecnologie e macchinari in grado di generare immagini ottimali utilizzando una bassa dose radiante, per garantire ai pazienti il massimo livello di radioprotezione possibile. È degli ultimi anni, invece, la creazione di un Teaching Center finalizzato a diffondere la conoscenza in diagnostica con Ultrasuoni avanzata attraverso pubblicazioni, convegni, corsi e collaborazioni con Centri di Ricerca di Sviluppo nazionali ed esteri. “La nostra mission è sempre stata quella di dare vita ad un centro che fosse diverso da tutti gli altri, soprattutto come risultato finale per il paziente”, spiega il dottor Alfredo Goddi. 

         
        



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