Con all’attivo una ventina di pubblicazioni dedicate alla vicenda del noto transatlantico britannico affondato nel 1912 durante il suo viaggio inaugurale, il gallaratese Claudio Bossi è uno dei più importanti studiosi ed esperti al mondo in materia. Ecco come è nata quella che lui stesso definisce una vera e propria “ossessione” 

Claudio Bossi, gallaratese (“Più precisamente, abito ad Oggiona con Santo Stefano ma risiedo a Gallarate, dove sono nato” precisa) è una piccola autorità internazionale che la nostra provincia può vantare. Ma l’argomento di cui tratta non è uno di quelli che ci si aspetta da queste parti: non è un imprenditore, né un ciclista, né un inventore. Scrittore e storico, Bossi è uno dei più grandi esperti al mondo del Titanic, il transatlantico britannico naufragato il 15 aprile 1912 durante il suo viaggio inaugurale, a causa della collisione con un iceberg. Una passione che ha incominciato a colpirlo fin da piccolo e si è concretizzata con il ritrovamento del relitto. Finché, nel 2012, non è diventata la sua occupazione principale, che l’ha portato in giro per il mondo (il suo prossimo appuntamento internazionale è ad Atene a novembre, mentre ad ottobre sarà a Biella e a Siena) e gli ha fatto scrivere, ad oggi, una ventina di libri. “Dal primo marzo di quest’anno sono in pensione, così posso dedicarmi al Titanic a tempo pieno – spiega –. Perché di tempo ne ho bisogno parecchio, visto che tutto quello che scrivo arriva da documentazioni tratte da archivi: niente copia e incolla dal web. Quando ho cominciato a studiare il Titanic, Internet nemmeno esisteva”. 

Com’è nata la passione per il Titanic e quando è diventata così concreta?
Ero un bambino quando vidi un film sull’argomento. Si chiamava: “Titanic, 41° Latitudine Nord”. Già allora rimasi affascinato da quella tragica vicenda. Poi quando, nel 1985, l’oceanografo Robert Ballard, che sarebbe poi diventato mio amico, scoprì il relitto, capii che ne dovevo sapere di più di quello che ne sapevano gli altri su questa storia. E da allora il Titanic è diventata la mia “ossessione”, oltre che a essere oggi un lavoro vero e proprio che mi impegna a scrivere articoli, libri e tenere conferenze in ogni angolo del mondo.

Perché ancora oggi la storia tragica del Titanic colpisce la fantasia e il cuore di molte persone?
Se penso alle navi coeve del Titanic e non faccio l’elenco perché sarebbe lungo e noioso, tutte loro si sono ridotte a diventare piloni di ferro, ponti o quant’altro. Il Titanic nella sua massa ferruginosa e anche un po’ sinistra se vogliamo, a 3.810 metri sotto la superficie dell’oceano c’è ancora ed è ancora in assetto di navigazione. E ogni tanto la nave dalla sua profonda tomba rilascia una bolla di verità sulla sua tragica fine. In buona sostanza, il Titanic ancora respira. 

Lei ha lavorato molto per “ritrovare” i nomi italiani di quel naufragio: un lavoro ben lungi dall’essere concluso. Qual è la parte più faticosa o che la mette più alla prova?
Ha detto giusto: un lavoro ben lungi dall’essere concluso. Ogni tanto, tra i vecchi fogli d’archivio, sbucano nomi di chiara dizione italiana ma che italiani non erano, almeno secondo i documenti. Sta allo storico certificare il tutto. Il lavoro di assemblaggio delle informazioni è senz’altro il più arduo. Tutto deve combaciare: nomi, date e luoghi, altrimenti è tutto da rifare. A parte quei pochi, 9 in tutto, che erano passeggeri e che quindi erano emigranti che andavano o tornavano in America e che avevano già un ruolo ben preciso nella società, tutti gli altri italiani erano camerieri di bordo. Camerieri però di un certo livello qualitativo, se è vero, come è vero, che erano stati chiamati per servire al fastoso ristorante di prima classe, gestito da un italiano. Qui i nostri connazionali, oltre al normale servizio di cucina e di sala, dovevano versare Champagne nelle coppe delle ricche nobildonne, porgere sedie a sederi aristocratici e offrire sigari a facoltosi milionari. Era insomma un’Italia che si faceva valere nel lavoro e che viaggiava in prima classe.

Chi le è stato particolarmente di aiuto nelle ricerche in questi anni? 
Qui non ci sono dubbi: serbo un particolare ricordo delle ragazze che, con molto garbo e gentilezza, mi hanno servito e seguito nelle mie ricerche d’archivio. Penso espressamente al personale dei National Archives di Kew, dei Proni di Belfast, dei National Archives di New York e Washington. Come non dimenticare poi quella graziosa ragazza, capelli pel di carota e piena di lentiggini in tutto il viso di nome Jane, che con tanta solerzia mi ha aiutato a districarmi tra i carteggi del Coroner nei Nova Scotia Archives di Halifax? Può sembrare banale ma debbo poi sicuramente ringraziare mia moglie Cicci (sono 38 anni che siamo insieme e sono 35 anni di Titanic) per il suo sostegno e la sua infinita pazienza. Certamente non immaginava, all’inizio, che il Titanic avrebbe invaso la sua vita, abusato della sua ospitalità, occupato la sua casa e preso ostaggio suo marito.

Qual è il suo lettore tipo?
I lettori dei miei libri sono persone di tutte le età, dal ragazzino delle scuole medie ai “diversamente giovani” che, quando erano in età più verde, avevano sentito menzionare in casa dai loro genitori di questa sfortunata nave. Il tutto passando per i laureandi e le persone di mezza età. Noto però, con un certo disappunto, che mentre il sito e i miei canali social sono seguiti in larga maggioranza da giovani, questi non partecipano in egual misura alle mie conferenze, dove sono solito confrontarmi con ben altre realtà anagrafiche. Peccato, perché è una forma di relazione che è più nelle mie corde.

Quali sono le domande più usuali e più curiose rivolte al suo sito Titanic di Claudio Bossi?
Gliene cito una per tutte: “Claudio Bossi, come fa a sapere quanti capelli aveva la pulce che stava tra i peli del cane che era sul Titanic?” Naturalmente era uno scherzo: il giornalista che me l’ha fatta intendeva chiedermi perché sapessi così tante cose sull’argomento. Le più gettonate invece sono: “Si può recuperare il relitto?” oppure “Mai stato a vedere un relitto?”, “È veramente il Titanic lì sotto?”, “Il capitano Smith notoriamente è morto con la nave, ma c’è qualcuno che l’ha visto. Vero o falso?” Della risposta a tutti questi quesiti ne ho pure scritto un libro, intitolato “Gli enigmi del Titanic”.

A chi sono destinati i suoi libri?
Io scrivo per chi ama leggere, non per me stesso. E non scrivo per gli accademici, ma per il lettore comune, che si affascina alla storia come ne sono stato affascinato io.

Uno dei suoi libri parla addirittura di numerologia...
È uno dei miei ultimi libri, realizzato insieme a Ada Piccaluga, esperta numerologa, che ha concepito l’idea di abbinare le due cose. E per la numerologia il destino della nave era già segnato in partenza.

E il prossimo libro di cosa parlerà?
Del rapporto tra Germignaga e il Titanic. Ma non vi dico di più, per ora. 

fotografia di Claudio Bossi @BBruno



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