Le-imprese-alla-prova-della-ripartenza

Le aziende italiane, e quelle varesine non fanno certo eccezione, stanno tracciando, non senza fatica, traiettorie innovative alla ricerca di una nuova normalità, dopo il lockdown imposto da Covid-19. Con quali strumenti? Lo scenario tracciato da Raffaele Secchi, a capo della LIUC Business School

Immaginate un’azienda come un’automobile, tornata in pista non senza difficoltà, dopo un imprevisto pit-stop durato svariate settimane. Tutto sembra essere come prima, ma non è così: l’auto sbanda, non reagisce ai comandi e, come se avesse il limitatore di velocità, quando si schiaccia sul pedale del gas, non risponde. Parlando con imprese ed imprenditori del Varesotto questo è il quadro che è emerso circa la ripresa dell’operatività aziendale, dopo la parentesi dovuta alla pandemia da Coronavirus. Una ripartenza che ha richiesto e richiederà sempre più alle aziende di valutare alcuni aspetti di cruciale importanza. Come, ad esempio, in che modo ottimizzare i flussi produttivi in condizioni vincolate dalle prescrizioni governative oppure come creare un’unità interna a cui affidare la responsabilità di organizzare e coordinare operativamente tutte le attività legate alla fase di ripresa. Come stanno affrontando le imprese della provincia di Varese il percorso verso questa nuova normalità? E con quali strumenti? Lo abbiamo chiesto a Raffaele Secchi, Dean della LIUC Business School

Cosa significa per un’azienda tornare alla normalità dopo un’emergenza come Covid-19? 
In queste ultime settimane slogan come “nulla sarà più come prima” erano sulla bocca di tutti. Io credo che ci sarà, come in tutti i momenti di crisi, un’ulteriore polarizzazione tra chi tornerà esattamente come prima e sarà destinato a una posizione di irrilevanza nel contesto competitivo, se non a una marginalizzazione e a un’uscita dal mercato e chi, invece, saprà cavalcare la discontinuità per fare un ulteriore salto di qualità. Alcune aziende, per mancanza di una chiara visione strategica e per una debolezza congenita dal punto di vista delle risorse e delle competenze manageriali, non sono in grado di affrontare un contesto concorrenziale così dinamico, in cui le discontinuità stanno diventando la nuova normalità. Sono imprese, non necessariamente Pmi, poco abituate a confrontarsi con mercati competitivi, imprese che non hanno mai investito in modo concreto sull’innovazione. Queste realtà vorrebbero ritornare il più velocemente possibile alla normalità del passato e continuare a replicare quello che hanno imparato a fare (e magari lo fanno anche bene intendiamoci). Ci sono invece aziende, che sono continuamente esposte a pressioni competitive (clienti multinazionali, fornitori globali), che hanno nel loro Dna l’innovazione di prodotto (e qualche volta anche organizzativa e di processo, come chi implementa i principi del lean manufacturing e di industry 4.0), che trovano proprio in queste discontinuità la nuova sfida per innovare, aprirsi a nuovi mercati e magari introdurre nuovi modelli di business. Per queste aziende il new normal sarà raccogliere le sfide del mercato e provare ad essere un passo avanti rispetto ai concorrenti. 

La LIUC Business School, per ciascuna delle tematiche che imprenditori e manager saranno chiamati a valutare con attenzione per poter ripartire dopo Covid-19, ha sviluppato uno Smart reaction toolkit

In che modo un’impresa può affrontare questo delicato passaggio dal pre al post pandemia?
Credo si possa condensare tutto in una semplice formula: 3R, Responding, Rethinking e Reimagine. Responding, ovvero mettere in campo azioni concrete per affrontare il momento della ripresa, che sta assorbendo molte risorse ed energie, nel tentativo di rimettere in moto una macchina che è rimasta alcuni mesi ferma nel box. Rethinking: occorre dedicare, già oggi, del tempo a ripensare se ha davvero senso replicare i processi in essere prima di Covid-19. Quindi, rivolgendomi direttamente ad imprenditori e manager: non fatevi assorbire completamente dall’operativa quotidiana, ma cercate di dedicarvi anche alla revisione dei processi, snellendo tutto ciò che non serve più, ciò che si era abituati a fare ma che obiettivamente oggi non ha più senso fare. Reimagine, cioè cercare di proiettarsi in un futuro prossimo (1-2-anni) per capire cosa ci lascerà veramente Covid e come i modelli di business delle organizzazioni potranno cambiare. Faccio un esempio che conosco bene, quello della formazione: fra un anno, quante persone saranno ancora disposte a venire in aula e seguire i corsi in presenza? Sarà questo il modello vincente? Oppure ci si accorgerà del valore insostituibile della relazione con gli altri partecipanti, del confronto con il docente che può mettere a fattor comune la sua esperienza e l’aula continuerà ad essere il momento fondamentale della formazione manageriale? Oppure un equilibrato bilanciamento tra questi due opposti? Difficile dirlo ora, ma una cosa è certa: se non ci si prepara ora, riflettendo sui gap che si potrebbe avere in termini di competenze, non si potrà mai essere pronti a raccogliere le sfide. Noi ad esempio, abbiamo lanciato delle iniziative interne di formazione su tutta la faculty della Business School per elevare le competenze in termini di digital learning, stiamo valutando delle partnership sempre nello stesso ambito. 

