La-sostenibilità-è-competitiva

Sviluppo di prodotti eco-compatibili, politiche di integrazione degli stranieri, iniziative di cessione di ferie tra colleghi, smart-working, risparmio energetico, sostegno a organizzazioni internazionali: ecco come le imprese di Varese investono, guadagnando non solo in visibilità, nella responsabilità sociale d’impresa

‘‘Quando qualche anno fa andavamo in giro dai nostri clienti a dire che avevamo sviluppato delle nuove apparecchiature per la refrigerazione e il riscaldamento con consumi di energia inferiori del 40% rispetto alla media di mercato e che, in aggiunta, i nostri prodotti utilizzavano liquidi naturali o, comunque, meno inquinanti, le persone ci guardavano come se fossimo dei pazzi”. Come dire: chi ve lo fa fare? Invece oggi “siamo riusciti a coinvolgere anche i nostri concorrenti in un club di virtuosi disposti a far certificare la sostenibilità ambientale delle macchine da un ente terzo, creando così le condizioni per un mercato sostenibile, perché sul clima non ci si fa la competizione”. Spesso il confine tra lungimiranza e follia è fin troppo labile se si guardano le cose con gli occhi del profitto a breve termine. Ma l’impresa non è solo questo o lo è sempre di meno. La storia della Lu-Ve di Uboldo, raccontata da Fabio Liberali, è esemplare e rientra in quel 70% di aziende italiane quotate sui listini della borsa che ha deciso di inserire tra i propri obiettivi da raggiungere, non solo migliori performance economiche, ma anche traguardi socio ambientali. Un dato in rapida crescita. Tale percentuale, fino al 2013, si fermava al 40%. 

“Ma l’attenzione alla responsabilità sociale d’impresa, per la nostra azienda - racconta ancora Fabio Liberali di Lu-Ve - non si ferma solo alle politiche green, l’attenzione va anche al ruolo che un ambiente di lavoro può avere sul fronte dell’integrazione degli stranieri. A quelli che lavorano da noi, ad esempio, non vengono garantiti solo dei corsi di lingua per migliorare l’italiano, ma anche delle lezioni di storia e di diritto costituzionale, per condividere con loro e farli sentire parte della nostra cultura”. Di più: “Altro fronte su cui siamo impegnati è quello di supportare i nostri dipendenti nell’educazione e nella formazione dei figli, con delle borse di studio pensate per i ragazzi più meritevoli”. 

Fabio Liberali, Lu-Ve Spa: “Cerchiamo di essere uno strumento di integrazione degli stranieri con corsi di lingua e di diritto costituzionale”

L’impresa, dunque, come una vera e propria famiglia e, allo stesso tempo, come un attore sociale sempre più consapevole che la realtà non finisce sul cancello degli stabilimenti e degli uffici. “Per noi - racconta Marco Maroni di Elmec Informatica di Brunello - la responsabilità sociale di impresa si gioca su due livelli: il primo è quello interno, che riguarda la gestione delle risorse umane, il secondo è quello esterno e il rapporto che l’azienda ha con la comunità”. Su quest’ultimo fronte, ad esempio, “il nostro data center è stato pensato per consumare meno energia possibile. Con un risparmio effettivo, rispetto a quello di altre strutture simili, paragonabile al consumo energetico di un anno di una città come Assago”. Sul fronte interno, invece, quello delle risorse umane, in Elmec è attivo un programma di workplace per garantire un ambiente di lavoro in cui il benessere fisico e mentale di ogni dipendente sia al centro, favorendo l’equilibrio tra vita privata e professionale, la formazione continua delle persone e sempre più stimoli a proporre idee innovative. “L’azienda deve adattarsi all’ambiente che la circonda e alle persone che ne fanno parte”, spiega Maroni: “Su 700 persone che lavorano da noi, 200 sono under 23. Da qui l’idea di promuovere l’attività sportiva dei nostri dipendenti con una palestra aziendale e tornei riguardanti varie discipline”. La parola d’ordine è fidelizzare, far sentire le persone a casa propria. Venire incontro alle loro necessità.

