poretti, nuova vita a più luppoli.JPG

"Posso accettare di fallire, chiunque fallisce in qualcosa. Ma io non posso accettare di non tentare". Torna il legame tra brand identity e mondo dello sport. La frase celebre, restando peraltro in campo cestistico, è quella di Michael Jordan e ad usarla è Alberto Frausin, Ceo di Carlsberg Italia, in occasione del primo TedX varesino per raccontare una storia di brand, quello della Birra Poretti, davvero esemplare. "Tornare a crederci" è il titolo dell’evento e la strategia di rinascita del marchio ne è perfetto esempio. “Dieci anni fa - racconta Frausin con grande schiettezza - mi hanno contattato i proprietari danesi e mi hanno detto: noi non ci crediamo più, vai e chiudi. Tornare a crederci era tema delicatissimo per un’azienda con oltre 1.400 lavoratori, non solo a Varese ma in tutta Italia”. A un passo dalla fine ecco valere la filosofia del fuoriclasse della Nba. “Fallire è apprendere - spiega Frausin -. Gli errori aprono la mente. La società che avevo ereditato era ormai terrorizzata dal fare e le persone erano bloccate nel loro processo di sviluppo. Eppure, quando sono arrivato mi sono reso conto che la nostra era un’azienda di 130 anni di storia (oggi 140) con un patrimonio straordinario di prodotti e soprattutto di persone. Quello che non riuscivamo a fare era aprire gli occhi. Io avevo un vantaggio rispetto agli altri, non perché più bello, intelligente o capace ma semplicemente non conoscevo la storia di Angelo Poretti né sapevo niente di birra: questo mi ha offerto un punto di vista diverso”.

Quella di Carlsberg Italia sul territorio è una storia di rinascita che insegna come la cura della brand identity non sia un percorso lineare e senza ostacoli, ma come, anzi, dagli errori si possa apprendere per ripartire con nuovo slancio, puntando sulla semplicità

Da qui il percorso di rinascita: guardando all’esistente, con occhi nuovi, senza inventare nulla. Un esempio? Uno dei motori di questa nuova vita è la scelta, unica, di promuovere l’uso dei contenitori di Pet, che l’azienda aveva già sperimentato in precedenza in maniera fallimentare e con la derisione di tutti. Oggi, a distanza di dieci anni, ne è centro di eccellenza mondiale per lo sviluppo di una tecnologia che sarà il futuro del settore per questioni sia di conservazione della qualità di prodotto che di sostenibilità ambientale. Ma a fare la differenza è la valorizzazione dello storico prodotto. Oggi Poretti è marchio noto, distribuito in locali e supermercati. Fino al 2010, però, il birrificio Angelo Poretti era conosciuto solo dai varesini. L’intuizione è sempre quella di puntare sull’esistente. “Ho chiesto al mastro birraio perché mi facessero sempre bere la Splüegen considerando tutte le birre buone che producevamo”, racconta Frausin, nell’intervento che si può rivedere sul canale YouTube di TedX Varese.

“Lui mi rispose che quella era la migliore. Allora ho chiesto perché fosse così buona e mi hanno spiegato che c’è l’acqua straordinaria che viene dalla Fonte degli Ammalati nella Valganna. Ma l’acqua è ‘solo’ acqua. Poi ci sono i malti. Ma, anche lì, i malti li hanno tutte le birre. Poi ci sono i lieviti, ma raccontare le qualità dei lieviti è un po’ difficile. Poi ci sono i luppoli. I luppoli! Per me il luppolo era uno solo mentre ho scoperto essercene 350 tipi abbondanti. Di lì la scelta. Abbiamo inventato le birre a più luppoli. All’inizio la gente rideva. Dire che nella birra ci sono i luppoli è banale, come dire che nell’auto ci sono le ruote. Eppure sono le cose più semplici, quelle che abbiamo davanti al naso, a fare la differenza”. Ed ecco da questa semplicità, la nuova vita a più luppoli del brand. “Aver paura quando facciamo i cambiamenti è giusto - ammette il Ceo di Carlsberg - ma la paura non deve essere bloccante. Anche il fallimento è fondamentale per poter cambiare la mentalità delle persone. Ma la cosa più importante resta giocare come una squadra”.

 

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