Raffaele Secchi: “Credo che ci sarà, come in tutti i momenti di crisi, un’ulteriore polarizzazione tra chi tornerà esattamente come prima e chi, invece, sarà capace di cavalcare la discontinuità”

Come sarà la nuova normalità delle imprese? In cosa sarà diversa dalla “normalità” conosciuta fino a qualche mese fa?
Con alcuni colleghi abbiamo realizzato un’analisi relativa ai primi 20 anni di questo secolo e abbiamo identificato 19 episodi critici classificati tra economici, naturali, sanitari che hanno determinato impatti molto rilevanti a livello globale. E la maggior parte non sono stati cigni neri, molti erano in qualche misura prevedibili e anticipabili. Ecco che allora il new normal sarà probabilmente questo: la capacità di agire in un contesto competitivo in cui le discontinuità di vario tipo saranno sempre più ricorrenti e le aziende si dovranno attrezzare per affrontare queste situazioni. Occorre comprendere che queste condizioni sono e saranno molto ricorrenti, soprattutto in termini di impatti globali. Equipaggiarsi vuol dire investire nell’analisi degli scenari possibili che possono concretizzarsi e puntare sul capitale umano, la principale fonte di resilienza di un’azienda.

Quali sono le sfide che il tessuto imprenditoriale varesino si trova a dover fronteggiare in seguito ad una crisi socioeconomica come quella da Coronavirus?
Il tessuto imprenditoriale della provincia di Varese è composto da esempi davvero interessanti di imprese capaci di innovare realmente. Credo che la strada dell’innovazione a 360 gradi sia l’unica risposta concreta che si possa immaginare. Occorrono però alcune condizioni: passare dal paradigma dell’imprenditore “inventore” a una gestione manageriale dell’innovazione; focalizzarsi non solo sul prodotto, ma sui nuovi servizi, i cosiddetti smart service, che il prodotto può abilitare; utilizzare le tecnologie 4.0, in particolare tutto ciò che ruota intorno all’intelligenza artificiale e all’analisi dei dati per recuperare efficienza nei processi produttivi e per creare nuove opportunità di business, rispondendo ai nuovi bisogni dei clienti. 

I 6 toolkit della LIUC Business School

La LIUC Business School, all’interno del Progetto Gestire la ripartenza e avviare la transizione verso il “New Normal”, per ciascuna delle tematiche che imprenditori e manager saranno chiamati a valutare con molta attenzione per poter ripartire dopo Covid-19, ha sviluppato 6 smart reaction toolkit, che prevedono: la costituzione di un team dedicato, formato da docenti e sei professionisti senior con esperienza in progetti di advisor; l’affiancamento ai decisori aziendali per aiutarli nel complesso compito di identificare le migliori soluzioni possibili rispetto ai vincoli esterni e alle criticità interne; lo sviluppo di un approccio estremamente operativo e pragmatico; l’adozione di una metodologia di lavoro flessibile per svolgere le attività sia in remoto che in presenza. I toolkit prevedono un approccio operativo pragmatico e veloce, con un tempo limitato (4-6 settimane) con una metodologia a distanza che può essere applicata anche durante il periodo di emergenza e distanziamento sociale. Sono 5 gli step previsti: l’analisi della situazione AS-IS, attraverso la raccolta e la condivisione di dati e informazioni rilevanti; la validazione del data set, eventuale integrazione e sua elaborazione mediante metodologie e strumenti software appositamente sviluppati; l’identificazione di proposte alternative corredate da condizioni di fattibilità tecnica e sostenibilità economica; la discussione con i vertici aziendali per una corretta valutazione dei trade-off costo/tempo delle opzioni alternative; la decisione finale e sviluppo di un action plan con cui l’azienda può procedere alla implementazione della soluzione identificata. Ecco tutti i toolkit messi a disposizione dalla LIUC Business School: Scenari globali e di settore; Ottimizzazione flussi produttivi; Gestione operativa e flussi di cassa; Budget di emergenza e cost management; Come liberare energia e talento nei collaboratori; Unità di gestione della crisi. 



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