Andrea Di Nunzio, Vodafone Automotive: “Abbiamo introdotto lo smartworking un giorno alla settimana. Un progetto pilota che al suo avvio ha riguardato il 10% dei lavoratori, oggi già salito al 15%”

Non è solo una questione di sensibilità. All’aumentare del grado di sostenibilità di un’azienda è legato anche il livello di produttività del lavoro misurato in termini di valore aggiunto per addetto. È stato per esempio calcolato dall’Istat che, in questo senso, rispetto alle imprese con attenzione nulla per la sostenibilità, quelle con una lieve attenzione alla responsabilità sociale d’impresa hanno una produttività superiore del 4,5%, quelle con un’attenzione media del 7,9% e quelle altamente responsabili del 10,2%. 
È anche per questo che aziende altamente tecnologiche come Vodafone Automotive, localizzata a Varese e a Busto Arsizio (Vodafone Automotive Italia) sono molto attente a temi come la conciliazione lavoro-famiglia. “Abbiamo introdotto - racconta il responsabile delle risorse umane Andrea Di Nunzio - lo smartworking un giorno alla settimana. Un progetto pilota che al suo avvio ha riguardato il 10% dei lavoratori, oggi già salito al 15%”. Altra iniziativa che aveva fatto andare su tutti i giornali Vodafone Automotive è quella delle “ferie solidali”, attraverso le quali i dipendenti possono cedere in forma anonima le proprie ferie, per metterle a disposizione dei colleghi che ne hanno bisogno perché in difficoltà nella gestione, ad esempio, di problematiche in famiglia. “Altra iniziativa – racconta ancora Di Nunzio – è quella del part-time concesso alle mamme fino al compimento dei 3 anni del bambino”. Tanto che oggi in Vodafone Automotive il part-time è utilizzato dal 10,8% della popolazione aziendale. 

“Wear a better world”, ossia “Indossare un mondo migliore”, è lo slogan con cui l’azienda tessile di Caronno Pertusella, Eurojersey, interpreta il proprio impegno per l’ambiente: “Con i nostri scarti di produzione - racconta Mariangela Proscia, dell’area marketing e media relations - facciamo le magliette che doniamo ai volontari di Wwf Italia”. Ma per essere partner di un’organizzazione internazionale come il Wwf non basta un gesto di bontà. I controlli sono costanti. Su più fronti. E l’impegno di Eurojersey per l’ambiente è a 360 gradi: sulla sostenibilità di processo (l’azienda recupera ogni anno 47.000 kg di scarti di tessuto che vengono trasformati in nuovo materiale e risparmia, grazie al recupero di calore, 200.000 metri cubi l’anno di gas, impedendo così a 400 tonnellate di anidride carbonica e 12.000 litri d’olio di finire nell’aria che respiriamo), sulla sostenibilità ambientale (oltre alla partnership con il Wwf Italia, Eurojersey ha ideato il programma “1 metro di tessuto per 1 metro di foresta” per la salvaguardia della foresta pluviale in Argentina che ha permesso di salvare 36.791.539 metri quadri di vegetazione con World Land Trust), sulla sostenibilità economico-sociale (con il coinvolgimento dell’intera struttura aziendale in programmi di sostegno ad associazioni come l’Aism, l’Associazione Italiana Sclerosi Multipla). Quella che si dice un’impresa coesiva, così come vengono definite da Unioncamere le aziende in grado di coniugare innovazione e responsabilità sociale. Realtà produttive che, secondo una ricerca dell’Unione delle Camere di Commercio italiane, sono risultate più competitive delle Pmi “non coesive”, queste ultime, nel periodo 2017-2018, hanno aumentato il fatturato nel 36% dei casi. Tra quelle socialmente più responsabili, invece, la percentuale di aziende in crescita è molto più consistente: 53%. Fare business, pensando all’impatto che si ha sugli altri e sul mondo, conviene. 

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