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Dal primo esempio italiano, realizzato da Ferdinando IV Re delle due Sicilie, nel 1789 a Caserta San Leucio a uno tra i più famosi, quello di Crespi d’Adda, Patrimonio Unesco dal 1995. Il welfare aziendale, nato all’epoca della prima Rivoluzione Industriale, ha trovato casa (è proprio il caso di dirlo) intorno alle imprese. Trasformate in piccoli borghi familiari e, col tempo, in veri e propri paesi cresciuti anche in provincia di Varese. Il welfare aziendale di oggi nasce da questa storia

Il welfare aziendale ha radici molto lontane. Tanto quanto l’industrializzazione. Il pensiero da cui nasce, così come le prime iniziative, infatti, prende corpo già prima dell’800 in Inghilterra quando iniziò la prima Rivoluzione Industriale. Tutto un altro mondo. Le formule di allora non sono certo applicabili ai giorni d’oggi, ma la validità di quel concetto sociale resta la stessa. Anche il motore da cui prende spinta è il medesimo: la lungimiranza di capitani d’impresa in grado di guardare oltre. Allora, come oggi, il modello di welfare si contraddistingueva, infatti, per scelte innovative di grandi imprenditori del tempo che, per merito delle nuove tecnologie e dei progressi nel campo della fisica e della chimica, entravano “a gamba tesa” nei territori a vocazione esclusivamente agricola, trasformandoli non solo da un punto di vista economico, ma anche sociale.

Fu così anche in Italia dove all’industrializzazione si accompagnò il forte movimento migratorio da Sud verso il Nord alla ricerca di quel personale necessario per far fronte alla crescente richiesta di operai. Nascevano così i primi villaggi industriali, fatti di abitazioni familiari dotate di molti comfort, per l’epoca non scontati, come ad esempio l’acqua corrente, l’elettricità e i servizi igienici in casa. Per fare questo fu necessario rivoluzionare il concetto stesso di lavoro. Le abitazioni venivano date in uso ai dipendenti della fabbrica, i quali si trasformavano da contadini in operai, con uno stipendio garantito. In questo modo il territorio iniziò a cambiare letteralmente con il sorgere, dapprima, di piccoli borghi che col tempo si trasformavano in veri e propri paesi. I villaggi erano dotati di tutto: dalla chiesa, fattore aggregativo importante, alla scuola con la sua funzione formativa, all’asilo per i figli delle lavoratrici, insieme anche a strutture e servizi ricreativi per i dipendenti. 

Tutto sotto l’occhio vigile e paternalistico del proprietario della fabbrica che, in questo modo, fidelizzava il suo personale. Le esigenze industriali, sempre crescenti, portavano alla nascita di scuole professionali che richiamavano i giovani per avere una specializzazione che gli consentisse un futuro migliore. In Italia i primi nuclei abitativi sorsero verso la fine del XIX secolo e in Lombardia molto dopo, nel 1877, anno di nascita anche delle Ferrovie Nord che, con un concetto avveniristico per l’epoca e con una rete capillare per il territorio lombardo, consentirono un eccezionale progresso industriale. La rete ferroviaria si andava sviluppando nel Nord-Ovest della Lombardia, collegando Milano con Novara, Varese, Laveno, Como ed Erba, creando nuove opportunità per le industrie del territorio che potevano così esportare con più facilità i loro prodotti oltre frontiera. Uno studio approfondito dei villaggi industriali italiani, in collaborazione con il Comune di Saronno e la Società Storica Saronnese, è stato fatto dal professor Sergio Beato, esperto in storia dell’arte e storico appassionato.

La rete ferroviaria si andava sviluppando nel Nord-Ovest della Lombardia, collegando Milano con Novara, Varese, Laveno, Como ed Erba, creando nuove opportunità per le industrie del territorio che potevano così esportare con più facilità i loro prodotti oltre frontiera

Dalle sue ricerche è emerso che il primo villaggio industriale, in Italia, fu realizzato da Ferdinando IV Re delle due Sicilie, nel 1789 a Caserta San Leucio. Ai margini, in fondo alla grande e spettacolare reggia, sorgevano le case per i lavoratori che richiamavano alla mente i villaggi inglesi o le villette a schiera. La fabbrica veniva dotata di innovativi torcitoi per la produzione di esclusiva e preziosa seta, fiore all’occhiello della produzione reale e il personale veniva adeguatamente istruito. Le case erano progettate, cosa incredibile per l’epoca, dotandole di acqua corrente e servizi igienici. Nel 1877 in Lombardia, i Crespi, ricchissima famiglia di imprenditori cotonieri originaria di Busto, costruiva un grande stabilimento sulle rive dell’Adda e intorno realizzava il Villaggio ideale. “Un piccolo feudo – racconta Sergio Beato – dove il castello del padrone era il simbolo sia dell’autorità sia della benevolenza verso gli operai e le loro famiglie. La posizione del castello era preminente e intorno sorgevano le case per i dirigenti, con uno stile e ampiezza diverse, quelle per le maestranze e per gli operai. Un microcosmo autosufficiente, dotato anche di una chiesa, copia perfetta dell’omonima Basilica di Santa Maria a Busto e il cimitero”.

Oggi il villaggio Crespi è visitabile ed è patrimonio dell’Unesco dal 1995. Sorsero, con questo stimolo dell’innovazione industriale dell’epoca, altri villaggi in Piemonte, Toscana, Veneto e in Sardegna. Il territorio varesino è ricco di questi esempi. A Busto Arsizio, un altro Crespi, Benigno, nipote del patriarca di Crespi d’Adda, seguì l’esempio del nonno paterno. A Castiglione Olona c’era e c’è tuttora la Mazzucchelli, a Cislago il cotonificio Ogna/Candiani e le ceramiche Cristina. Qui l’architettura si diversificava e cominciarono, perciò, a sorgere i condomìni aziendali. A Saronno, soprattutto per effetto della rete ferroviaria delle Ferrovie Nord, sorsero diversi villaggi operai: la Torley, poi divenuta Cemsa, i condomìni delle Ferrovie Nord e il villaggio Frua, tuttora abitato in parte dagli ex dipendenti della Cantoni e ancora contraddistinto da una scultura di bronzo, posta all’ingresso del villaggio, che rappresenta la famiglia, opera dello scultore Egidio Boninsegna. 



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