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Sono tre gli asset fondamentali su cui puntare per iniziare a costruire città che siano “intelligenti” e inclusive. Per prima cosa bisogna educare i cittadini al concetto di smart city. Poi, bisogna sfruttare le potenzialità della tecnologia, fattore abilitante per la realizzazione di un mondo green. Infine, serve un’azione di governance. La LIUC di Castellanza sta lavorando in questa direzione, anche grazie alle attività portate avanti dal Green Transition Hub

La logistica gioca un ruolo da protagonista nella realizzazione di comunità sostenibili. Cosa serve per realizzare questo progetto? Da dove bisogna partire? Il settore è pronto a questa sfida? A spiegarlo è Alessandro Creazza, Direttore del Green Transition Hub (centro di aggregazione di competenze e conoscenze sui temi di transizione ecologica che si rivolge a studenti e imprese per indirizzarli verso obiettivi sostenibili) della LIUC – Università Cattaneo di Castellanza. 

Professor Creazza, come può la logistica partecipare alla costruzione di comunità sostenibili?
La logistica può contribuire alla costruzione di comunità sostenibili attraverso la capacità di attivare delle relazioni che nel corso del tempo si sono interrotte. La logistica è sempre stata vista come un sistema capace di spostare un pacco da una parte ad un’altra. Ma in realtà dietro a queste movimentazioni c’è molto altro. C’è il lavoro di tante persone. Un lavoro difficile da controllare e coordinare. Apro una parentesi: è proprio durante il periodo della pandemia che questo settore ha dato prova di grande forza, riuscendo a connettere e gestire tra loro tutti questi elementi. Faccio un esempio pratico di comunità sostenibile grazie alla logistica: ipotizziamo di scegliere un punto di consegna per ritirare i pacchi. Un bar, un negozio, una biblioteca. Un luogo che riunisca persone e quindi diventi un punto di aggregazione. Questo è il valore sociale della logistica. Poi ci sono i corrieri. Invece di effettuare dieci consegne in una stessa zona, in questo modo, possono farne solo una. Questo, invece, è il valore ambientale. 

Quali sono, quindi, le opportunità di una città smart e sostenibile? 
Quali, allo stesso tempo, le difficoltà da superare per raggiungere questo traguardo? 
Le opportunità per le imprese e per la società ci sono. Sono ambientali, sociali ed economiche. Questo si traduce nell’ottimizzazione dei costi, nell’efficienza dei processi e quindi nella riduzione dei tempi, e infine, nel vantaggio di avere un’immagine di “azienda green” da spendere con i propri stakeholder e competitor. Ci sono però ancora dei limiti da superare in questo contesto. Il più grande è di tipo culturale. C’è poca informazione e diffusione su questo tema. Spesso, le imprese, così come i cittadini, non conoscono i reali benefici che questo sistema porta. Serve, quindi, coinvolgere più persone possibili, educare e rendere consapevoli. Bisogna convincere la comunità che fare qualche passo in più e andare a ritirare il proprio pacco invece di riceverlo direttamente a casa è un’azione sostenibile.

Per progettare città smart, sostenibili e vivibili, cosa serve? Secondo lei, da dove bisogna partire?
Sono tre i punti fondamentali per iniziare a costruire queste realtà. Come prima cosa bisogna educare, appunto, i cittadini al concetto di città smart e sostenibile. Serve, poi, la tecnologia. Fattore abilitante per la realizzazione di un mondo sostenibile. Infine, c’è bisogno di una governance. Amministrazioni pubbliche e aziende devono lavorare insieme, in un’ottica di collaborazione, per fare sistema. Ci deve essere interdipendenza. Il comparto della logistica è complesso, al suo interno ci sono tanti elementi, diversi, che vivono di vita propria. 

I presupposti per creare comunità sostenibili, quindi, sembrerebbero esserci. La logistica è pronta a questa sfida?
La logistica è parzialmente pronta a questa sfida. In linea teorica mi sento di dire che sì, è pronta ad affrontare questo nuovo stimolo. Sul lato pratico, però, c’è uno scollamento tra la visione strategica e di sistema e l’aspetto pratico. Ci deve essere un cambiamento culturale che parte dalle stesse aziende. Le multinazionali sono più avanti in questo, stilano già report di sostenibilità che li portano ad avere un approccio propositivo. Mentre tra le piccole e medie imprese c’è ancora del lavoro da fare. Bisogna solo voler cogliere le opportunità per dar vita ad un circolo virtuoso: impatto ambientale, ottimizzazione dei processi e dei costi ed effetti positivi in termini di accesso al credito.

All’interno di questo tema trova spazio il Green Transition Hub fondato proprio dalla LIUC. Quali gli obiettivi in questo contesto?
L’Hub è nato con lo scopo di sensibilizzare la comunità verso il tema della sostenibilità. Attraverso l’attività di ricerca ci impegniamo per contribuire allo sviluppo di un futuro sostenibile. I nostri progetti aiutano i cittadini e le imprese a prendere sempre maggior consapevolezza sul tema. Il team di lavoro è composto da docenti, ricercatori e dottorandi che hanno sviluppato competenze ed expertise su tematiche di logistica sostenibile ed economia circolare.  



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